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Giovanni? giunge la telefonata che è già morta

by Giovanni Carlini
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Giovanni? Oggi sono pervenute due telefonate da “dottoresse” che mi hanno chiamato esordendo con “Giovanni?” ed io; chi? ma lei chi è?

Imbarazzata la figliola, che forse ha capito il problema, accenna un recupero con il “possiamo darci del tu“? Ed io, francamente non la conosco e non ne vedo il motivo per darci del tu.

Ovviamente, a quel punto si conferma del gelo e l’interlocutrice punta a chiudere frettolosamente la telefonata con qualche frase di rito.

Ecco come sprecare una telefonata!

Ciò accade quando si mette un ragazzino dietro al telefono. E’ ovvio che non reputo mio interlocutore quel figliolo che se ne spunta fuori con il Giovanni? non ha proprio nulla che possa interessarmi perché ha bruciato la presentazione e qualsiasi cosa abbia da dire è comunque fuori dalla mia sensibilità e interesse. Mi rendo anche conto come si stia celebrando uno spreco, ma quando un contatto parte male, riprenderlo è molto difficile e da parte mia, tendenzialmente non c’è disponibilità spegnendosi automaticamente ogni forma d’interesse.

Tradire la regola della presentazione significa compromettere il contatto.

Sorge una domanda: la formalità è così importante? Più che solo formalità si chiama educazione e cortesia, quindi rispetto. Venendo meno questi passaggi cessa ogni forma d’interazione e di conseguenza interesse.

Ecco cosa cela quel: possiamo darci del tu? (quando non ci si conosce e neppure ci si è visti!) Il “tu” telefonico solitamente annega in un lago abissale di superficialità. E chi ha voglia d’aver a che fare con soggetti che non hanno ancora imparato a relazione in maniera corretta e rispettosa?

Ricordo ancora quel giovane scrutatore alla sua prima esperienza, ancora uno studente. Nel registrare gli elettori che affluivano nel seggio, li cercava dentro il registro dell’anagrafe per nome, non per cognome! Ovviamente il ragazzotto fece la figura dell’immaturo e tale rimase per l’intero sviluppo dell’incarico. Spesso il “diamoci del tu” cela e celebra il disagio dell’esistenza.

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