Home STORIA Il fascismo rosso quello comunista come degradazione

Il fascismo rosso quello comunista come degradazione

by Giovanni Carlini
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Il fascismo rosso esiste ed è ancora attivo. Cos’è accaduto?

Dopo 50 anni che celebro il D-Day come vittoria degli alleati sui tedeschi, mi sono stancato rendendomi conto che una festa senza i vinti non vale come celebrazione.

E’ vero che gli alleati hanno vinto, ma non è più sufficiente per sentire il valore dell’evento; serve il rispetto e la partecipazione anche di coloro che hanno onestamente lottato e perduto.

Solo a questo punto l’evento storico è completo e dignitosamente ricordato come esempio nella storia.

Questo pensiero l’ho maturato recentemente e pubblicato.

Non si presenta un fascista rosso che me ne dice di tutti i colori partendo ovviamente dall’offesa cercando di balbettare qualcosa d’ostile? Il Francesco B. del caso (vorrei tanto completare la definizione del soggetto con tanto di cognome affinché resti per sempre cristallizzato come il fascista rosso e non escluso che lo faccia) non tollera un pensiero diverso dal suo.

Ecco il dramma!

La diversità di pensiero arricchisce la cultura.

Che mondo noioso sarebbe quello dove ci si appiattisce al pensiero comune così desiderato dal fascismo rosso.

Il soggetto, il fascista rosso, quel Francesco B, resta intrappolato nella dinamica noi-loro, amici-nemici, partigiani-tedeschi senza capire che sono definizioni superate. Non solo, si tratta anche di dinamiche che impediscono sia di capire il presente sia di costruire il futuro.

Caro fascista rosso, la guerra è fatta per finire; restare intrappolati in quel contesto significa perdere la ricostruzione, l’evoluzione, la capacità di crescere. Il soggetto è rimasto all’epoca dei partigiani e la loro finta santificazione. Sul movimento partigiano ho una mia lamentela. Uccidendo (è stato un semplice omicidio) l’intellettuale Giovanni Gentile, a Firenze, a fine guerra, ci si è macchiati, come movimento partigiano dell’ennesimo crimine impunito.

Non capisco e mi ritrovo in una Repubblica che santifica Giacomo Matteotti dimenticando Giovanni Gentile; le solite due misure. Finché la storia resta scritta dai vincitori non merita d’essere letta e considerata quindi va riscritta; qui le prime righe.

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