La globalizzazione errata: le culture non convergono
Prof. Giovanni Carlini
La globalizzazione, nel modello pensato nell’anno 2000 si trova oggi in aperta crisi, dopo appena 20 anni. L’idea di fondo del modello era ed è ancora sostanzialmente molto semplice: portare il mondo a consumare come gli occidentali. Si credeva che bere tutti la Coca Cola, come portare le stesse scarpe da ginnastica o l’accesso al web avrebbe cambiato il mondo.
Il bisogno d’ampliare la base di consumo per abbattere i costi di produzione
Sulla globalizzazione sono state scritte tante cose tranne quelle “nude e crude”: un bisogno estremo per le imprese occidentali d’allargare la base di consumo al fine di ridurre i costi del ciclo produttivo. Non si tratta d’essere cinici ma oggettivi, nel cercare di capire come e perché la globalizzazione sia stata un’occasione mancata per fare del mondo un posto migliore. I diversi sistemi industriali occidentali negli anni a cavallo del 2000, si sono trovati di fronte a 2 scelte possibili: delocalizzare per ridurre i costi di produzione, oppure restare nel paese di origine cercando nuovi mercati di sbocco ampliando la base di consumo con l’intento di ridurre il costo per produrre. Questo è per quanto riguarda, nella globalizzazione l’aspetto puramente economico (il più importante). Sul piano culturale e politico, si pensò che portare milioni di persone al consumo e soprattutto all’accesso in internet, avrebbe modificato gli stili di vita nelle rispettive culture, per avvicinarli e farli convergere verso quelli occidentali. Qui è stato commesso l’errore fondamentale.
Le 9 culture del mondo
Tra il 1830 e il 1950 le 9 culture del mondo furono indicate in forma verticale, seguendo una logica d’importanza con al primo posto quella occidentale. Dal 1950 l’ONU ha traslato da verticale a orizzontale le stesse 9 culture, evitando in questo modo, che una potesse affermare d’essere migliore delle altre. Inoltre, nel mondo occidentale (e solo in Occidente) si è considerata “obsoleta” la parola razza, facendola evolvere in civiltà. Mi spiego. Il termine razza si limita alla forma fisica: altezza, colore dei capelli, degli occhi e così via. In Occidente invece, contano le idee e i concetti, ovvero la capacità di saper esprimere un punto di vista, indipendentemente dalla statura o famiglia d’origine. Seguendo tale impostazione, la parola razza, non è che sia stata abolita, ma non è più necessaria perché si riferisce a troppi pochi aspetti della persona per cui è necessario evolvere in cultura o civiltà. Attenzione, quest’evoluzione concettuale dal livello di razza a civiltà è un passaggio solo Occidentale. Le 9 culture sono:
- Occidentale
- Latino Americana
- Africana
- Islamica
- Ortodossa
- Indù
- Buddista
- Sinica
- Giapponese
- Esistono culture minori per numero di persone appartenenti, non per loro spessore di civiltà, quindi il riferimento corre alle seguenti realtà:
- Indiani d’America nelle diverse tribù ancora esistenti;
- Ebrei nel mondo e d’Israele;
- Maori (Nuova Zelanda);
- Eschimesi;
- Altre ancora più piccole come numero di appartenenti.
Le 9 culture non convergono verso un unico assetto di civiltà
Nel team che ha pensato alla globalizzazione, evidentemente non c’erano politologi, sociologi e filosofi ma solo uomini d’affari perché è stato dimenticato un aspetto fondamentale. Per poter analizzare trasversalmente le 9 culture si deve cercare un aspetto comune che è solitamente rintracciato nella sociologia delle religioni. Come s’interfacciano le 9 culture verso “il divino” seppur chiamato in forme diverse? Ebbene c’è una sola civiltà che alla parola DIO ha tolto la “D” per concentrarsi sull’IO. Non che questo esprima una totale assenza di religiosità in Occidente, ma certamente l’IO che richiama il concetto di personalità è molto (troppo) sentito in Occidente. Addirittura il bisogno e culto della personalità individuale in Occidente, ha prodotto una società conflittuale e infelice affetta da nichilismo (bisogno d’affermare senza ascoltare nella cultura del nulla). Un meccanismo comportamentale di questo tipo, vige in una sola cultura: quella occidentale.
Non solo, ma studiando il comportamento e il ruolo delle donne nella società occidentale, che sono passate dalle sole 2 funzioni ai tempi di Tucidide (quella affettiva e riproduttiva di 5mila anni fa) a scoprire nel 1916 quella produttiva, estetica e intellettiva a cui si aggiunse nel 1960 la funzione consumistica (da cui la società dei consumi) si scopre come questi passaggi siano solo occidentali, nel bene come nel male.
Ebbene, le altre civiltà non hanno seguito il modello occidentale per conservare le loro radici culturali e il riferimento non è solo per il modello delle caste in India o per la mentalità tribale (al posto dello Stato) in quella Africana, ma per un altro aspetto molto importante. Laddove in Occidente il punto di riferimento è IO nella sua estrema individualità, nelle altre civiltà il riferimento è a qualcosa che è stato già scritto e cui uniformarsi.
In Occidente il mio modello comportamentale è concentrato su di me (individualismo)
Nel resto del mondo il modello comportamentale è concentrato sulla comunità (collettività) utilizzando quanto sta scritto in libri (Corano, Talmud, Bibbia, manifesto del partito comunista, etc..) o in comportamenti consolidati (la tribù, la casta). Non che il modello collettivista sia migliore o peggiore di quello individualista estremo, ma certamente è diverso.
Ecco il motivo per cui le culture non vogliono convergere verso un unico modello comportamentale e il disconoscere queste dinamiche sociali porta al fallimento di ogni iniziativa in ambito di globalizzazione.
Un altro aspetto di grande divisione tra civiltà
Oltre al rapporto verso il divino, c’è un altro aspetto che divide inesorabilmente l’Occidente dal resto delle altre 8 civiltà: il concetto di Stato.
Con le paci di Vestfalia (1643) nasce in Europa il concetto di Stato che verrà confermato dal successivo illuminismo grazie a Voltaire, Rousseau e Montesquieu. Infatti da Rousseau abbiamo quella sintesi che definisce l’essere umano una bestia capace di evolvere in Uomo se appartenente alla società, quindi la tripartizione dei poteri studiata da Montesquieu per consentire allo Stato di funzionare.
Dall’Illuminismo segue la Rivoluzione industriale (1750), quella Americana, la Rivoluzione Francese, quella borghese, quindi ancora industriale e il nazionalismo con il socialismo e la democrazia. Tutti questi passaggi sono Occidentali nel bene come nel male, certamente però non si può occidentalizzare il resto del mondo senza aver vissuto questi 5 secoli di esperienze, lotte, sofferenze e successi. Ecco cosa la globalizzazione ha voluto appositamente dimenticare fallendo nel suo senso culturale. E ora?
Ora siamo in crisi senza un modello culturale e sociale per gestire il problema dell’immigrazione. L’immigrato è un ospite o una persona da assimilare nella nostra cultura? A questa domanda non è stata ancora offerta una risposta. Ecco il limite di una cultura, quella della globalizzazione che ha terminato il suo ciclo.