La crisi della siderurgia ha un nome e cognome: prodotto obsoleto.
Parlando con diversi imprenditori del settore siderurgico italiano, la disperazione è diffusa. E meno male che il Governo afferma che siamo fuori dalla crisi! La crisi della siderurgia italiana si conferma in queste parole raccolte da più imprenditori:
- è un grande distributore ma quando chiuderà quest’estate per ferie 2016 non riaprirà più;
- un imprenditore afferma: non più fiducia nella mia impresa e la voglio chiudere (distributore di prodotti siderurgici)
- un altro importante operatore dichiara: ….basta guardare per strada, non ci sono più camion che si muovono, è tutto fermo o almeno fortemente rallentato.
La crisi della siderurgia si concretizza in queste parole, ma io non sono in accordo.
La crisi, secondo me, non deriva dal rallentamento generalizzato del sistema economico nazionale (non riconosciuto dal governo) ma dall’insistenza a voler vendere un prodotto vecchio!
Mi spiego. Cosa farei se potessi influire su questo mondo? Semplice, mi rivolgerei alla Ricerca e Sviluppo.
Vorrei un tavolo di concertazione tra ingegneri e dirigenti di marketing. L’argomento sarebbe come far evolvere il prodotto siderurgico.
La mia idea? inserire un chip in ogni trave in grado d’inviare delle risposte sullo stato d’uso/logoramento/impiego del materiale. Tradotto meglio, vorrei giungere a uno stadio della tecnica, per cui di fronte a un pannello illuminato, sia possibile percepire lo stato d’efficienza dell’intero materiale siderurgico impiegato in una certa opera. Ovviamente è difficile! Però la crisi della siderurgia non deriva, secondo me, da un solo rallentamento della congiuntura quanto da un prodotto obsoleto. Oggi la siderurgia non ha ancora sposato l’informatica, che peccato! Ecco che l’inserimento d’ingegneri in produzione in un quadro di ricerca e sviluppo offre la risposta adeguata.
Chi sarà capace di almeno porre sul tavolo delle riflessioni un pensiero come questo dal quale partire per innovare la siderurgia?
2 comments
Buona idea.
Probabilmente qualcuno ci ha già pensato, e probabilmente se qualcuno lo realizzerà sarà in Cina o negli USA.
Il problema tecnico non è tanto l’inserimento di un chip in una trave (che comunque è un derivato del settore siderurgico, poiché, ritenendo che lei parli di “trave” in quanto cemento armato, la siderurgia interviene solo nell’armatura).
Il problema è quello dei sensori. Un chip ha bisogno di sensori, e questi debbono poter controllare tutta o la maggior parte della trave, altrimenti il chip verificherebbe lo stato della trave solo nelle proprie immediate prossimità.
Sono cmq convinto che il problema sia risolvibile. Se non oggi, presto. Studiarlo già da oggi, o in ogni modo creare un tavolo di concertazione tra ingegneri (leggi Università con vocazione tecnologica) e responsabili marketing (e aggiungo tecnici) della siderurgia, sarebbe sicuramente una buona mossa iniziale.
Senza un tavolo come quello che lei propone, anche in caso il leggendario “genio” (solitario) italico tirasse fuori una soluzione del genere, si troverebbe probabilmente a doverla vendere ad un qualche colosso siderurgico estero.
Cordialmente.
ho tanta fiducia nella ricerca e sviluppo. Purtroppo sono le aziende (anche quelle siderurgiche) a non crederci e rispedire al mittente i fondi alla Ue.
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