La morte di Hamas emerge dalla sua ultima bravata che gli costa la totale scomparsa sia politica sia individualmente in quanto ogni barbaro che appartiene a quel movimento terroristico è orami un obiettivo d’abbattere. Ma non è questo il punto di riflessione qui in atto.
Israele VINCE se non entra a Gaza perchè la sola pressione applicata spacca Hamas.
Rompe questa cricca di balordi ponendoli in contrasto diretto con la popolazione araba. Tutti i residenti di Gaza accusano Hamas d’essere la causa delle loro sventure e spesso anche della morte dei congiunti. Non è finita! L’accusa ad Hamas è anche d’essere megalomane negli ostaggi pretendendo d’avere l’intera città come scudo per le sue azioni.
Senza entrare in quell’ambiente urbano compromesso, Israele ha già posto Hamas con le spalle a muro. Senza contare il risparmio di vite umane preziose che andrebbero perdute in scontri casa per casa.
Ovviamente deve proseguire la lotta per l’eliminazione fisica degli appartenenti ad Hamas ovunque si trovino. Una replica di quanto fu già fatto per settembre nero all’indomani degli attentati al villaggio olimpico di Monaco nel 1972. Ecco perchè la morte d’Hamas a livello individuale diviene la naturale conseguenza della “bravata” che è costata 1.400 vite agli israeliani e quasi 3.000 nella città di Gaza.
Si definisce “bravata” quella fatta senza pensarci. Hamas ha pensato a come fare, ma ha dimenticato le conseguenze che l’avrebbero direttamente investita. Ora è la fine di questo movimento. Quanto invece impressiona è il cinismo iraniano. Quest’ultimi sanno e sapevano esattamente come sarebbe andata a finire (la fine d’Hamas) e pur di riprendere un ruolo in Medio Oriente, hanno sacrificato la pedina palestinese. Forse gli stessi iraniani si sono resi conto della modestia d’Hamas da poterla sacrificare. Se questo è il gioco, allora quando sarà il turno degli Hezbollah in Libano? Da qui emerge che il vero nemico non si chiama Hamas, ma l’Iran.