Il diritto comunitario vuole essere impositivo anzichè indicativo e lo si dimostra nel caso con la Polonia che esprime tutto il disagio di cui soffre la Ue. La crisi della Ue si conferma (non comincia perchè il suo inizio è datato, ma ora si evidenzia in forme sempre più importanti).
Come già spiegato in altro spunto di riflessione qui pubblicato, l’Unione Europea pretende che il “suo” diritto sia superiore rispetto a quelli nazionali.
La discussione potrebbe apparire oziosa e di poco conto, quando invece è sostanziale.
Un esempio: la legge votata dal Parlamento italiano è per gli italiani e non gli austriaci. E’ chiaro. Quelle norme riguardano il nostro sistema culturale e di relazione sociale. Imporre agli italiani un provvedimento comunitario diventa arduo, ma anche contro-producente per la stessa credibilità del sistema giuridico. Di fatto è quanto l’Unione pretende di fare.
Che forse l’effettività del progetto comunitario si raggiunga imponendo una regola astratta alla diverse nazionalità?
Cosa c’è sotto? come al solito il ragionamento non è mai così limpido, ma c’è sempre una sorta d’inganno o di prerogativa non detta. Nel caso specifico c’è di mezzo un’interpretazione cara alla sinistra politica europea sugli omosessuali. Per la sinistra l’omosessualità non è una patologia comportamentale con effetti sessuali, ma una normale opzione tra le tante possibili. Non solo, ma addirittura si confondono devianze con diritti civili e qui la forzatura diventa anche falsificazione. Chi non si riconosce affatto in questa voluta invenzione oltre a prendersi una serie d’insulti e l’accusa d’omofobia (tutti atteggiamenti che confermano quanto falsa sia l’impostazione di partenza) deve anche subirsi il sermone della superiorità del diritto comunitario su quello nazionale.
Peccato che il diritto della Ue abbia scelto uno dei peggiori argomenti possibili per affermare la sua soprannazionalità e superiorità.
In tutta franchezza si poteva trovare qualcosa di più appassionate. La conclusione è semplice; la crisi della Ue.