La mobilità sociale o scalata secondo gli studi di Pierre Bourdieu. Spunti tratti dal testo “La distinzione” pubblicato nel 1979.
La mobilità sociale è un argomento che solitamente appassiona la sociologia e non solo. In realtà nella mobilità sociale abbiamo le chiavi della democrazia. Si tratta di un concetto che ancora non ha scritto nessuno. Il motivo è semplice. In genere il dipartimento di scienze politiche, all’università, non dialoga con quello di sociologia. Sto estremizzando ma non troppo.
Bourdieu collega la mobilità sociale allo sviluppo delle imprese individuali o di piccole dimensioni. Questo è un aspetto molto sentito in Italia dove l’80% delle imprese ha 2,8 dipendenti. Si rammenta come in Italia ci siano 4,5 milioni d’imprese rispetto la Germania che ne ha 4,3. Le imprese tedesche però hanno mediamente 32 dipendenti contro le italiane ridotte a meno di 3!
Come sempre e costante nella ricerca sociale, Pierre Bourdieu introduce il concetto di habitus. L’habitus come ambiente e tessuto in cui si vive all’interno del quale sono presenti 3 forme di capitale.
Il capitale economico e quello sociale (quali conoscenze e amicizie influenti). Il capitale culturale ottenuto solo dalla scuola. L’insieme e interazione di questi 3 capitali determina la vita socialmente considerata. Passando più specificatamente alla mobilità sociale citando Bourdieu alla pagina 138 emergono dei fatti interessanti. ….l’unica eccezione è rappresentata dalle libere professioni, le quali, fruendo in molti casi della possibilità d’abbinare la trasmissione di capitale culturale ed economico, presentano il più alto tasso di reclutamento endogeno. Analogamente, gli spostamenti molto ampi all’interno della classe, figli d’imprenditori che diventano professori, o al contrario, sono rari.
Le probabilità per un figlio di prof di diventare industriale/grosso commerciate, sono l’1,9%.
Le possibilità per un figlio di prof di diventare industriale sono lo 0,8%
Per un figlio di grosso commerciante dell’1,8% di diventare insegnante.