La sociologia del XIX° secolo è analizzata dal ricercatore Norbert Elias nel testo LA CIVILTA’ DELLE BUONE MANIERE. Questo studio dell’autore nasce subito contrapposto alla sociologia del XX° secolo.
Cosa ci propone Elias? La lamentela dell’autore riguarda il poco spazio culturale che attualmente si dedica al PROCESSO DI CIVILIZZAZIONE.
Per processo di civilizzazione s’intende quell’evoluzione delle relazioni umane che hanno progressivamente sostituito la libera espressione dei sentimenti in un ordinato e vigile comportamento disciplinato.
Parafrasando le esatte parole dell’autore ci si riferisce alla STRUTTURA E CONTROLLO DEGLI AFFETTI UMANI.
Messa in questi termini non appare come uno studio molto attuale e interessante, invece l’apparenza inganna.
Di fronte all’impiegato che oltre lo sportello ingiustramente ci maltratta (pensiamo all’Agenzia delle Entrate in Italia) la prima sensazione è di licenziarlo per non dire altro. L’EDUCAZIONE (quella che manca allo Stato italiano) comporta invece l’invio di una lettera di protesta alla direzione.
E’ sempre educazione non votare più per il partito al Governo per protesta verso una magistratura divenuta casta e un fisco predatorio.
Questa è l’educazione. La violenza spontanea della risposta mettendo a fuoco e fiamme i palazzi dell’Agenzia delle Entrate o i Tribunali, con dentro i giudici, esprime l’idea di un uomo rozzo e poco espressivo. Quando gli uomini hanno iniziato ad essere evoluti, cortesi, gentili e adeguati al contesto sociale?
Elias prima d’entrare nel dettaglio del quando, apre una lunga premessa tra la vecchia sociologia e la nuova sociologia. Ora approfondiamo la “vecchia”.
La sociologia del XIX° secolo prende piede nel contrasto di classe tra borghesia e clero-nobilità-possidenti terrieri.
La borghesia volle imporsi alle altre classi, guadagnando spazi politici e cultuali, promettendo il meglio nel futuro. Parafrasando, il concetto è semplice. I borghesi dissero al mondo: con l’industria il futuro sarà più ricco per tutti. Se questo potrebbe essere vero lasciateci governare la Nazione.
La sintesi borghese si trasformò in una nuova disciplina: la sociologia. Ovvero lo studio della partecipazione di massa alla vita della nazione (e al lavoro in fabbrica).
Si può affermare che la democrazia servì alla mobilitazione delle masse dalla condizione contadina. Quale sarebbe stata la scienza che avrebbe dovuto studiare il passaggio dalla vita agricola (sotto il controllo della curia e dei nobili) alla fabbrica e in città (nel controllo borghese e industriale) ?
La sociologia diviene la scienza nuova, quella che celebra un cittadino non più contadino. Un cittadino che sarà anche soldato consumando definitivamente la nuova era in ben due guerre mondiali.
Nel leggere queste parole si nota come un “fatto apposta” in una visione cinica. Non è così anche se appare.
Certamente la sociolgia del XIX° secolo (che in realtà resterà tale fino al 1960 negli anni della guerra del Vietnam) proietta una “gagliarda” fiducia nell’uomo, nella scienza e nel futuro. Mamma mia che bella la sociologia degli inizi.
Una sociologia positiva (e positivista, anche troppo sotto quell’aspetto) capace d’abbracciare l’intero processo di civilizzazione umana. La sociologia positiva che invita a crescere e lottare per un mondo migliore.
Quella sociologia che invita le coppie a smettere di divorziare cercando soluzioni innovative alla vita insieme. Un pensare sociologico positivo di comunità senza cercare nell’immigrazione la soluzione al calo di nascite.
La sociologia che contribuisce alla costruzione della comunità per la società. Questa era la “vecchia sociologia” del XIX° secolo che oggi ci manca.