LinkedIn Procura della Repubblica di Milano, si apre il caso.
L’utente, registrato come Giovanni Carlini nelle pagine del noto sito virtuale LinkedIn, ha osato criticare una società cinese. La società della Cina comunista, Huawei ha lanciato, nel mese di marzo 2020, una poderosa campagna pubblicitaria. Poderosa vuol dire una grande (infinita) serie di messaggi martellanti sul suo prodotto.
Molto probabilmente i comunisti avranno pagato una cifra importante alla LinkedIn per martellare l’utenza in quel modo.
Considerando la Cina comunista come la responsabile, seppur incidentalmente, della diffusione del virus da polmonite nel mondo, è scattata la mia reazione.
Questa reazione ha comportato la riposta ai diversi messaggi pubblicitari nei termini qui indicati.
La Cina comunista è responsabile del virus da polmonite cinese che ha provocato in Italia oltre 32mila morti. Di fronte a un evento di questo tipo il NON acquisto del “made in China” è un evento necessario e corretto da parte del consumatore.
Questo messaggio ha provocato le reazioni di diversi cinesi nel mondo. Cinesi che hanno accusato di “razzismo” il mio pensiero.
La conclusione è stata che la società LinkedIn ha permanentemente cancellato la mia pagina dal sito.
Ormai sono passati due mesi. La richiesta di riapertura della mia pagina ha avuto esito negativo.
Di fronte a questa presa di posizione della Società LinkedIn si apre il dossier: LinkedIn Procura della Repubblica di Milano.
Alla società LinkedIn, s’imputa l’accusa di razzismo e soffocamento del libero pensiero. Considerato che nessuna delle mie osservazioni ha contenuto alcun pensiero offensivo o irriguardoso, non si capisce la sospensione permanente.
LinkedIn Procura della Repubblica approfondisce anche il profilo di danno arrecato al privato. Mentre non c’è danno di critica (se espressa in forma civile) dal privato alla società cinese, esiste il contrario. Ingenuamente LinkedIn non ha intimato al privato la sospensione della legittima critica esponendosi all’accusa di pregiudizio – danno e soffocamento del libero pensiero.
LinkedIn: ci vediamo al processo.
2 comments
Mi spiace che l’abbiano censurata prof! Si può essere o non essere d’accordo con le idee degli altri, ma lei non si è espresso in modo razzista con quella frase e quindi la censura non trovo abbia alcun senso legale.
Un saluto.
Ps
Sto continuando a lavorare sul primo capitolo della tesi: ci sentiamo presto. 🙂
Andrea
Grazie per la solidarietà carissimo, la censura sulle idee è sempre un brutto segnale specie se arriva da un motore di ricerca come LinkedIn, immischiato con le dittature scambiando diritti con pubblicità.
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