Il 25 aprile ogni anno rinnova il suo dramma ovvero l’essere una festa di alcuni, ma non di tutti. Non sono fascista, ciò non toglie che non riesco a identificarmi nel 25 aprile e tanto meno nel 1° maggio.
Il distacco culturale, epidermico, concettuale dal 25 aprile nasce da semplici considerazioni.
I fascisti (che sono italiani) hanno pagato per le loro colpe, i partigiani (che spesso sono stati al servizio di altre nazioni e interessi, vedi Unione Sovietica) NON hanno pagato per le loro vendette. Perché?
So che porre sullo stesso piano fascisti e partigiani è già scandalo, ma la logica storica della guerra civile è già scritta. Il movimento partigiano ha perso la sua “santità” con i fatti delle foibe e le vendette sui fascisti.
I due fatti vanno approfonditi.
Le foibe, ovvero l’eliminazione d’italiani a Trieste in combutta con gli slavi comunisti a cui aggiungere il favore di Togliatti, segretario del PCI e membro del CNLN, verso la Yugoslavia per la cessione del porto di Trieste.
Il secondo riguarda la vendetta dei partigiani verso i fascisti anziché processi e carcere.
Mussolini andava processato come avvenuto a Norimberga per i vertici del Partito Nazista. Non si discute qui sull’eventuale sentenza che ne sarebbe scaturita.
I due fatti citati hanno sporcato il movimento insurrezionale italiano detto “partigiano”. Questa riduzione dei due contendenti sullo stesso piano, trasforma il 25 aprile in una pagina aperta della storia recente d’Italia.
Cosa si deve festeggiare il 25 aprile? Onestamente e con tale impostazione storico-politica, non so cosa ci sia da ricordare se non ridiscutere il tutto.
Dal 1948 il 25 aprile è stata trasformata in una festa di una parte della Nazione, quella riferita al PCI oggi PD, che ricorda la mancata rivoluzione che avrebbe potuto fare per legarsi alla Russia.
Ovviamente a una festa di partito non me la sento di partecipare perché non è il mio, ma non solo, troppi conti sono stati lasciati aperti.
7 comments
Che brutto intervento… capisco che per i friulani la fine del fascismo abbia coinciso con la perdita di averi e territori, e con l’esperienza terribile delle foibe, ma vorrei ricordare che ciò è dipeso da una guerra folle, una guerra fascista, persa con quel minimo di onore che ci hanno regalato i partigiani. La guerra è stata dura e in quelle terre l’hanno vinta i comunisti di Tito: sarebbe stato meglio che la vincessero i nazifascisti? Non credo, a meno che uno non sia più o meno apertamente nostalgico.
Anche gli esuli Giuliani ammettono che le foibe sono state provocate dal disprezzo del regime e dalle persecuzioni etnico-linguistiche degli italiani fascisti contro le minoranze slovene. Vorrei ricordare che nel progetto hitleriano di spartizione del mondo dell’asse Roma-Berlino-Tokio, sposato da Mussolini, gli Slavi considerati popolo inferiore sarebbero stati sottomessi e schiavizzati… Non è incomprensibile il loro spirito di vendetta.
Per quanto riguarda il 25 aprile, non è la festa di un partito, tanto meno di un partito che non c’è più con buona pace di tutti gli anticomunisti che dovrebbero essere sereni. È storicamente a festa della liberazione dall’occupazione nazifascista, caro Carlini , dal totalitarismo, dall’ antisemitismo e da tutte le ingiustizie della guerra. Ed è ancora oggi la festa dei principi della Costituzione, antitetici a quel periodo oscuro. Se uno come Lei non si sente rappresentato dalla Costituzione, lo trovo grave.
Gentile Signora, prima d’avere in giro a dire che “è un brutto intervento” La prego di andarci piano capendo che il mondo potrebbe non essere in accordo con Lei. Il Partito Comunista esiste ancora e si chiama Partito Democratico. Capisco che i comunisti vogliano sfuggire alle loro responsabilità storiche che sono d’incredibile pesantezza e mai valorizzate come si sarebbe dovuto (dichiarare illegittimo il PC come il Partito Fascista), ciò non toglie che ci sono, esistono e restano. Detto questo il 25 aprile è ancora una “festa” faziosa, di parte, espresso da una Costituzione discutibile e incompiuta confermando quell’anomalia tutta italiana ancora non risolta: una democrazia che tale non è perché sbilanciata a sinistra. Nell’immaturità istituzionale di una pseudo democrazia di sinistra che fa finta di non esserlo dovremmo festeggiare? Ma mi faccia il piacere!
Finalmente qualcuno, Professore ,che non ha paura di ricordare il Nostro Passato ,concretizzato da esperienze e fatti drammatici,come il Passato di tutti i popoli.Perché i Tedeschi non sono stati così brutali ed efferati nella memoria del loro Passato,forse più crudo e cruento e organizzato del Nostro?Ai posteri ,più equilibrati ,l ardua sentenza!
Complimenti per il Suo coraggio in questo periodo di memoria caduca e menzognera.
Finalmente qualcuno, Professore ,che non ha paura di ricordare il Nostro Passato ,concretizzato da esperienze e fatti drammatici,come il Passato di tutti i popoli.Perché i Tedeschi non sono stati così brutali ed efferati nella memoria del loro Passato,forse più crudo e cruento e organizzato del Nostro?Ai posteri ,più equilibrati ,l ardua sentenza!
Complimenti per il Suo coraggio in questo periodo di memoria caduca e menzognera.
Il 25 Aprile non è una festa, perché rimane una celebrazione divisiva, mai concepita all’ insegna della verità storica e della pietà. E’ una festa, nata contro gli Italiani del giorno prima, non considerando il fatto che gli stessi, fino allora non erano stati certamente antifascisti, ma, avevano combattuto per la patria, pur sapendo che sarebbe stata una guerra perduta. Eppure, per loro non c’ è onore, non c’ è memoria, forse perché questi combattenti stavano dalla parte sbagliata e i partigiani dalla parte giusta? Una festa non inclusiva e nazionale non è una festa di tutti gli Italiani e ciò è stato dimostrato, fin dal suo nascere, fino ad oggi, con lo sventolio delle sole bandiere rosse e l’ esclusione di chi, pur essendo di idee diverse, avrebbe voluto o vorrebbe parteciparvi.
Ciò che prevale esclusivamente è l’ aspetto celebrativo, senza il ricordo di quelle pagine nere, sporche e sanguinose che hanno accompagnato la Resistenza, pagine infami, mai riconosciute e che andrebbero ammesse invece in un giudizio storico più completo. E basterebbe citare le innumerevoli stragi, compiute dai partigiani, a guerra finita, le migliaia di donne catturate, stuprate spesso in gruppo, per essere poi barbaramente uccise; basterebbe citare le marocchinate, gli orrori delle foibe, per renderci conto che quella “ Rivoluzione comunista “, in nome della quale combattevano le soldataglie partigiane, altro non era che una guerra intestina, scatenata contro ex fascisti o ritenuti tali, in base a un semplice sospetto. La memoria e l’ onore sono da rendere anche a queste vittime della brutale violenza di criminali che ammazzavano solo per sadismo e vendetta, dopo che la patria era stata liberata dal fascismo e dalle ultime retroguardie naziste.
La Resistenza si è macchiata di errori e di aberrazioni, tenuti nascosti per decenni, da un insieme di complicità.
Di questo evento, epurato dalle atrocità, i “ compagni “ filosovietici, allora, “ democratici “ oggi, hanno fatto un’ esclusiva, arrogandosi il vanto di aver liberato l’ Italia, solo perché a Piazzale Loreto, per dare il colpo di grazia al fascismo, hanno commesso il crimine più orrendo che la storia di quegli anni ricordi.
Il 25 Aprile ha generato un fossato d’ odio tra due Italie ed è, per questo, una data semplicemente ipocrita. Al di là del tripudio di parole, come libertà e democrazia o del canto “ Bella ciao “, diventato ormai il ritornello carnascialesco, non ha nulla da ricordarci; la memoria è solo surreale, connotata com’ è da una retorica celebrativa che non distingue tra chi combatteva per la libertà e chi invece voleva instaurare una nuova dittatura. L’ enfasi celebrativa è aumentata nel tempo, fino a reggere all’ ipocrisia faziosa e oggi viene usata per un unico scopo: colpire i governi di turno, che non siano in linea con l’ ideologia di sinistra.
E se ieri vittima ne fu Berlusconi, oggi lo è Salvini.
Complimenti Professore per esporre coraggiosamente le sue idee in questo mondo di arroganti e ignoranti
Ringrazio per tanto onore e considerazione. In gamba, il prof!
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