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La giustizia di chi? – crisi di un concetto

by Giovanni Carlini
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Osservando, tramite TV, la folla fuori dal tribunale in India, ove sono sotto processo i nostri marò, proviamo noi, italiani, un senso di disagio constatando l’animosità della protesta.
Di fatto la Nazione è a favore dei militari italiani, invocando clemenza e comprensione per un incidente accaduto a dei pescatori “che se la sono andata a cercare”. Insomma, nel giudizio comune sono “cose che accadono”.
Ne consegue una sorta di perdono e amnistia per i nostri soldati.
Contemporaneamente, sempre in Italia, il Paese è spezzato, relativamente all’applicazione della legge sul caso dell’On. Berlusconi.
Nel dettaglio, la contestazione non è tanto sull’efficacia della condanna ma sulla sua opportunità!
Non si riconosce assolutamente alcun fondamento giuridico sul processo avvenuto a carico dell’On. Berlusconi, dove alcune prove sono state ammesse ed altre no, per cui la sentenza di condanna resta miseramente politica, i cui effetti sono però sostanziali e da qui la lotta.
Evadere le tasse (sport nazionale) è veramente un reato penale?
Dalla parte opposta c’è invece chi si blinda dietro la sentenza, senza alcun spirito critico, “sfregandosi le mani” per l’eliminazione politica del maggior rivale d’opposizione (va ricordata però la dimensione della differenza tra maggioranza e minoranza: uno scarto di voti pari a 143mila su 30 milioni).
Qualcosa non quadra.
Il senso stesso di giustizia non torna.
Lasciando perdere sia l’India che Roma, è possibile che l’individualismo più acceso del mondo occidentale abbia surclassato l’applicazione del diritto, almeno per quei reati non ad alta rilevanza sociale, che potrebbero essere tradotti in fatti amministrativi?
Sicuramente in India ci sono dei morti e nonostante questo riusciamo ad assolvere i militari, ma non quando la sentenza è clamorosamente di parte.
Ovviamente in crisi non c’è solo la “giustizia”, ma la percezione stessa del diritto in una società che lo sta espellendo dalla sua sensibilità.
Tranne fatti efferati di cui “c’è fame e desiderio” (spettacolarizzazione del dramma come già fu al Colosseo in epoca imperiale a Roma) le tasse, il piccolo furto, la velocità eccessiva, lo spaccio e consumo di piccole dosi di droga, l’evasione fiscale, sono dimensioni del penale ormai sotto traccia nella sensibilità comune, quindi non più soggetto d’esempio se condannati. Che fare?
Ha “ragione” la giustizia scritta nei codici o quella sentita nel cuore dei cittadini? Come sempre la “via di mezzo” è la migliore.
Probabilmente c’è necessità per un’ampia depenalizzazione che traduca in reato amm.vo quanto oggi è penale, ma anche un richiamo di sensibilità sociale da parte d’ognuno di noi.
A questo punto il centro problema si sposta dalle vicende pubbliche alla nostra intima personalità.
Probabilmente abbiamo bisogno di più privato, maggior ascolto e famiglia, di relazione affettiva, tempo speso con i figli, meno rabbia e più ragionamento, meno ira e più riflessione, più mano nella mano in una lunga passeggiata con il partner, più letture che solo divagazione, più studio che passatempo.
Serve una persona nuova, che urli di meno e pensi di più e questo si può realizzare solo in un individuale lavoro in coppia.
Auguriamoci buona fortuna perchè ne abbiamo tanto bisogno.
Giovanni Carlini

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