La globalizzazione è finita, ormai relegata al passato e ne sono molto contento. E’ finita nel momento in cui si smette di comprare al prezzo più basso. Dal febbraio 2022 non si compra più il gas dai russi perchè “costa di meno” ma perchè non ci riconosciamo in quel Paese. Nasce o meglio si riscopre un valore: per far affari non bastano “i soldi” è necessario riconoscersi e specchiarsi con valori e atteggiamento comuni. Quest’aspetto la globalizzazione non l’ha mai saputo interpretare e capire restando limitata al “prezzo più basso”. Tolto il confronto tra prezzi, non resta più nulla della globalizzazione.
Attenzione che andando in soffitta o pensione la globalizzazione, entrano in crisi anche altri aspetti connessi.
La globalizzazione ha letteralmente navigato sia nel virtuale sia nell’immigrazione. Il primo aspetto non sembra apparentemente in crisi per quanto ogni cosa virtuale, essendo immateriale, vale poco se non nulla, infatti è immateriale.
Certamente l’amore è immateriale ed è un valore, anche il rispetto è immateriale e ci viviamo nel rispetto, ma internet resta “la sintesi di un pensiero mai sviluppato” come lo definisce Zygmunt Bauman, padre della sociologia moderna.
Resta il fatto, che al momento i negozi chiudono (aspetto triste) per proseguire ad affidarsi a una macchinetta (il telefono, detto cellulare) per comprare da chi non si conosce (sperando che vada bene). Quanto tempo andrà ancora avanti questa follia? in un mondo “liquido” è difficile dirlo, si spera che venga presto ridimensionato in un ruolo del 10% residuale del commercio; oggi sfiora il 20%.
Sulla questione dell’immigrazione la globalizzazione è finita perchè è in aperta contestazione negli Stati Uniti come in Italia e altrove. Nella stessa Francia è difficile definire francesi coloro che restano immigrati per intere generazioni. Si conferma che l’immigrazione tra entità culturali e razziali diverse, non è mai un buon connubio per nessuno.