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Globalizzazione e Delocalizzazione. Studi prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Globalizzazione delocalizzazione e reshoring belle idee per un insuccesso.

Serve fare nuovamente il punto su concetti importanti e attuali per capire cosa stia accadendo: globalizzazione, delocalizzazione, reshoring (rientro delle aziende in patria) e assetti culturali.

La globalizzazione significa integrazione tra aspetti politici, culturali, sociali ed economici nel mondo. Non si tratta di un evento nuovo nella storia dell’umanità; diverse sono le ere che contano fasi alterne d’integrazione. L’attuale fase di globalizzazione, in corso di sviluppo dal 2000  si basa su 2 aspetti principali: uno economico/industriale e un altro di comunicazione attraverso il web.

ASPETTO ECONOMICO PER CAPIRE LA GLOBALIZZAZIONE

Nei fine anni 90 del Novecento, i prezzi dei beni erano veramente troppo cari per cui avevamo la liquidità (i soldi) ma non potevamo comprare = la gente (noi tutti) eravamo scontenti!

Considerato che il calo dei consumi (sia interni che da export) rappresentano un grave danno per il sistema economico, si è corso ai ripari sfruttando l’importante differenziale di costo del lavoro tra l’Occidente e il resto del mondo. Indicativamente ai 26-32 euro/ora dell’Europa, si è passati ai 2 euro/ora della Cina, Brasile, Sud Africa e India. Con questo enorme risparmio quella insoddisfazione occidentale nell’avere il denaro, ma nel non poterlo spendere è stata soddisfatta, “allagando” il mondo ricco con beni di bassa qualità (made in China) a prezzo irrisorio.

All’inizio è sembrato tutto bello.

Nel corso di solo qualche anno, agli intensi fenomeni di delocalizzazione, ha risposto un’importante disoccupazione nei paesi occidentali. In Italia, ad esempio siamo tutt’oggi al 42% di disoccupazione giovanile contro la media europea del 22% che è comunque alta e non tollerabile. Quell’insoddisfazione degli anni 1995-2000, dove avevamo il denaro, ma non la possibilità di spenderlo, oggi si è ribaltato avendo le merci ma non i soldi per comprare perchè disoccupati. Si sono invertiti i fattori a parità d’insoddisfazione. Sotto questo punto di vista la globalizzazione ha fallito.

RIMEDI AL FALLIMENTO DELLA GLOBALIZZAZIONE

Preso atto che alti livelli di disoccupazione espongono la democrazia a rischio, si è provveduto con politiche di reshoring, ovvero al rientro in patria delle aziende precedentemente delocalizzate. Questo è avvenuto grazie a incentivi fiscali locali (non pagamento delle spese d’urbanizzazione degli stabilimenti, ridotti oneri sociali sul costo del lavoro, corsi di formazione e riqualificazione delle persone, ridotta tassazione etc..etc..) Il reshoring è stato sviluppato con successo negli Usa (ha di fatto permesso al Presidente Obama la rielezione) e in Gran Bretagna. Non è stato ancora applicato in Europa.

ASPETTO VIRTUALE CONNESSO ALLA GLOBALIZZAZIONE

Alla globalizzazione si unisce anche un’esplosione della comunicazione virtuale nel mondo, il che è un innegabile successo tranne quando “instupidisce” soprattutto le giovani generazioni. Il web è sano nella ricerca di info, ma diventa pericoloso attraverso il social network (esiste un solo social non tanti network) perchè esorta alla navigazione dentro la pubblicità, condizionando le persone nel consumo, ma sopratutto introduce un’eccessiva sintesi al pensiero impedendone l’elaborazione. La sterilizzazione del pensiero è già visibile nei giovani che soffrono di sintesi incapaci dell’analisi. Negli anni Settanta, la stessa critica di oggi al web, venne espressa da Pierre Bourdieu (sociologo francese) contro la TV. Oggi il tuono contro il web trova in Zygmunt Bauman il suo oracolo (sociologo britannico d’origine polacche) che lo definisce una sintesi di un pensiero mai svolto. Oggettivamente hanno ragione entrambi, con la differenza che in quest’epoca  stiamo assistendo al 42% tra separazioni e divorzi nella coppie sposate e al 60% d’abbandoni tra coppie conviventi, il che esprime come nella globalizzazione la sterilità di idee, concetti, pazienza, passione e gusto per vita sia oggettivamente in fase regressiva. Perché?

LE 9 CULTURE NEL MONDO 

Le culture nel mondo sono 9 (occidentale, ortodossa, islamica, africana, sinica, giapponese, indiana, buddista e latina). Inizialmente si credette che con la globalizzazione sarebbe stato possibile un punto di convergenza tra culture diverse, al contrario si è dovuto ammettere che non si vuole alcun coagulo tra modi di pensare diversi; le culture vogliono restare libere e a se stanti. Forse è giusto così: che si nasca, cresca, si ami e ci si vesta in modi diversi.

CONCLUSIONE

La globalizzazione ha fallito ed è stata parzialmente corretta da processi di reshoring. Come sistemare il mondo e sopratutto la diseducazione che proviene dall’abuso nel social network, sopratutto dei giovanissimi? Sul piano economico urge un nuovo modello di sviluppo che ancora non è stato studiato, benché siamo e restiamo in crisi. Relativamente all’abuso del web, non ci sono ancora prospettive di protezione dei nostri ragazzi dall’incretinimento da navigazione nella pubblicità per solo comunicare con gli amici. Pare che la UE pensi a inibire l’accesso degli under 16 al web, ma questo ha scatenato le reazioni dei grandi media, che subirebbero perdite economiche vedendo ridotti gli effetti della pubblicità. Ovviamente di questo non si rendono conto i ragazzi restandone preda. Probabilmente l’unico rimedio credibile è l’impegno dei genitori nell’educare i figli e dei ragazzi evitando di farsi condizionare studiando di più, leggendo di più, pensando di più, scrivendo di più, pensando di più, amando la vita di più. A volte queste parole, in epoca globalizzata, sembrano vuote e dette al vento.

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