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La rivoluzione marginalista. Dall’economia classica alla neoclassica

by Giovanni Carlini
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La rivoluzione marginalista. Dall’economia classica alla neoclassica. Commento al testo di Economia politica del prof. Stefano Zamagni. Riassunto numero 14.

La rivoluzione marginalista segna il passaggio dall’economia classica a quella neoclassica. Smith, Ricardo e Malthus furono classici, Mill, Jevons, Menger e Walras saranno neoclassici. Dove la differenza? Nella mentalità e l’impostazione filosofica, come a dire che per applicare l’economia serve un’ideologia. La precisazione è importante in un’epoca, quella globalizzata, dove l’ordine d’importanza appare capovolto.

La nuova ideologia, che permise l’evoluzione del pensiero economico da classico a neoclassico, si chiamò UTILITARISMO. Il pensatore che lanciò l’utilitarismo fu Jeremy Bentham, 1748 – 1832, morendo 9 anni dopo Ricardo. Infatti il pensiero economico riceverà un balzo in avanti di 50 anni grazie a Mill, che morirà nel 1873, appunto 50 anni dopo Ricardo (1823). Mill fu l’economista che aprì l’utilitarismo al marginalismo.

L’utilitarismo e la rivoluzione marginalista. Fu trasferito, pari pari, in economia, un nuovo concetto di uomo particolarmente attento alla sua personale soddisfazione misurata in termini d’utilità. Ecco la novità. L’utilità è ora misurabile in base a 7 diversi criteri: intensità, durata, certezza e altri.

Altro presupposto della nuova ideologia è L’INDIVIDUALISMO. L’uomo opera da solo e per se stesso, non come parte di un tutto organizzato (mentalità classica). Le grandi armonie, regolate dalla mano invisibile erano a quel punto terminate, da quel momento storico entrò in scena il conflitto tra gente con interessi contapposti.

I neoclassici furono tali perchè abbandonarono il concetto di UTILITA’ TOTALE per assumere quella MARGINALE. Significa l’incremento d’utilità che deriva da un piccolo aumento del bene in questione (parole del prof. Zamagni a pagina 52)

Adam Smith, con l’esempio e il confronto tra acqua e diamanti, affossò l’utilità come ragionamento perchè si fermò a quella totale. Ecco l’errore.

Il secondo passaggio di mentalità tra neoclassici e classici, riguardò il sistema capitalistico. Non è più analizzato il sistema capitalistico come tale MA LA SUA EFFICIENZA. Questo cambio d’orizzonti fu motivato dall’aumento della concorrenza per cui la redditività non fu più “scontata” ma ottenuta dal corretto funzionamento d’impresa. L’azienda entrò a pieno titolo nel pensiero economico.

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