Il consumismo ha indotto l’occidentale nel sopravvalutare la propria personalità considerandola unica e al di sopra degli altri e delle istituzioni. L’Occidentale si considera un semi-Dio; quando s’accorge di non esserlo o non trovarsi ad essere considerato tale, s’agita entrando in depressione. Considerazioni di questo livello emergono dallo studio del testo “Psicologia del consumatore” scritto da Giovanni Siri ed altri.
Siri è uno psicologo dei consumi, a lui si deve l’annessa cattedra di psicologia.
Nello studio del suo testo si legge una smarcata partigianeria per il consumismo, considerato come pietra angolare della civiltà e dell’analisi della personalità. Ovviamente si tratta di un’esagerazione finalizzata a giustificare una vita spesa sull’argomento e la cattedra. Però in un’analisi equilibrata, il consumo non ha il peso che Giovanni Siri gli assegna nella costruzione dell’anima delle persone, per quanto sia un aspetto che merita attenzione.
Certamente il peso che Siri assegna al consumismo resta valido per i casi patologici ovvero per quelle persone che vivono di consumo; questi sono malati. Nella patologia clinica il consumo, vedi frequenti acquisti di cellulare ed altri prodotti esibizionistici non sostanziali, è un importante indicatore di malattia della mente.
Superato il binomio consumo-malattia, per gli altri, quelli “sani” che consumano per vivere, va considerato, purtroppo, come la pubblicità e il consumo abbiano modificato il comportamento degli occidentali. Si tratta di un modo d’essere molto esasperato nella considerazione di se stessi capace di sconfinare apertamente nel conflitto-nervosismo del “Lei non sa chi sono io“. Ecco a cosa ci ha portato l’iperconsumo. Una debolezza che non alza solo la soglia del conflitto, ma espone la persona nell’incapacità a reagire in condizioni eccezionali, ma possibili tipo guerra, carestia, pandemia, povertà. Ad esempio l’Occidente è esposto nell’incapacità di resistere a conflitti di lunga durata con molte perdite.