La scuola esprime la sintesi della società. Con una comunità in crisi, la scuola non sa esprimere un modello comportamentale condiviso.
La scuola è una bella istituzione a patto che la società stia vivendo un modello di vita condiviso. Nel caso di confusione o lotta sociale, la scuola non può che entrare in crisi. Tra la formazione in difficoltà e la comunità confusa, resta il mondo delle imprese. Credo che le aziende restino la parte più sana della Nazione. Questo anche al netto dell’obiettiva immaturità dell’attuale classe manageriale. Significa che abbiamo manager e imprenditori orfani di una formazione specifica per le imprese. Manca la laurea in imprenditoria.
La scuola cerca di reagire.Racconto una storia. A fine settembre 7 presidi di scuole superiori, mi hanno chiesto d’introdurre elementi di novità nei corsi. Ho dato l’OK a 3 scuole. L’obiettivo è quello di capire lo spessore dei professori con cui dovrò lavorare. In ogni istituto ho lasciato un messaggio scritto in sala riunioni, che avrei festeggiato l’ingresso con 30 cornetti alla marmellata. Ha prevalso lo stupore nei docenti. Portati i cornetti tutti hanno sorriso e gradito ma pochi hanno saputo gestire la novità. La massa, pur apprezzando si è chiusa nel silenzio.
L’analisi prosegue. Per contestare alcuni provvedimenti del governo, molti professori hanno sospeso le gite scolastiche. Non solo, sono anche allo studio metodi di sabotaggio al normale funzionamento scolastico.
La sospensione delle gite incide su un’utenza minorenne. Un profilo comportamentale del genere, dovrebbe esporre i professori al licenziamento avendo cessato il ruolo d’educatori. In pratica hanno perduto il senso della missione. Questo contribuisce alla crisi della scuola.
Simpatica è poi la lamentala di quella professoressa che per 20 anni ha insegnato nelle ultime 3 classi. Ora è stata “retrocessa” alle prime. Anche qui, se viene concesso il privilegio d’insegnare, questo vale per ogni tipo d’utenza. Sul piano dell’addestramento del docente, ritengo saggio che impari a modularsi su fasce d’ascolto diverse.
Discutere sulla pagliuzza nell’occhio degli altri, ci consente di ragionare sulla trave che grava dentro di noi. In 25 anni vissuti a cavallo tra molti ambienti (scuola, università, editoria, aziende, Stato) posso arrivare a una conclusione. La parte più sana e fertile, in grado di evolversi più rapidamente, in Italia, oggi, è l’impresa. Anche in assenza di un corso di laurea specifico per manager e imprenditori. Che occasione perduta per aprire una scuola sana!
Il riferimento all’azienda è per uomini e donne, dall’operaio al top manager, quindi fino all’imprenditore. Questa categoria è quella che penso sia la più sana oggi nella Nazione.
Scrivere quello che si pensa è pericoloso e anche antipatico, ma da qualche parte si deve anche partire. Abbiamo grandi sacche di malcontento nel paese, che diffondono i germi della conflittualità sociale. Gli insegnanti (al netto di 1 milione d’eccezioni) si esprimono come degli intellettuali impotenti, privati della capacità di creare pensiero e idee nuove. In pratica non sono più in grado d’ingentilire l’anima e lo spirito degli studenti. Ripeto che questa valutazione è soggetta a un’infinità d’eccezioni pur restando, in linea di massima, valida.
Dal mondo bancario abbiamo una sacca di mancati economisti e finanzieri da cui un forte malessere sociale.
Dalla magistratura si riscontra un’endemica confusione nel ruolo che annebbia la missione assegnata.
Tra queste 3 grandi isole di malessere sociale, c’è la politica. I modelli che penso risalgono a Cavour, per la lungimiranza, a De Gasperi per l’onestà e Kennedy per la capacità di svecchiamento delle culture.
Studiato il contenitore sociale in cui l’impresa italiana opera, ecco che si perviene alla conclusione: la parte più viva della società è l’azienda. Detto questo e assegnata una responsabilità non indifferente al sistema delle imprese che si fa? Qui casca l’asino!
Credo sia saggio riabilitare quello che gli altri hanno dimenticato: il senso della missione. Ogni impresa ha un ruolo, una storia, delle prospettive che vanno spiegate per essere capite. Ogni azienda deve far si che i dipendenti si riconoscano nella propria realtà permettendogli di spiegare alla società quanto dimenticato.
Quanto scritto può apparire scontato, ma in realtà lamenta la mancanza di una politica del personale nelle nostre imprese. Manca una prassi di coinvolgimento di uomini e donne che abbatta i costi e alzi la produttività. La gestione del fattore umano rappresenta il primato morale e sociale che il mondo dell’impresa può ancora oggi vantare sulla società. La scuola, imparando dall’impresa, potrà a sua volta rigenerarsi.