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La migliore persona che non ho ancora conosciuto. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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La migliore persona che non ho incontrato.

La migliore persona che non ho mai è un imprenditore.

Condividendo le ultime statistiche sull’esigibilità dei crediti, pubblicate sulla stampa economica, emerge che la scadenza a 60 giorni presenta meno eventi d’insolvibilità rispetto ai 30 e ai 90 giorni.

Un altro cavallo di battaglia su questo tema, consiste nella forte contrazione del fatturato (a volte anche del 50%) per evitare gli insoluti, ma quando si toccano strategie di questo tipo, vanno ricalcolati sia il punto di pareggio sia la forza lavoro a disposizione, sapendo che qui ci si scontra con il sovradimensionamento, che aggrava praticamente tutte le odierne realtà aziendali!

Quindi è vero che si possono selezionare i clienti, ma è anche vero che un certo numero di dipendenti dovrà lasciare l’impresa entro i successivi 3-6 mesi.

Sarà anche ovvio come aspetto, ma non lo considera mai nessun imprenditore, quando decide il taglio della produzione o delle vendite e il dilemma di “salvare i conti dell’impresa”, perdendo persone che poi dovrebbero essere richiamate nei prossimi anni (la crisi potrebbe finire se sapremo reagire) crea comunque un disagio e un calo di umore/tensione-produttività in chi resta.

Detto questo, è ora maturo il tempo per addentrarsi su altre prospettive, non ancora approfondite.

Il primo aspetto è che l’insoluto non manifesta una problematica di gestione dei clienti, in realtà il problema è già a monte, colpendo lo stile e qualità di direzione dell’azienda da parte dell’alta dirigenza o dell’imprenditore. Veniamo all’epicentro del problema, nel bene come nel male della vita dell’azienda: l’imprenditore.

La migliore persona che non ho conosciuto è un imprenditore (in realtà figlio e sintesi di tutti quelli che ho avuto l’onore di poter capire e studiare)

Questa figura mitica non sta soffrendo solo per gli insoluti, ma è internazionalizzata almeno al 50% ovvero ha utilizzato quel credito d’imposta, scaduto il 31 dicembre scorso, con il quale ha potuto allacciare contatti per lavorare oltre il mercato domestico.

Addirittura, con gli stessi fondi, ha anche brevettato quelle idee che aveva in mente da anni, e non era mai riuscito a mettere in ordine, per cui oggi non si limita a commerciare rottami e acciaio, ma anche sistemi di movimentazione e stoccaggio. Il tutto grazie a questi fondi che non gli ha consigliato il commercialista, ma è bastato leggere su SIDERWEB.

Quindi un personaggio che riflette almeno 2 ore al giorno, quindi decide.

Stiamo parlando di una donna o uomo, che dopo i fatti del 2008 ha deciso di cambiare il suo approccio all’azienda.

In questi anni, questo mito ha provveduto a sganciarsi dal sistema bancario nazionale (ma ha conosciuto quelli esteri) e ora agisce all’80% con soldi propri, per cui l’azienda non è più un’opportunità da mungere per stipendi e agi, ma una realtà con vita a sé stante, da tramandare alle generazioni future.

Stiamo pensando a un vero capitano d’impresa anziché un marinaio sballottato tra una tempesta e l’altra.

Questo personaggio, spesso si rammarica di non aver partecipato a una mitica cordata per comprare il monte Toromocho in Perù, strutturato su 2 miliardi di tonnellate di rame nel 2008 come invece hanno fatto i cinesi.

Si tratta di 4.600 metri di montagna, a 140 km est di Lima, classificato come il più grande sito produttivo del mondo, comprato per 3 miliardi di dollari dalla Chinalco, su un valore stimato di 50 miliardi di dollari per un costo d’estrazione molto basso (410 dollari la tonnellata di rame) contro un prezzo, che nel mondo, s’aggira sugli 8.000 dollari la tonnellata.

Quando si legge che al mondo la sfida è su questi argomenti, chi “annega” tra gli insoluti non ha fatto i “compiti a casa” e, per quanto brutto sia da scrivere e affermare, serve una nuova generazione di capitani d’industria che discuta in banca non di normale funzionamento bensì di cifre da investire, sulla base di un annuale piano di marketing pensato, studiato, scritto e applicato con verifiche mensili.

Quante aziende, che giustamente si lamentano del sistema bancario italiano, hanno regolarmente redatto dei piani industriali annuali con annesso piano di marketing?

Chi avrà letto questo spunto sarà probabilmente furente alla ricerca di qualcuno con cui prendersela ed è comprensibile, ma non è questo il problema. Finchè le aziende serviranno solo per dare un reddito alle famiglie dell’imprenditore, resteranno “retrobottega familiari” le cui prospettive sono ormai chiuse o comunque limitate.

AAA cercasi capitani d’industria! La migliore persona che vorrei come amico: un imprenditore.

Auguriamoci buona fortuna perché ne abbiamo tanto bisogno.

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