Quando il Parkinson diventa una malattia che rende stupidi
Il titolo è provocatorio. In realtà NON e’ vero che la malattia di lungo corso instupidisca le persone; le incastra in ruoli che non vorrebbero avere e ora subiscono. Questa è la realtà.
Nonostante ciò, di fronte alla nuova teoria sociologica “Il prigioniero da Parkinson”, le reazioni sono spesso stupide. La stupidità in questo caso deriva da una limitatezza della mente a posteriori. La malattia non c’entra nulla. Si era stupidi prima e si resta cretini.
Sgombrato il campo della connessione Parkinson e cretinità, resta però da prendere atto di questi atteggiamenti miseri.
Perchè? Il motivo è semplice.
Il malato di Parkinson è un arrabiato sociale. Significa che soffre terribilmente, più del male stesso nel constatare che il mondo prosegue senza di lui.
E’ questo sganciamento delle dinamiche personali da quelle sociali, che affligge e fa soffrire.
Tale sofferenza porta a reazioni di tutti i tipi, specificatamente di rabbia.
Stanotte uno stupido mi scrive: sei disoccupato perchè le farfalle non le compra più nessuno.
Il riferimento è alla teoria “Il priginiero da Parkinson”.
La teoria spiega per la prima volta nella storia della ricerca scientifica che il dolore va studiato.
Va studiato come atto modificativo del comportamento umano.
Solo degli stupidi possono definire “farfalle” una ricerca di questo tipo! Infatti nel Parkinson italiano abbondano persone che si difendono negando l’evidenza. Ovvero non credono che lo studio del dolore possa aiutare persone che soffrono d’isolamento dall’andamento sociale della vita.
La vera difficoltà a diffondersi della nuova teoria sociologica è tutta qui. Gli stessi malati vogliono restare malati. Appare come un controsenso eppure è la nuda verità. Nelle università americane si sta pensando d’aprire una cattedra per studiare questa dinamica.
Gentile signore, che definisce “farfalle” (con intento offensivo) lo studio modificiativo del dolore nel comportamento del malato, si iscriva ai nuovi corsi universitari, studi con umiltà e cerchi d’uscire dalla cretineria che l’attanaglia. Buona fortuna, e non cerchi un’altra malattia per giustificare la sua povertà.