Globalizzazione, i concetti per capire cosa sta accadendo. Che vuol dire ripensare la globalizzazione? Di Giovanni Carlini da Manitoulin Island – Ontario, Canada
Globalizzazione, i concetti. Non è questa la globalizzazione che fu pensata nel 2001. Gli effetti sofferti e osservabili impongono una radicale revisione dei principi. Quelli che ispirarono l’11 novembre 2001, quando si diede avvio al processo noto come “globalizzazione”. Oggi, da un mercato non regolato, la spinta è verso la ricerca di regole comuni.
L’11 novembre 2001, due mesi dopo l’uso del terrorismo come arma di distruzione di massa, si gettarono le basi per la“globalizzazione”. Fu ammessa la Cina nel WTO. Qui nasce l’idea di una globalizzazione, i concetti per capire.
La Cina come anche l’India, la Corea, l’Indonesia, non rappresentano da sole il processo di globalizzazione. L’evento globale emerge da un fenomeno collettivo. Certamente i paesi indicati esprimono l’aspetto più visibile della globalizzazione, senza dimenticare altre prospettive tipiche dell’Occidente. Il riferimento è al possedere molti cellulari, ma con pochi figli. In pratica un mondo al rovescio, il superfluo costa meno del necessario. Volare da Milano a Berlino costa appena 20 euro, ma al supermercato la spesa minima è sui 38 euro. Non parliamo del pieno di benzina. Sale il costo della vita. I mutui si mangiano i bilanci delle famiglie. Il consumo delle risorse del pianeta è accelerato e i segnali che provengono dal mondo, non sono di pace. Benvenuti nella nuova era.
All’origine, quando si progettò la nuova era dell’oro (vedi dottrina Zoellick) l’idea di fondo fu piuttosto semplice. Produrre in aree depresse per assicurare all’Occidente merci a buon mercato. Il tutto elevando al contempo la qualità di vita d’intere popolazioni povere. Gente che ancora nel 2001 vive ai margini della storia in piena povertà materiale. A conti fatti, sulla carta ci avrebbero guadagnato tutti.
I poveri avrebbero smesso d’essere tali. L’Occidente ricevendo merci a basso prezzo, avrebbe aumentato la quota di denaro spendibile in viaggi e cultura. Gli standard di qualità dei prodotti, sarebbero rimasti nei parametri del nostro livello di civiltà. Non solo. L’ingresso sul mercato degli ex poveri, ne avrebbe allargato la base di consumo mondiale. Questo generando immense opportunità per l’industria, affamata di nuovi consumatori.
Una massa di circa due miliardi di persone, concentrata prevalentemente in Asia, sarebbe passata dall’autoconsumo al consumo. Dal circuito chiuso dell’economia agricola a quello aperto dell’economia di mercato. Sempre secondo i progetti, l’archiviazione del confronto militare per il controllo delle aree d’influenza, avrebbe aperto un unico mercato. In questo si sarebbe diffusa l’educazione al consumo. Dai servizi sanitari a quelli alimentari fino all’informatica e alla cultura accademica. Miliardi di nuovi consumatori, rappresentando con ciò il più ghiotto tra i dividendi della pace.
Purtroppo questo progetto, che in effetti sul piano logico sta in piedi, non considerò un aspetto fondamentale: la diversità culturale. Quella stessa differenza che ha giustificato le guerre in tutta la storia dell’umanità. La presunzione di credere che gli esseri umani siano mossi dalle stesse necessità è stato un errore. Peggio il credere che i bisogni fossero inseribili in un paniere di beni e servizi. Il più grande errore della generazione odierna.
Nota:
Il 15 aprile 1994 a Marrakech si stipulò per il WTO l’accordo sul libero commercio mondiale. Di conseguenza la UE aprì un negoziato con la Cina, che concluse il 19 maggio 2000. La dottrina Zoellick (Robert B. Zoellick è internazionalista del Dipartimento di Stato) prevede il mantenimento conservativo dello status quo con la Cina. Ciò significa consentendo ai cinesi d’assumere il ruolo di potenza regionale.
La crisi della globalizzazione (visibile dal 2008) non è solo un problema di speculazione che va regolamentato. In realtà è il confronto tra mondi diversi. Quello Occidentale regolato, mentre gli altri non lo sono. Com’e’ possibile confrontare nel prezzo e nella qualità un manufatto tra produzioni diverse? Ad esempio, un termosifone. In Occidente la produzione di termosifoni è svolta nel rispetto delle regole e dignità del lavoro. Fuori dalla cultura occidentale non c’è rispetto per il lavoro. Povertà trasformata in miseria. Dove il confronto?
Il confronto tra “noi e loro”, tra l’Occidente e la Cina è tutto qui. Un mondo regolato e in democrazia, si confronta con uno senza regole sotto dittatura. Praticamente ci siamo dimenticati della miccia di tutti i conflitti armati della storia. L’espansionismo aggressivo cinese ricorda quello di Hitler in Europa, per restare solo negli ultimi 60 anni. Lo studio qui proposto, non vuole essere stupidamente e monotonamente anticinese. Non servirebbe.
Essere contro la Cina è un fatto naturale. In realtà la ricerca è centrata sulle regole. Quelle che hanno permesso il passaggio, in Occidente, dal Medio Evo a una successione di rivoluzioni. La francese, industriale, tecnologica, sociale, musicale, commerciale che contraddistinguono il nostro modo di vivere.
A questo punto gli elementi che portano al ripensamento della globalizzazione, i concetti sono:
– lo scontro sul piano economico (e poi politico) tra un mondo fatto di regole e uno privo di valori condivisi;
– isolata la Cina quale elemento aggressivo nel panorama economico mondiale, cosa dire dell’India. Al contrario dell’altro protagonista asiatico, l’India, ha evitato d’inondare i mercati esteri con le sue merci. Il governo indiano si è concentrato nel mercato interno e sulla lotta alla propria povertà materiale. Resta il fatto che lo stesso costruttore di auto indiane, ora esportate in Occidente, se producesse in Europa sarebbe arrestato. Si conferma il problema delle regole;
– la globalizzazione non funziona soprattutto per aspetti interni allo stesso Occidente. Uno di questi è la mancata regolamentazione del flusso di capitali a uso speculativo. In seguito al calo delle borse, liquidità in eccesso si è riversata su tutto. In questo modo c’è chi compra petrolio senza neppure aver mai visto un barile di greggio. Il gioco della speculazione ha pesantemente compromesso il mercato dei metalli. Si è esteso all’alimentare.
L’unica soluzione è limitare l’acquisto di materie prime solo a chi effettivamente ritiri il prodotto. Si ritorna a un mercato fatto di operatori per le necessità “fisiche”;
– i difetti della globalizzazione e finanza si sono fuse in una tecno-finanza creativa. Si parla di OTD (orignate-to-distribute model). Una nuova procedura operativa che permette la “distribuzione” del rischio ad altri. Ecco nata la crisi “subprime”. Prima le banche prendevano denaro sulla fiducia e lo prestavano con rischio.
Adesso creando nuovi prodotti bond, hedge funds, fondi sovrani etc, l’istituto di credito non ha più una sua fisionomia. Diventa banca globale e allo stesso tempo irresponsabile, scaricando sul governo fallimenti clamorosi. La conclusione è che ora i banchieri non si fidano più dei banchieri;
– c’è anche un altro aspetto, sociologico che influisce sugli errori della globalizzazione. Una massiccia distruzione dei rapporti familiari in Occidente. Significa che è in atto una follia collettiva. I figli, a volte, attendono la morte dei genitori per lucrare sui beni di famiglia. Le badanti spesso rappresentano mogli in seconda battuta. L’immaturità nei rapporti familiari, produce fallimenti scolastici e comportamentali. E’ aperta la porta a un’immigrazione di massa che diventa sovrapposizione di un’etnia sull’altra;
– va registrato l’ingresso di nuovi consumatori. Il riferimento è per 300 milioni di cinesi sul miliardo che conta la Cina. La novità ha prodotto la psicologica necessità d’aumentare i quantitativi di carne disponibile e di riso. Da qui la giustificazione a un nuovo ciclo del prezzo.
Dopo aver esaminato i diversi passaggi, che hanno tradito l’idea che fu della globalizzazione, ora che si fa? Ecco che il concetto “la globalizzazione, i concetti” diventa drammatico.
La globalizzazione nacque negli USA come idea. Si concretizzò in Cindia con capitali occidentali. Ora si muove sotto perenne crisi. Nascita, apoteosi e ridimensionamento di un bel progetto con un grande difetto: la superficialità. L’assenza di meccanismi di feed-back. Come sarà il mondo nei prossimi mesi? Tra i tanti libri che descrivono le prospettive future ce ne sono due particolarmente profondi. Nel 1996 Samuel P. Huntington pubblicò “Scontro tra civiltà”. Il secondo l’ex ministro delle finanze, l’On. Tremonti con “La paura e la speranza”. Entrambi i testi, seppur del genere “catastrofico”, offrono delle ottime chiavi di lettura.
Se la globalizzazione, i concetti ci hanno tradito, ora serve la politica. Una politica intesa come senso culturale, idee, concetti e capacità di progettare. Cadute le grandi ideologie, falliti i sistemi politici, i popoli credono ancora, ma nelle cose piccole e concrete. Credono ancora nel domani, ma non più nel futuro.
Nessuno s’interessa più della riforma del sistema sanitario, ma il funzionamento del proprio ospedale. Non più la riforma del lavoro ma del proprio posto. Il “campanile” non sostituisce la Nazione, ma compensa l’effetto di vuoto portato dalla crisi dello Stato-Nazione. Nessuno è più disposto a morire per la “patria” ma se necessario, tutti si schierano nella difesa del proprio territorio.
Nel mondo civilizzato, il problema non è più quello di portare una massa di cittadini a un dato standard di prestazioni consumistiche. Al contrario mettere in piedi un nuovo meccanismo sociale. Sotto questo punto di vista la Cina è lontana “secoli e secoli” dal grado di civiltà dell’Occidente.
Il mondo oggi esige l’applicazione universale delle clausole sociali e ambientali a tutela del lavoro e dell’ambiente. Leggi e norme che rappresentano la nostra civiltà. Il non rispetto richiede l’embargo. Ecco descritta la globalizzazione, i concetti che non capiamo.