Il colonialismo cambia ottica e prospettiva a seconda del punto di vista di partenza. Una lettura leninista e marxista del colonialismo obbliga a ritenere questo evento come uno sfruttamento a danno delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Ovviamente è una forzatura ideologica. Come tutte le forzature, oggi lo stesso concetto va rivisto e corretto. Per farlo ci si affida a Vera Zamagni e il suo libro “Dalla rivoluzione industriale all’integrazione europea” edito da Il Mulino nel 1999.
La Signora e prof. Vera Zamagni, per discutere apertamente di colonialismo, si rifà agli studi più autorevoli che sono stati svolti in materia.
Ne consegue che si riferisce a L.E. Davis e R.A. Huttenback e la loro pubblicazione del 1988 dal titolo Mammon and the Pursuit of Empire: The Political Economy of British Imperialism, 1860-1912.
Il testo è stato pubblicato da Cambridge University press. Purtroppo non esiste in edizione italiana.
Lo studio di Davis-Huttenback esprime una sintesi interessante che qui si vuole riportare integralmente. A pagina 129 del testo di Vera Zamagni così è scritto: ….hanno concluso che ci furono dei vantaggi nelle colonie fino agli anni Ottanta dell’Ottocento, soprattutto perché molte imprese inglesi fino ad allora vi operavano da monopolisti. In seguito questa condizione cambiò e anche altre cose mutarono, così che i tassi di profitto fuori dalle colonie furono superiori. Naturalmente, gli investitori guadagnavano il tasso di profitto nominale e quindi continuarono a ritenere l’investimento profittevole e a spingere i governi inglesi a rimanere nelle colonie. Chi ci perdeva era la Gran Bretagna come paese e coloro che pagavano le tasse che servivano a far fronte ai costi delle colonie.
Ecco che il colonialismo assume una visuale completamente diversa per cui è interpretabile anche come trasferimento di risorse, idee e concetti dal mondo Occidentale e quello arretrato. Con tale ottica si ribalta la visuale tradizionale e viziata dal pensiero di sinistra e leninista.