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Il prigioniero da Parkinson: il bisogno di sessualità comunicativa

by Giovanni Carlini
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QUESTA VERSIONE DEL TESTO E’ STATA APPOSITAMENTE MODIFICATA PER CONSENTIRE UNA MIGLIORE LETTURA ALLA COMUNITA’ DEL PARKINSON

Il prigioniero da Parkinson ha bisogno di una sessualità che sia più comunicativa rispetto un semplice atto di consumo?

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L’argomento è difficilissimo! Nonostante ciò, sono stati spesi gli ultimi mesi in osservazioni e raccolta di testimonianze sul tema che ora possono essere considerati sufficienti per abbozzare degli appunti di studio sull’argomento che qui si presenta nell’ambito di una terapia sociologica al benessere dedicata a il prigioniero da Parkinson come normalmente viene riconosciuto in questi studi il malato, affetto dal morbo.

Ecco alcune testimonianze raccolte:

– io come moglie mi vergogno nei confronti di mio marito quando ho il tremore e sto male isolandomi in casa;

– spesso sento la compassione e la pietà su di me e questo mi fa impazzire di rabbia!

– non ho mai educato il partner alla mia condizione di malato (il prigioniero da Parkinson) perchè non ci ho mai pensato e non credevo si potesse fare;

– la maggioranza dei malati (il prigioniero da Parkinson) è collocata in una fascia d’età tra i 70 e gli 80 anni che ormai non pratica più alcuna forma di sessualità, per cui questo ragionamento non sta in piedi;

– parlare di sessualità non è morale;

– provo vergogna e fastidio a parlare del sesso;

– la sessualità presuppone un corpo sano e bello, che noi non abbiamo più, quindi perchè fare l’amore?

– se mi vergogno quando gli altri mi guardano, ho perso anche la voglia di fare l’amore;

– sotto effetto dei farmaci ho avuto 4 rapporti in 1 giorno, con 4 amici, a cui ho chiesto di prendermi e lo hanno fatto in momenti separati della giornata. Le persone che mi hanno aiutato non si conoscono;

– mi fa schifo come mi considera mia moglie;

– non facciamo più sesso da mesi, ho perso il conto;

– ho una voglia matta di resuscitare dentro di me in una sessualità sana e completa, mi esplode la voglia e il piacere, ma a mio marito non gli si alza più e questo ha comportato che mi trascura perchè non ha più interessi sessuali possibili;

– non ho mai provato una bella e sana sessualità che ora voglio scoprire, ma con chi?

L’elenco delle testimonianze potrebbe proseguire, ma questi sono i punti cardini. A questo punto la domanda critica: esiste un problema di sessualità nel Parkinson? Oggettivamente il prigioniero da Parkinson non soffre di una problematica sessuale specifica più di quanto le altre coppie, al netto delle difficoltà di repulsione che il malato stesso infligge a se stesso.

Mi spiego meglio. Il prigioniero da Parkinson si è convinto in forma caparbia d’essere un malato e vuole comportasi di conseguenza, isolandosi e provando ribrezzo per se stesso per cui interpreta il pensiero del coniuge negli stessi termini. Questa dinamica non è specifica per il Parkinson. Come non lo è quella dei mariti che hanno problemi d’erezione e mogli in piena primavera emotiva, sessuale ed erotica, per quanto in età adulta.

La fase di scoperta di una nuova sessualità è tipica della fascia d’età intorno ai Cinquanta, senza che il morbo di Parkinson possa avere una influenza o meno. Certo, quei casi di rapporti multipli sotto l’effetto dei farmaci potrebbero indicare una specificità per il prigioniero da Parkinson ma in realtà non è vero neppure questo. Onestamente non si riscontra, al momento, una specificità tale per cui si possa definire una problematica sessuale specifica per il Parkinson.

Detto questo non significa che non ci siano dei problemi ben precisi che vanno affrontati!

Questi problemi, connessi alla sessualità e in comune con tutte le altre coppie si riferiscono a:

– una terribile confusione tra una sessualità come atto di consumo (che è la peggiore e la più insignificante quanto immatura) e una sessualità DA COMUNICAZIONE ATTRAVERSO LA QUALE PER ORE E ORE SI COMUNICANO EPIDERMICAMENTE SENTIMENTI ED EMOZIONI;

– pochi hanno compreso (soprattutto le persone di genere maschile) come la sessualità sia una carezza, il braccio sulla spalla, la continuità e la presenza, l’affetto e l’attenzione, il saper guardare e apprezzare, il corteggiamento e il rammentare ogni giorno al partner quanto sia importante per vivere bene. Detto in una parola la poesia e il romanticismo dell’amore, più che l’atto sessuale in se per se che si consuma in brevissimo tempo;

– il corteggiamento è un atto sessuale poco praticato, quando è necessario che duri almeno per 50 anni! E’ palese come, in questo contesto, si scriva sessualità ma SI PRONUNCI COMUNICAZIONE INTIMA E RISERVATA e quindi decade l’età come specifica in quanto la tenerezza è una conquista e maturità relazionale senza tempo (in riferimento alla presunta età media del il prigioniero da Parkinson collocato tra i 70 e gli 80 anni);

– perchè non inviare 30 messaggi al giorno (almeno) sul cellulare del partner per ricordargli che quei colori indossati lo valorizzano o accennare a momenti speciali già vissuti stimolando la memoria? Questa è la vera sessualità! Sarà necessario fare foto tra coniugi e giocare, indossare abiti speciali e guardarsi, riscoprire un sano esibizionismo dedicato al partner valido per la sola coppia al suo interno, il naturismo come metodo e cultura di rispetto per il proprio corpo da offrire al coniuge, fare lunghissime passeggiate mano nella mano, offrirsi da bere e un bel gelato come atto di quotidiana galanteria, fori e ricordini di poco conto economico ma grande impatto emotivo, osservare come si veste il coniuge e ricordarglielo durante il giorno attraverso messaggi discutendo come perfezionare l’estetica con un nuovo paio di orecchini o gemelli da camicia, prestare attenzione alle calzature e complimentarsi per l’effetto di attenzione suscitato, leggere insieme un libro, andare al cinema, al ristorante, etc…etc…etc..

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Concludendo: allo stato odierno e per le testimonianze raccolte e studiare, salvo rettifica, il prigioniero da Parkinson non soffre di una specifica problematica sessuale, anche se alcuni vorrebbero il riconoscimento di tale specificità. Al contrario si riscontrano gli stessi problemi riconducibili a una generazione adulta che ha consumato sesso senza capirlo e viverlo, per cui oggi si trova orfana della capacità di provare emozioni profonde, pur cercandole avidamente e con angoscia. Il problema diventa quindi sociologico e sociale, richiedendo una maturazione della persona nel suo complesso e un percorso educativo le cui tracce non sono ancora chiare.

Non esiste, al momento, una scuola o corrente di pensiero che sappia suggerire una sessualità comunicativa nella società moderna. La Chiesa ha tentato di perseguire questa via senza riuscirci. Non resta altro che leggere, imparare ad essere sensibili, insieme l’uno per l’altro applicando la maturazione che ne deriva nella vita intima di coppia, uscendo dal grande equivoco che la sessualità sia solo e soltanto fisicità.

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