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Il Dossier India per industria del pulito. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Il Dossier India per l’industria del pulito


Dossier India dal nostro corrispondente all’estero – Giovanni Carlini

Perché interessarsi all’India? Si tratta del settimo paese per estensione geografica al mondo (3.287.590 kmq) e il secondo più popoloso con 1.147.995.904 abitanti (stima del 2008). In base ad alcune statistiche potrebbe superare, per numero di residenti, la stessa Cina nel corso del 2037. Il vero motivo per cui si scrive d’India è che rappresenta la dodicesima più grande economia del mondo in termini nominali, e la quarta per potere d’acquisto. Recenti riforme economiche hanno trasformato il paese nella seconda economia a più rapida crescita (è uno dei 4 paesi a cui ci si riferisce con l’acronimo BRIC), ma nonostante ciò, soffre ancora di alti livelli per povertà, analfabetismo, e malnutrizione Società pluralistica, multilingue e multietnica, l’India è altresì ricca sul piano naturale, con un’ampia diversità di risorse.



Una diversità strategica rispetto la Cina
La recente crisi in pieno svolgimento (confermato giorni fa da un incontro presso l’Università Bocconi a Milano dal Ministro italiano delle Finanze Tremonti) ha un responsabile: la globalizzazione. Il Ministro precisa: non è tanto la globalizzazione in se stessa la causa della crisi, quanto la sua velocità di sviluppo, che ha scardinato il sistema economico. Unitamente a un abbassamento della regolazione complessiva del sistema finanziario, oggi, dice ancora il Ministro, non sappiamo quando potremo uscire da una crisi di sistema, perché abbiamo bisogno di un nuovo assetto di valori per fare impresa. 
Questa introduzione è pertinente al Dossier India in quanto questo paese rappresenta il futuro. Lo rappresenta nella misura in cui, a differenza della Cina, l’India produce per se stessa cercando con ogni sforzo di crearsi un mercato interno. La differenza è strategica.
Laddove la Cina è un porto d’imbarco per merci confezionate con tecnologia, capitali e design Occidentali, che solo in minima parte affluiscono al suo mercato interno (da qui un severo rischio di collasso sociale prima che economico per povertà ed assenza di servizi) l’India al suo perfetto contrario lavora per il suo popolo, per il suo mercato per il suo futuro.
In pratica, in termini di anacronismi: guarda la Cina, rovesciala e potrai vedere l’India. 
Con una tale premessa e sapendo come la crisi stia fortemente ridimensionando tutti gli effetti della globalizzazione a partire dalla delocalizzazione, l’India diventa importante per l’industria del pulito internazionale, non tanto per produrre a basso costo e re-importare in Occidente i suoi prodotti (prassi alla “cinese” ormai squalificata e in piena regressione) ma per andare lì a produrre per quel mercato e quelle esigenze. A questo punto non si parla più di delocalizzazione, ma di “localizzazione”, al fine di presidiare un mercato in pieno sviluppo.
Ovviamente il tempo del colonialismo è terminato. Per potersi presentare in qualsiasi posto, compresa l’India, serve bussare all’uscio di casa, chiedere permesso, trovare una joint venture con imprenditori locali, aprire delle trattative e crescere progressivamente in quell’area, apportando quanto richiesto e trovando in esso spazi di convenienza economica.
Per questo motivo il presente dossier viene scritto.




Un avviso agli operatori italiani interessati ad operare in questo contesto
La prospettiva con cui questi dossier vengono scritti per DIMENSIONE PULITO è quella dell’impresa di pulizia che cerca d’allargare il proprio mercato, perché il non farlo significa mettere anche a rischio il futuro dell’impresa.
Questo vuol dire che il metodo di ricerca delle informazioni è quello che dovrebbe usare un imprenditore che, estraneo alle redazioni dei giornali dove basta alzare il telefono e “si trova tutto”, gli tocca cercare per capire. Partendo con la mentalità che “non si trova nulla e non si sa a che santo votarsi”, anche stavolta la redazione parte alla scoperta di un nuovo Paese. L’India.
Qui cominciano i “dolori”. L’India, come già fu per il Dossier Russia, non è l’Olanda o la Francia, quindi un paese Occidentale dove si chiede qualcosa e si ottiene la risposta. Il mondo in Oriente segue delle logiche tutte sue e questo contagio lo subiscono anche gli uffici italiani specializzati in commercio estero, che dovrebbero favorire il compito delle imprese, ma di fatto non è così.
Un concetto che molte volte verrà ribadito nel corso di questo dossier è che l’India non parla, nel senso che interrogata non sa risponde e se lo fa, i tempi sono “biblici”. Prendere o lasciare, queste sono le regole d’ingaggio. 
Chi volesse cercare affari in un paese del tipo “che non risponde” dovrebbe seguire questa scaletta:
– mettersi in contatto con l’Addetto commerciale presso il consolato o l’Ambasciata;
– mettersi in contatto con la connessa camera di commercio, in questo caso quella italo-indiana;
– mettersi in contatto con l’ICE (Istituto del commercio estero) quando questo è disponibile perché non sempre lo è;
– mettersi in contatto con l’Afidamp;
Questi contatti dovrebbero produrre degli indirizzi ai quali scrivere. A questo stadio della ricerca si scopre quanto l’Occidente sia un mondo diverso dal Terzo Mondo e dall’Asia in genere per i motivi già indicati. Nonostante ciò, però, quel vuoto di comunicazione di cui abbiamo parlato, insiste su un mercato, che per ampiezza non può essere trascurato e questo vale per l’Est Europa, la Russia e adesso per l’India.
Sulla base dell’esperienza maturata per scrivere questo dossier si rileva che:
– grande affidabilità, disponibilità e cortesia proviene dai canali diplomatici a cui conviene fare riferimento;
– quando si esce dall’Occidente non è possibile “fare un passo” senza averlo concordato o almeno sentito l’Associazione di categoria, che in questo caso è l’Afidamp. Il guaio è se questa struttura fosse sprovvista di informazioni utili, ma in genere non accade. 
Dopo aver percorso le tappe di questo processo di avvicinamento al mercato indiano, solo allora è possibile tentare “un contatto” con l’operatore locale per cercare delle sinergie.
Contatti strategici
Il Consolato Generale dell’India si è veramente dato un grande daffare per aiutare il presente dossier a favore degli imprenditori italiani del pulito.
Il Console, attraverso la Dott.ssa Mila Ghiringhelli che è responsabile dell’Ufficio commerciale del consolato segnala due professionisti particolarmente attivi nei rapporti tra l’Italia e l’India.
Si tratta dell’avvocato Jacopo Gasperi dello Studio Macchi di Cellere- Gangemi Tel: 02-763281 Tel: 334-9986473 mentre il numero dell’ufficio in India èTel: +91-9871618910. 
Gli indirizzi email sono: jagasperi@yahoo.it j.gasperi@macchi-gangemi.com L’Avv. Gasperi vive tra l’Italia e l’India, per cui ha la reale possibilità di “aprire il contatto” tanto che ha concesso un’ampia intervista a questo dossier.
Il secondo contatto riguarda il Signor Roney Simon della FICCI- Federation of Indian Chambers of Commerce and Industry, Via Michele Diverio 1 10023 Chieri (Torino) Tel: 011-942 51 55 Fax: 011-947 34 95 Questi è un imprenditore che vive da più di 20 anni in Italia, seguendo tutti rapporti commerciali tra Italia e India, ma meno disponibile verso l’utenza.
Il Consolato Generale dell’India si trova a Milano con i seguenti recapiti:
Consulate General of India Via Larga, 16 20122 Milan (Italy)
Tel. 02-8057691 / 02-865337 Fax 02-72002226 
General e-mail: cgi.milan@consolatoindia.com
Consular e-mail:servizi.consolari@consolatoindia.com
Commercial e-mail:servizi.commerciali1@consolatoindia.com servizi.commerciali2@consolatoindia.com
La geografia
Superficie: 3.287.263 kmq Popolazione: 1.027.015.247 Densità: 312 ab/kmq
Lingua: Hindi e Inglese (ufficiali), Bengali, Tamil, Urdu
Unità Monetaria: Rupia Indiana Capitale: New Delhi
Forma istituzionale: Repubblica federale di 26 Stati e 6 Territori dell’Unione
Membro di: Commonwealth e ONU
Religione: Induisti (81,3%), Musulmani Sunniti (9%), Musulmani Sciiti (3%), Cristiani (2,3%), Sikh (1,9%), Buddisti (0,8%), Giainisti (0,4%)
A differenza di contesi come gli Stati Uniti ad esempio, per visitare il paese è sconsigliato arrivare, prendere l’autovettura a noleggio e partire. Al contrario è necessario pianificare tutto dall’Italia, giungere nel paese con un appuntamento e farsi accompagnare in loco usando taxi, treno e aereo se necessari. La motivazione non risiede in una presunta pericolosità, ma nello stato delle strade e del linguaggio (non inglese) con cui sono indicate le località.
Un pizzico di poesia
Settantacinque milioni di anni fa iniziò una deriva geologica continentale in direzione nord-est durata 50 milioni di anni, attraversando tutto l’Oceano Indiano la cui collisione, con il subcontinente formò l’attuale catena montuosa detta Himalaya (che culmina limitatamente al territorio indiano nel Kanchenjonga con i suoi 8.586 metri), che rappresenta la più alta catena montuosa del pianeta, cingendo l’India a nord e a nord-est. Il paese si trova a nord dell’equatore con diversi tipi di clima. A questo proposito va rammentata l’
influenza dall’Himalaya e dal deserto di Thar, che guida i monsoni. L’Himalaya frena i venti freddi dell’Asia centrale, mantenendo la maggior parte del subcontinente ad una temperatura più alta di regioni poste a simili latitudini Il deserto di Thar svolge un ruolo fondamentale per attrarre i venti del monsone estivo, con un alto tasso di umidità, tra giugno e ottobre, che fornisce la maggior parte delle piogge nel corso dell’anno. Quattro grandi raggruppamenti climatici predominano nel paese: tropicale umido, tropicale secco, subtropicale umido, e montano.
La costa indiana si estende per 7.517 km di lunghezza; 5.423 km dei quali corrono lungo la penisola, mentre 2.094 km appartengono alle isole Andamane, Nicobare, e Laccadive. Secondo le carte idrografiche navali dell’India, la costa è costituita per il 43% da spiagge di sabbia, l’11% da costa rocciosa e scogliere, e il 46% da distese fangose o paludose.



La catena himalayana dà origine a grandi fiumi, che attraverso il nord dell’India, tra cui il Gange e il Brahmaputra, si gettano nel Golfo del Bengala. Importanti affluenti del Gange includono lo Yamuna e il Kosi, la cui bassa pendenza dei territori che attraversa, è causa di disastrose inondazioni ogni anno.
Cosa l’India sta cercando in ambito di materiale di pulizia
L’India ha bisogno di tutto. Non c’è una preferenza che favorisca qualcosa a differenza di altro. La chimica come la carta, quindi i macchinari, la plastica sono tutti elementi di base di cui il Paese ha urgente bisogno. Il problema non è concentrato sulla tipologia di prodotto, quanto sulle metodiche di relazione da aprire con i distributori locali.
Sul piano delle tensioni internazionali
Il paese prosegue nel fronteggiare diverse situazioni di crisi in particolare la guerriglia maoista attiva nelle regioni centro-orientali e il terrorismo di matrice islamica, alimentato dalle tensioni in Kashmir. Il 13 aprile 2008 una serie di esplosioni ha causato oltre 80 morti e diversi feriti a Jaipur. In precedenza altri attentati avevano colpito lo stato dell’Uttar Pradesh e Rajasthan. Su questa traccia tutti ricorderanno l’attacco subito a Mumbay (precedentemente chiamata Bombay) l’11 novembre 2008 con 125 morti.

Economia: Stralcio del rapporto India ICE
Nel corso del 2008 gli effetti della crisi globale si sono trasmessi all’economia indiana, interessando dapprima il mercato finanziario e valutario e progressivamente estendendosi all’economia reale. In una prima fase, avviatasi sin dall’inizio dell’anno, le turbolenze finanziarie hanno determinato, come negli altri paesi emergenti, forti deflussi dei capitali esteri destinati agli investimenti di portafoglio e ai prestiti, determinando un netto calo degli indici di borsa e il deprezzamento della rupia, solo parzialmente contrastato dalle autorità monetarie indiane.



Sin dal quarto trimestre la produzione industriale ha ristagnato e le esportazioni hanno registrato una netta diminuzione. L’autorità di politica monetaria ha risposto tempestivamente, fornendo liquidità al sistema, abbassando a più riprese i tassi di riferimento, riducendo i requisiti di riserva obbligatoria ed intervenendo nel mercato dei cambi. Più contenuti sono stati invece gli interventi dell’esecutivo per stimolare la domanda interna. Gli analisti concordano nel sostenere che la forte dipendenza da fattori interni di crescita possa, nel medio periodo, contenere gli effetti dello shock esterno. Un fattore di preoccupazione rimane la condizione delle finanze pubbliche, deterioratasi marcatamente nel 2008 a seguito dell’aumento della spesa in sussidi alimentari ed energetici. Nonostante lo sforzo nel contrastare il deprezzamento della valuta, le riserve ufficiali rimangono su valori storicamente elevati. Sussiste una notevole incertezza sull’entità del rallentamento dell’economia nel corso del 2009. Le previsioni degli analisti e dei principali organismi internazionali collocano la crescita nell’anno fiscale 2009/2010 attorno al 5-6%.
Il rallentamento dell’economia si è concentrato nel quarto trimestre (5,3 per cento sui dodici mesi), riflettendo la flessione delle esportazioni (3,0 per cento), e il rallentamento della domanda interna (al 7 per cento). In particolare, si è più che dimezzata la dinamica degli investimenti fissi lordi (al 5,3 per cento), prima sospinta dal massiccio afflusso di capitali dall’estero e dall’alta redditività delle imprese. Al rallentamento della spesa delle famiglie si è contrapposto un forte aumento di quella pubblica, in connessione con l’allentamento della disciplina fiscale da parte del Governo uscente. Nell’ultimo trimestre il settore dei servizi (in particolare, il comparto delle costruzioni, dei trasporti, telecomunicazioni, del commercio e alberghi), motore della crescita negli anni precedenti, ha segnato una netta decelerazione. Anche l’attività nel manifatturiero, più sensibile al ciclo internazionale, ha risentito del minore stimolo proveniente dalla domanda estera: la crescita dell’indice della produzione industriale si è pressoché arrestata.
Da fonte ICE alla data del 31 agosto proviene il seguente dispaccio:
IL GOVERNO INDIANO ANNUNCIA LA NUOVA POLITICA COMMERCIALE ESTERA
(ICE) – ROMA, 31 AGO – Il 27 agosto scorso il Governo Indiano ha annunciato la sua nuova Politica Commerciale Estera (Foreign Trade Policy –FTP-) per il prossimo quinquennio 2009-2014.
Il ministro del commercio Anand Sharma ha annunciato nuovi incentivi per gli esportatori indiani a esplorare nuove aree commerciali come Egitto, Nigeria, Kenya, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda. Nel nuovo FTP vi e’ inoltre la promessa di crediti in dollari per le aziende che importino, nel prossimo quinquennio, beni capitali per lo sviluppo di aziende interne nei settori: ingegneristico, chimico, elettronico, tessile, farmaceutico e manifatturiero.
La Federation of Indian Export Organization (FIEO) ha apprezzato molto le dichiarazioni del ministro che, con la nuova politica, “dimostra di avere ben chiara la necessita’ di diversificare i mercati per l’esportazione che, ad oggi, sono ancora troppo dipendenti dalle richieste di EU e USA” ha dichiarato il presidente A. Sakthivel
Il ministro ha inoltre annunciato la costituzione di un comitato, comprendente anche il Segretario alle Finanze, il Segretario al Commercio e rappresentanti dell’IBA (Indian Bank Association), che dovra’ monitorare il flusso di denaro pubblico verso le aziende esportatrici che si rivolgeranno verso questi nuovi mercati al fine di evitare possibili problemi tra banche erogatrici di prestiti per lo stato e aziende. (ICE MUMBAI) 
http://mefite.ice.it/CENWeb/ICE/News/ICENews.aspx?cod=12300&Paese=664&idPaese=664 
Il commercio estero
L’India ha aumentato progressivamente il suo interscambio commerciale con il resto del mondo, infatti nel giro di soli 5 anni è passato da circa 141.992 milioni di dollari (nel 2003/04) a 414.343 (2007/08). Nel quinquennio in questione le importazioni indiane hanno comunque sempre superato le esportazioni. I dati, relativi ai primi nove mesi dell’anno fiscale in corso, indicano un incremento del disavanzo commerciale confermando il trend, che vede nella crescita indiana una progressiva forbice fra la sua, tutto sommato, limitata capacità di esportazione e la molto più accentuata propensione a colmare la crescente domanda interna con beni di importazione.
Secondo fonti del Ministro del Commercio e dell’Industria indiano le esportazioni hanno goduto di un incremento del 15,19% mentre le importazioni indiane sono, per il 76%, concentrate entro dieci delle categorie individuate dal Sistema Armonizzato. Di esse, il 34% è costituito dal petrolio, la principale voce d’importazione, dato che l’India deve importare 70% del proprio fabbisogno energetico. 
Prescindendo dalle risorse naturali, le importazioni dell’India riflettono un’economia in trasformazione, in cui il diffuso aumento del potere d’acquisto ha portato a un cambiamento nelle richieste dei consumatori, influenzando molti settori dell’industria indiana. Uno dei settori più sensibile è quello dei macchinari per l’industria dove l’India cerca di riqualificare la propria capacità manifatturiera.
Le importazioni totali della voce macchinari sono state pari ad un incremento del 22,27% rispetto allo stesso periodo del 2007-08.
All’interno del comparto la ricerca di prodotti di maggior qualità è anche alla base delle importazioni di apparecchiature elettriche, che hanno fatto segnare un aumento del 25.13%. Le macchine utensili sono aumentate del 22,17%, i macchinari, esclusi quelli elettrici, del 21,25% e i macchinari da trasporto del 13,83%.
Nella composizione delle esportazioni indiane, al primo posto troviamo sempre le risorse collegate agli oli minerali, con una crescita del 17,43% rispetto all’anno precedente. Seguono, le pietre e i metalli preziosi, le macchine strumentali +29,36%, i macchinari da trasporto +66,75% e i prodotti chimici e farmaceutici +22,91%
È particolarmente interessante l’aumento delle esportazioni nei prodotti farmaceutici finiti, rappresentati soprattutto dai cosiddetti “farmaci generici”, a dimostrazione della spettacolare crescita della farmaceutica indiana e delle aziende leader, che stanno anche acquisendo società e brevetti all’estero (Ranbaxy, Sun Pharmaceuticals, Cipla, Dr Reddy’s Laboratories, Nicholas Piramal India Ltd, Wockhardt Ltd e Biocon).
Anche il settore dei tessuti e dell’abbigliamento ha un peso importante nella composizione delle esportazioni indiane, rappresentando circa il 10% del totale dell’export.
L’Unione Europea nel suo complesso costituisce il primo partner commerciale dell’India, anche se le Autorità indiane stentano ancora a riconoscere la UE come un interlocutore unico e ad apprezzare i notevoli vantaggi che scaturirebbero d ‘ ambedue le parti dall’appianamento di una serie di contenziosi di settore. Se non si considera l’Unione Europea, il principale mercato di sbocco per i prodotti indiani è quello degli Stati Uniti d’America.
Nell’anno finanziario in corso, il principale mercato europeo per i prodotti indiani è quello olandese, raggiunto principalmente da prodotti della raffinazione del petrolio (55% del totale esportato nei Paesi Bassi). Il Regno Unito è risultato il secondo mercato più importante all’interno dell’Unione Europea, seguito dalla Germania, Belgio e Italia.
L’India si era fissata il target di raggiungere una quota pari all’1.5% del commercio mondiale e aveva l’ambizione di toccare quota 195 miliardi di dollari di esportazioni entro la fine del 2009. Alla luce della crisi economica mondiale tale previsione deve necessariamente essere rivista al ribasso. Il perno di tale ambizioso programma di conversione del Paese verso un’economia orientata
all’export è costituito da un insieme di provvedimenti fra i quali: sviluppo delle zone economiche speciali (SEZ) con particolari vantaggi fiscali per produzioni destinate all’esportazione, esonero dei prodotti per l’esportazione dalle elevate e numerose imposte cui sono soggetti, semplificazione delle procedure amministrative per le società esportatrici, adeguamento delle infrastrutture (energia elettrica, strade, porti e aeroporti), incremento degli accordi di libero scambio.
Dati statistici – l’India non parla
In giallo sono evidenziati quelli pertinenti all’industria del pulito. Il riferimento di questa tabella è per l’Italia, ovvero cosa questo paese esporta e importa dall’India.
In merito alla ricerca dei dati qui si apre una nota dolente. Da fonte Afidamp le ultime informazioni risalgono a uno studio commissionato all’ICE del 2006 che qui non si riporta, perché troppo indietro nel tempo, anche alla luce di tutto quanto è accaduto nel corso del 2008-2009.
Resta solo da capire che l’India ha bisogno di tutto, anche se non sa esprimerlo in chiaro e la cultura aziendale della comunicazione è molto, ma molto bassa, in quanto “l’India non parla anche se interpellata”. Concetto già espresso e ancora una volta ribadito perché è uno dei principali ostacoli per i nostri operatori. Si rinvia, sotto questo aspetto, sia alla ricerca ICE commissionata dall’Afidamp che dovrebbe essere forse pubblicata nel corso del 2010, che a un prossima intervista a un distributore indiano che PROFESSIONAL PARQUET dovrebbe ottenere, grazie allo studio dell’Avvocato Gasperi di Milano, nel corso dei prossimi mesi.
Nel frattempo, a titolo del tutto indicativo, ecco dei dati di massima che esprimono quanto l’India sia recettiva a tutto quanto si possa lì offrire, rappresentando in ciò un mercato strategico.



Grazie Avvocato per aver ricevuto INTERNATIONAL DIMENSIONE PULITO presso il Suo ufficio qui in Milano. 
La prima domanda è se Il Governo indiano ha piani/iniziative/progetti per agevolare la costituzione di joint venture tra società indiane ed italiane nel settore della pulizia e /o in altri settori?
Avv. Gasperi: Il Governo indiano ha implementato diverse politiche al fine di agevolare e promuovere gli investimenti esteri in India. Il Governo dell’India permette il 100% di investimenti esteri diretti (in via automatica) nel settore dei servizi il quale comprende il settore della pulizia. Per quanto riguarda invece la produzione e la relativa commercializzazione di prodotti specifici del settore della pulizia è necessario compiere valutazioni puntuali per ogni categoria di prodotto di interesse. Questo è necessario poiché, in taluni casi, ci potrebbero essere limitazioni sulla partecipazione di soggetti stranieri nelle joint venture indiane. E’ possibile, comunque, ipotizzare che la maggior parte dei prodotti non abbiano limitazioni particolari a seguito della continua liberalizzazione del mercato indiano a favore degli investitori stranieri. 
Fra le varie iniziative per attrarre investimenti esteri predisposte dal governo indiano possiamo segnalare la prospettata realizzazione di una società denominata ‘Invest India’ per attrarre investimenti esteri durante gli ultimi anni di vigenza dell’undicesimo piano quinquennale (2007-2012) . In questo progetto sono coinvolti il Governo indiano, la Federazione di Camere di Commercio e Industria indiane nonché i governi dei diversi stati. Questa società avrà lo scopo di promuovere gli investimenti esteri in India in maniera più strutturata ed efficiente. 
Ovviamente l’individuazione dell’esatta natura del progetto, la sua localizzazione ed i suoi obiettivi possono comportare l’ottenimento di vari benefici.
Domanda: Che convenienza avrebbe un’azienda italiana ad aprire una sede in India?
Avv. Gasperi: Qualora vi sia un interesse da parte di un investitore straniero per il mercato indiano vi possono essere dei vantaggi sia dal punto di vista operativo sia dal punto di vista economico e fiscale nell’implementare un’entità giuridica in India.
Le entità giuridiche di cui normalmente si avvalgono gli investitori stranieri per realizzare i propri progetti in India sono:
1. la subsidiary (società controllata);
2. la branch office (sede secondaria).
A livello burocratico l’implementazione di una subsidiary, salvo che non siano richieste preventive autorizzazioni dovute ad esempio al prodotto che tale subsidiary andrà a produrre e/o commercializzare, si può considerare nel suo complesso abbastanza semplice. 
La realizzazione, invece, di una branch office è sempre soggetta all’ottenimento della relativa autorizzazione da parte della Reserve Bank of India, la quale valuta, nel concedere o meno l’autorizzazione, diversi elementi fra cui, per esempio, le opportunità di offrire impiego in India e l’ammontare dell’ipotizzabile investimento. Questa procedura può essere complicata e potrebbe richiedere notevole tempo. 
Domanda: Qual è il salario medio di un impiegato in India?
Il salario mensile base di un lavoratore è di circa 5.000-6.000 rupie indiane (circa 71-85 euro ). Ovviamente per avere indicazioni precise sul salario mensile del lavoratore è necessario valutare diversi fattori, fra cui le esatte mansioni, il luogo dove l’impiegato svolge l’attività, l’anzianità di servizio ed il settore nel quale l’azienda per cui è impiegato opera. 
Grazie per la sua preziosa testimonianza avvocato.

Alcuni nominativi e connessi indirizzi d’imprese indiane impegnate nel settore della pulizia e igiene d’ambiente come personale nel ruolo sia di distributori che anche produttori

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