Il disoccupato di lunga durata, quello che sfida gli anni su anni è un personaggio molto particolare. Studio questa categoria di persone a cui voglio un bene dell’anima da diversi anni, precisamente 21. Nel 2000 affrontai il primo corso di formazione per disoccupati e da allora ho l’onore e il privilegio di servire stabilmente questa categoria di persone.
Avendo speso ad oggi mediamente 3mila ore di formazione, in vent’anni, sulla categoria emergono dei segnali inequivocabili.
Il disoccupato non è tale perchè privo di lavoro, ma in quanto non crede in se stesso.
Il primo che non ci crede sulle proprie capacità è esattamente il disoccupato. Un pessimismo che si può “tagliare a fette”, anzi disfattismo cosmico, condito con una ipercritica su tutto e tutti. Il disoccupato è uno che critica aspramente senza offrire soluzioni. Infatti qui viene “il bello”. Ogni volta che esorto i senza lavoro a smettere di chiedere ad altri lavoro e fare da sé, ottengo in netto NO. Un NO che vuol dire, messi alle strette, che vogliono solo fare quanto gli si dice per 8 ore per perdere lo stipendio a fine mese. Chiuso, non di più o di meno.
Il disoccupato critica senza offrire soluzioni, perché non è il suo compito pensare diversamente.
Fin qui stigmatizzata la carenza d’iniziativa che affligge chi è senza lavoro. Ora però una considerazione di carattere generale. Chi ha incautamente pensato la globalizzazione (e ha anche goduto del premio Nobel purtroppo, il riferimento è a Joseph Eugene Stiglitz) non ha minimamente preso in considerazione quanto in Occidente ci siano così tante persone che vogliono fare solo quanto gli si dice.
Attenzione che questo tipo di persone è la netta maggioranza!
L’assenza d’imprenditorialità è la norma dei paesi Occidentali da cui una robusta disoccupazione che a volte diventa di lungo tempo.