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La condanna per motivazioni fiscali è un reato? Le incongruenze

by Giovanni Carlini
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La condanna per motivazioni fiscali è un reato? Evitando l’ovvio e il banale permangono dubbi, molti dubbi! la sensazione è che si tratti di una condanna per motivi politici. 

La condanna per motivazioni fiscali “puzza” di reato politico. Cerchiamo di far chiarezza su un abuso dello Stato, quello stesso che chiama “furbetto” il cittadino. Partiamo da un esempio. Il sindaco di San Diego (California) rischia l’incarico per aver preteso che la sua segretaria venisse al lavoro senza l’intimo. In pratica senza gli slip. Ho cercato inutilmente di poter osservare una foto della segretaria. Non sono maschilista, vorrei cercare di capire come si fa a perdere un lavoro per una richiesta di questo tipo. Come sociologo della devianza è importante capire come s’innestano meccanismi perversi d’aggancio in azione-reazione. Una dinamica che rappresenta uno degli aspetti principali di studio nell’interazione umana.

Al di là del probabile “verdetto” di colpevolezza al Sindaco, ci sono dei sistemi d’ingaggio non dichiarati che producono reazioni. Detto in parole più semplici esiste l’istigazione. In che misura è registrabile e contestabile? Il terreno è minato!

Il secondo passo sono le condanne per evasione fiscale. La domanda è: la condanna per motivazioni fiscali è un reato. Sicuramente rientra nel comandamento: non rubare. Però rubare a chi? A uno Stato che non è stato capace di “spiegarsi”?

Qui serve fare chiarezza su cosa sia il reato. Per sicurezza, è saggio riferirsi ai 10 comandamenti. Anche se il non desiderare la donna d’altri non trova accoglimento nell’attuale sistema giudiziario. Il ragionamento si complica con uno scollamento tra legge eterna e quella pro tempore. Significa che esiste una versione della legge che vale solo per l’oggi tralasciando i grandi concetti.

Questa “occasionalità della legge porta direttamente allo Stato italiano dove emerge l’incapacità a coinvolgere la Nazione. Sicuramente è corretta l’azione di riscossione delle tasse. “Uccidere”/umiliare il contribuente, per solo delle tasse resta un crimine sociale.

Il reato è alzare un piccone per conficcarlo nel corpo del passante. Non si giustifica l’esasperazione degli emigrati. Chi li ha fatti indiscriminatamente entrare?. E’ reato è violare la purezza dell’infanzia con la pedofilia.  Si conferma reato pestare una persona per rubargli il cellulare. Onestamente è faticoso considerare altrettanto reato l’illecito amministrativo. Il controsenso appare plateale se collocato in una fase storica di rapina fiscale da parte dello Stato.

Cercando una conclusione in una jungla di ragionamenti, il reato amministrativo è da considerarsi tale?

Quando la persona e la sua inviolabilità non sono stati intaccati. Non è stato sottratto fisicamente nulla e altrettanto danneggiato. Su aspetti che la stessa parola definisce amministrativi, l’idea di reato è fuori luogo. Il volerlo applicare è una forzatura. In pratica una responsabilità politica che si paga con il voto alle elezioni.

Ricordo negli anni d’aver letto sulle prime pagine dei giornali provvedimenti del governo in tema di tasse. Allora furono definiti “manette agli evasori”. Questa evoluzione conferma come il reato fiscale sia inventato di sana pianta. Una fattispecie “criminale” che non trova radici nell’offesa alla dignità umana. Ne consegue che l’evasore non ha, nella nostra coscienza, quel rilievo di criminalizzazione che lo stesso reato vorrebbe far credere.

E’ tutta una finzione. Ci stiano prendendo in giro in una fase storica dove pur di tassare e asportare ricchezza ai cittadini, lo Stato è disposto a tutto. In questo regime fiscale, l’evasore sarebbe un criminale?

E’ difficile capire il Comune di Milano quando infierisce su un già condannato per reati fiscali e amministrativi. E’ nota la vicenda di Dolce e Gabbana e la loro condanna. Chissà come mai non hanno chiuso i loro 5 negozi a Milano.

Si ricerca la spettacolarizzazione della condanna in un accavallarsi di protagonismo. Penoso è il comportamento della Guardia di Finanza che misura la sua “redditività” in verbali emessi, indipendentemente dal contenuto.

Si dimostra ancora una volta come la società sia terribilmente vuota di contenuti. Manca una guida politica che sappia riportare “a sistema” il paese. Nel frattempo emigriamo?

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sara Di Bona 7 Luglio 2017 - 4:24

Costituisce reato un comportamento antigiuridico, libero e volontario, produttivo di un evento contrario a ciò che la norma prescrive. Per dimostrarne l’ esistenza, si sa, occorrono prove tangibili. Il discorso sull’ istigazione va affrontato, a mio parere,tenendo presenti le due unità: l’ istigatore e la persona che viene istigata a compiere un reato. Ambedue sono colpevoli e responsabili, per cui, se la legge condanna chi va contro l’ interesse protetto dalla norma penale, anche l’ istigatore deve essere sottoposto al verdetto della giustizia con condanna esemplare Il più delle volte accade invece che sia sempre il primo a farla franca. Questo, per quanto attiene i concetti di reato e istigazione al reato. Nel caso del sindaco di San Diego, a mio parere non si ravvisa alcun reato, poichè l’ invito, rivolto alla segretaria, pur se discutibile sul piano etico – comportamentale, non si configura nè in un illecito amministrativo, nè tanto meno in un reato penale. La rimozione del sindaco dal proprio incarico, se ancora non autorizzata, sarebbe pertanto un arbitrio.Tutt’ al più, tale forma di istigazione, sarebbe suscettibile di un richiamo scritto che, nel caso di recidiva, potrebbe trasformarsi in sanzione disciplinare, con le conseguenze previste dal caso.Quanto all’ evasione fiscale, questa diventa reato, quando supera una determinata soglia, oggi fra l’ altro abbassata di molto, con una legge di comodo; per gli altri casi, ( e tu lo sai molto meglio di me ) si parla di illecito tributario, punibile con sanzioni pecuniarie.Il punto è, e concordo col tuo discorso, che tutto fa capo all’ esercizio di una politica, commisurata agli interessi di chi legifera e che prescindono da quelli dei cittadini comuni, sui quali le leggi dovrebbero fondarsi.Ma loro non sono servitori dello stato, si atteggiano e si comportano da padroni di quest’ ultimo, fregandosene se una legge può anche configurarsi in un crimine sociale. Quello è il vero reato, perchè commesso con volontà e determinazione a procurare danni ingiusti a cittadini incolpevoli e indifesi. Questo succede, perchè il parlamento non è dotato, ovvero, non lo si vuole dotare di un organo di controllo ” pulito ” e indipendente. Oggi, anche la magistratura non è esente da colpe, per la tendenza di certi giudici a politicizzare perfino la giustizia.

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