Il fallimento della globalizzazione esprime la sintesi del periodo che stiamo vivendo.
Specificatamente si parla di deflazione (il contrario dell’inflazione) in ambito di recessione.
I lettori sono più abituati a parlare e intendere la recessione, ma in realtà qui si intende DEFLAZIONE come termine tecnico più accurato da spiegare meglio.
Il fallimento della globalizzazione è un titolo per un prossimo libro che si trova in corso di scrittura, quindi da intendersi come sintesi di un grande movimento/evento macroeconomico, iniziato nel 2000, consolidato con l’ingresso della Cina nel WTO (2001) ed ora giunto alla sua conclusione (2016). Scendendo più nel dettaglio dai grandi concetti, il fallimento della globalizzazione è stato possibile per l’azione di un “killer” si chiama deflazione. Di cosa stiamo parlando?
Evitiamo di richiamare le tappe del percorso globalizzazione, delocalizzazione, disoccupazione in Occidente, azioni di reshoring, perchè ampiamente discusse nei precedenti studi già qui pubblicati, a cui si aggiungono recentemente la crisi della Cina (collasso della Cina) e del sistema bancario. Il punto specifico di questa riflessione si chiama DEFLAZIONE.
La deflazione è il contrario dell’inflazione. Quando intendiamo per inflazione un eccesso di moneta sulla quantità di beni, in deflazione ci sono troppi beni rispetto la quantità di moneta quindi i prezzi calano. Mi spiego. Sempre, e dico sempre! parlando di economia, vanno considerati 3 aspetti che possiamo porre su una bilancia il cui risultato si chiama prezzo.
Da un lato ci sono i beni/servizi prodotti in un anno, dall’altro la quantità di moneta presente sul mercato (che controlla la banca centrale). La sintesi di questo equilibrio-disequilibrio si chiama livello dei prezzi. Se i prezzi salgono, vuol dire che c’è troppa moneta rispetto ai beni, al contrario i prezzi scendono se c’è eccesso di beni.
Facciamo un altro esempio per i miei studenti: ammettiamo che il livello di beni e servizi da consumare prodotti in 1 anno (il PIL) sia pari a 100. La prima domanda da farsi è, quant’è la monetata (M) sia intesa come denaro corrente che mezzi di pagamento e assegni o cambiali, circolanti sul mercato, autorizzato dalla banca centrale? poniamo 94 in questo caso.
Se 100 sono i beni e 94 la moneta, la deflazione sarà 6.
Il caso che invece la moneta sia a quota 105 contro beni pari a 100, l’inflazione sarà 5
Chiarito questo aspetto, da considerare la base per ogni ragionamento d’economia, veniamo agli effetti pratici: con l’inflazione tutti coloro che sono sul mercato (quindi esclusi i disoccupati e in sofferenza gli stipendiati) stanno bene. Con la deflazione avviene il contrario, gli stipendiati vivono bene, ma le imprese e i negozi falliscono a catena.
Da queste considerazioni, oltre all’importante calo del prezzo del greggio (evento pilotato) e al ridimensionamento della Cina (evento non controllabile) c’è anche da considerare come in deflazione le banche centrali non possano agire con efficacia, in pratica la navigazione è a vista.
La banca centrale rappresenta il faro dell’economia classica e moderna. Questo atto di fede nelle banche centrali emerge da un doloroso passato e in particolare dalla grande crisi del 1929 dove mancò la sua azione. Ancor più drammatica fu la Grande Crisi del 1874 che lasciò un vero terremoto nella società europea di allora (causò di fatto 40 anni dopo la prima guerra mondiale). In 2 grandi ed epocali crisi, “l’economia” è riuscita a capire il bisogno di una Banca centrale che potesse essere il prestatore d’ultima istanza, ovvero chi ci mette i soldi per evitare che il mercato collassi.
Così definita la Banca Centrale ha la capacità di introdurre liquidità nel sistema. Si pensi per analogia al corpo umano e alla connessa importanza del sangue come pressione. Detto questo, le diverse Banche centrali sono ormai maestre nel pompare liquidità per rianimare l’economia. A questo punto esaminiamo i 2 ruoli di una banca centrale: togliere liquidità se fosse in eccesso, introdurre denaro fresco se ce ne fosse poco. Il concetto è semplice se non per un problema; la Banca centrale sa agire solo in un verso, non anche al contrario. La banca sa introdurre denaro, ma con grande difficoltà sa sviluppare procedure per toglierlo perchè ha bisogno della coordinazione del governo che non sempre è disponibile. In questo modo la direzione dell’economia è frazionato, il che è un bene in democrazia ma non saggio quando si è in aperta crisi.
In sintesi se “abbiamo perso” l’aiuto della banca centrale, che funziona solo in un senso, ovvero nel produrre inflazione (introducendo grandi masse di denaro tra gli operatori stampando la moneta) è incapace d’agire al contrario, ovvero in deflazione togliendo moneta dal mercato; “la frittata è fatta”. Va precisato che nei testi d’economia è precisato che in “operazioni sul mercato aperto” la Banca Centrale emette titoli drenando liquidità il che a parole sarebbe corretto. In realtà le massicce operazioni di Quantitative easing condotte dalla FED e dalla Banca centrale nella UE non hanno affatto prodotto un eccesso di liquidità (quindi inflazione) come desiderato ma portato l’economia in aperta deflazione (recessione).
Si conferma in questo modo come il fallimento della globalizzazione sia reale nella sua entità, perchè non sappiamo cosa fare. Questo dimostra ancora come l’economia sia immatura nella sua definizione e studio e lo affermo come economista e studioso. Il fallimento della globalizzazione, emerge da una serie di eventi non studiati dai grandi economisti, ma solo appena accennati, come, ad esempio, l’aver organizzato aspetti economici, tralasciando gli effetti sulle persone, quindi dimenticano la sociologia. Ecco perchè la globalizzazione è fallita. Un esempio per tutti, perchè non è stato considerato da nessuno il seguente aspetto: vivere in una condizione d’incertezza lavorativa, modifica la qualità delle relazioni umane? Vedi su questo drammatico tema i testi: La sessualità nella società globalizzata e L’impresa padronale.
Il fallimento della globalizzazione rappresenta una nuova epoca di crisi ancora tutta da scoprire.
Che fare? Questa è la domanda fondamentale!
Il pericolo maggiore lo corrono le imprese e i negozi, che senza tanti discorsi, chiudono per fallimento perchè in scarsità di denaro muoiono per emorragia (come un corpo umano). Chi ha la liquidità, ovvero le banche, hanno ampiamente dimostrato al mondo, d’essere in aperta e conclamata crisi, per cui è inutile chiedersi se siamo o no in fase defletteva. E’ già iniziata la deflazione negli ultimi mesi del 2015, senza che nessuno se ne accorgesse. Il ragionamento non si ferma alle 4 piccole banche italiane e al prossimo colpo contro il Monte dei Paschi di Siena come l’Unicredit, ma alla famosa e importante banca tedesca e all’oggettiva fragilità della moneta unica, l’euro, di cui se ne attende la fine. Si vengono così a saldare crisi regionali nel più complesso concetto noto come il fallimento della globalizzazione. Le crisi regionali sono in Asia, nel Medio Oriente e nella UE (banche e moneta). Perché nessuno riesce a vedere il crollo di un sistema e si limita a disquisire sui singoli dettagli, senza collegarli in un quadro d’insieme?
Torniamo a quello che interessa tutti: come gestire la deflazione se si ha un’impresa o un negozio?
Qui si apre la parte complicata. In termini logici se siamo in deflazione (assenza di liquidità ed eccesso di beni) sarebbe il momento d’oro della Banca Centrale introducendo denaro in grande quantità. In teoria il concetto è corretto, ma non basta più. Per agire in ambito di deflazione serve un mix inedito di soluzioni, che dimostrano insieme il vero limite della Banca Centrale nel suo funzionamento.
Come spiegarsi adeguatamente? Chi ricorda il dramma umano vissuto dalla Repubblica di Weimar (classico esempio d’inflazione dove nel 1920 una pagnotta costò 2 miliardi di marchi?) La parola chiave divenne allora il baratto. Ciò che vale sempre e in maggior misura nella deflazione è il baratto. Nel caso fossi un imprenditore, cercherei, in questo momento, di limitare al massimo il giro di contante e sopratutto, nelle forniture, vorrei organizzare una “catena del baratto”, annotando le posizioni a credito/debito con le persone di cui mi fido, attendendo quei 10 mesi in cui solitamente si sviluppa ed esaurisce una fase deflativa. L’importante è non fallire nel lasso di tempo dove ci saranno un’ondata di chiusure. 10 mesi è un periodo non certo e sicuro ma indicativo, attraversato il quale è possibile pensare a una fase più adeguata se la banca centrale avrà proceduto a drenare la liquidità con eccezionali sforzi d’acquisto di proprio debito pubblico offrendo beni. Sto dicendo che è venuto il momento che lo Stato venda senza limiti il suo importante parco immobiliare. Quasi quasi, venda anche i carri armati (non lo faccia per il rischio di guerra che potrebbe scaturire dalla fase deflativa) ma deve vendere tutto e di più drenando liquidità dal mercato. Se questo farà, potrebbe affrontare la fase deflativa e dare una risposta all’epoca ormai nota come il fallimento della globalizzazione.
Come si nota e concludendo questo studio, nella deflazione (che è il contrario dell’inflazione) è necessario utilizzare sia armi pensare per la prima possibilità, l’inflazione, che per la seconda opzione, la deflazione. Sarebbe troppo semplice e illusorio curare la deflazione solo inserendo grandi masse monetarie nel sistema come da anni si sta facendo con il quantitative easing. Il fallimento della globalizzazione emerge anche da queste azioni.