La sessualità non rientra nei diritti civili per un motivo semplice: il suo sviluppo non è sociale ma privato. Il sesso è atto tra privati non tra cittadini. Basta quest’affermazione per togliere alla sessualità ogni rilevanza non tanto al diritto, ma a quelli civili.
Si definisce diritto civile quello che regola il comportamento collettivo introdotto in una dimensione sociale, ovvero composto da più elementi. Laddove la sessualità è atto privato, ovvero si sviluppa in una dinamica a 2 (per gioco e a volte potrebbe anche essere eccezionalmente a 3 ma comunque in un contesto così chiuso, privato e limitato) non trova alcun riscontro nei diritti civili.
Ovviamente esiste il diritto privato come quello pubblico e costituzionale, quindi commerciale, fallimentare e tributario. Non si finisce più di definire i più diritti esistenti. Non si discute qui che i fatti privati tra persone non abbiano rilevanza giuridica. Infatti l’articolo 1321 del libro IV° del Codice civile definisce il contratto come un accordo tra due o più persone. Ne consegue che gli atti o accordi tra privati hanno rilievo (si veda, ad esempio, il matrimonio come il testamento). Infatti il matrimonio non è un diritto civile tantomeno lo è il testamento.
Essendo questa la dinamica, sorge la domanda: perchè moltissime persone (che non hanno studiato ne la sociologia e neppure il diritto) strillano ai quattro venti che la sessualità rientra tra i diritti civili? Semplice, sono ignoranti; tutto qui.
In realtà l’ignorante certamente ignora la legge e il diritto, ma ha uno scopo subdolo preciso: vuole riempire un vuoto esistenziale abissale con qualcosa da dire che gli permetta di ricoprire un ruolo. In pratica si cerca dal vuoto di creare un pensiero (strillo) che sia originale e accattivante giustificando carriere e ruoli.
Questi anni sono curiosi: nel “trionfo della democrazia” in realtà, con il politicamente corretto sono stati ampiamente limitati i diritti civili, quelli veri. Su questa riflessione serve tornare.