Le prospettive di fiscalità nei distretti. Il cosiddetto lodo Azzorre.
Le prospettive di fiscalità nei distretti italiani aprono a novità importanti posizionandosi oltre i soli confini nazionali.
La Provincia di Cremona emette bond distrettuali per aiutare le PMI
In seguito all’emergenza nella meccanica del distretto di Castellone, la Provincia di Cremona ha reagito. Significa che ha emesso un prestito obbligazionario per aiutare le imprese. Non è un caso isolato, ma una linea di tendenza con la quale l’Ente pubblico raccoglie fondi privati.
L’obiettivo non è solo offrire liquidità ai distretti, evitando le note difficoltà del sistema bancario.
In realtà è una svolta nel campo della finanza imprenditoriale. L’obiettivo è il mantenimento dei livelli occupazionali.
Il calcolo dell’Ente Pubblico è “semplice”: costa di più un disoccupato, che sostenere le imprese. In questo ragionamento il sistema manifatturiero è considerato una ricchezza per la Nazione. Lo stesso di quanto già avviene in Germania.
Il bond emesso a favore di una quarantina d’imprese della componentistica auto ha ricapitalizzato le società. Imprese che impiegano una forza lavoro di un migliaio d’addetti. Su questa iniziativa sono stati chiamati altri enti, oltre alla stessa Provincia nel ruolo di promotore. Quindi hanno partecipato anche la Banca Popolare di Cremona e la Banca cremonese.
In genere un sostegno di questo tipo si completa con altri strumenti. Gli ammortizzatori sociali in deroga, dote formazione lavoro e dote lavoro.
Il punto critico
La finanza pubblica a favore delle PMI nei distretti non nasce casualmente. Punta a salvare una miriade di piccole e medie aziende.
La statistica indica tra un terzo e un quarto della popolazione quella che lavora nei distretti industriali. Resta però il carattere terribilmente padronale di queste PMI. In pratica basse visuali imprenditoriali. Nonostante la povertà d’impresa delle PMI restano un bene nazionale.
Questo mare di società da 2 dipendenti l’una a testa, se non è già scomparso è veramente un caso.
Restano però un patrimonio nazionale strategico. Per una lettura e studio sull’argomento si rinvia al testo “L’impresa padronale” di John Carlins.
Il rapporto ISTAT sul tasso di sopravvivenza delle nuove imprese. Quasi la metà delle nuove imprese in 5 anni chiude. Meglio reggono le imprese industriali e delle costruzioni localizzate nel Nord Est, all’interno del sistema dei distretti.
Un giro vorticoso fra nate e defunte che ogni anno coinvolge, secondo i dati ISTAT, circa 600mila imprese.
Il tasso di turnover occupazionale è pari al 5,8% del totale dell’occupazione e movimenta 900mila posti lavoro.
Il tasso di mortalità nazionale rimane elevato, intorno al 7,5% annuo, poco sotto quello di natalità.
Nel commercio solo il 51,9% delle imprese riesce a superare i primi 5 anni. Ecco perché sono importanti le prospettive di fiscalità nei distretti.
Nonostante tutto, il distretto resta ancora un modello
Volendo considerare la redditività le PMI nel distretto sono al 33% in più rispetto la media nazionale.
I dati si riferisco alle 1769 imprese meccaniche che fanno parte dei distretti d’Italia.
I dati emergono da una ricerca svolta per la Fondazione dei distretti italiani e UniCredit. Nel dettaglio il vantaggio è massimo per le imprese che fatturano fino a 15 milioni di euro. Si riduce per le medie dimensioni con un giro d’affari fino a 100 milioni (+ 8%). Torna invece a crescere per quelle di maggiori dimensioni (200/500 milioni)
Il miraggio dell’aliquota al 25%. Le prospettive di fiscalità nei distretti.
Le isole Azzorre, territorio portoghese, hanno chiesto di poter avviare politiche di fiscalità competitiva per attirare investimenti. La Corte di Giustizia europea ha bocciato la richiesta. La motivazione è che la regione è priva d’autonomia finanziaria. La giurisprudenza ha ribaltato le sentenza. Vuol dire che se una regione possedesse la leva fiscale, può stabilire il livello di fiscalità locale.
Una logica recepita anche dal DDl sul federalismo fiscale, approvato dal Parlamento che attende i decreti attuativi. Nel dispositivo potenzialmente, è riconosciuta l’autonomia impositiva alle regioni italiane.
Si conferma il concetto di potestà fiscale regionale. Tutto ciò sulla carta. Ancor oggi l’80% del bilancio di una Regione italiana è frutto di trasferimenti statali vincolati. In particolare per la sanità che conta per il 70% del budget).
Grazie alla novità nota come “lodo Azzorre” c’è un grande fermento ai confini sulla fiscalità. La posta in gioco è quella d’accaparrarsi interi comprensori industriali a colpi d’agevolazioni. Ecco cosa vuol dire quando si dice: le prospettive di fiscalità nei distretti industriali.
Va osservato comunque che il 25% di cui qui si parla come fisco d’impresa sia ormai obsoleto. L’amministrazione Trump punta a un fisco per le aziende al 15%. In Gran Bretagna con la Brexit si parla del 17%. Credo che in Irlanda sia ancor meno.
La fuga delle imprese in Austria e Slovenia
Il motore di tutto è la crisi. Per fronteggiare il drammatico calo di produzione la concorrenza fiscale è ormai serrata.
Il pacchetto del fisco austriaco è interessante. Per le aziende straniere l’Austrian Business agency fissa al 25% la tassazione degli utili in Carinzia. Non solo, si offrono anche contribuiti per investimenti che possono arrivare al 60% per ricerca e sviluppo. Si aggiungano prezzi dei terreni industriali compresi tra 25 e 50 euro al mq.
Invece in Slovenia, per chi investe creando posti di lavoro, il tax rate scende al 20%. In più viene offerto un credito d’imposta sul 20% degli investimenti.
Tra le 1500 aziende italiane emigrate c’è la Danieli che ha aperto vicino Klagenfurt. La Costan di Limana (Belluno), attiva nel settore dei frigoriferi industriali. La Fbs, bagni prefabbricati, quindi la Pes, software per aziende ospedaliere.
Invece in Slovenia le imprese italiane emigrate sono di meno; quasi 700. Si registra il gruppo Bonazzi e la Carrera Optyl. Quindi la Technical (stampaggio di metalli) alla Gbr (rivestimenti per automobili).
A tutto ciò va aggiunto anche il quadro amministrativo che in Austria è migliore di quello italiano.
Grazie a questa sensibilità in 9 mesi è in genere possibile identificare l’area sulla quale edificare. Ottenere i permessi e trovare il personale, pagando il terreno il 50% in meno rispetto l’Italia. Ci sono anche i contributi austriaci a fondo perduto per l’insediamento.
Questa condizione è destinata a proseguire finchè il nostro Paese resterà strutturalmente non competitivo. Alcuni affermano che è questo il nuovo europeismo. Esaurita la fase delle grandi costruzioni istituzionali ora c’è l’aggregazione per macroregioni. Ecco il motore per l’Europa. In questo senso si parla di un’area dalla Baviera alla Ruhr. Dai Paesi Bassi alla Catalonia. Dalla Francia centrale alla regione padana italiana.
Conclusione. Le prospettive di fiscalità dei distretti.
Le nuove frontiere della fiscalità aziendale non sono più nazionali. Sicuramente il nostro Paese ha moltissimo da fare su questo piano. Si conferma ancora una volta come il fisco sia un aspetto della politica.