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Giornalismo immaturo. Prof Carlini studi

by Giovanni Carlini
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Giornalismo, una parola magnifica che ancora non raggiunge la maturità nel suo concetto 

16 anni fa, nel 2000, un personaggio del giornalismo di settore (significa che si dedica a un campo merceologico ben preciso che potrebbe essere il giardinaggio ad esempio come il pet) mi invitò a scrivere i primi pezzi come sociologo dei consumi. Fu, è stata ed è ancora un’esperienza meravigliosa, a cui si è anche aggiunta la corrispondenza dall’estero. Non posso che essere grato al Signor M. e al suo editore d’allora per come mi accolsero tra le pagine delle riviste di settore. Passarono gli anni e sopraggiunse la crisi del 2008 (che in Italia si confermò nel 2009) dalla quale francamente non ne siamo ancora usciti come sistema paese. Credo che manchi ancora un quinto della produzione industriale e dei fatturati di allora. Detto più chiaramente nel 2016, in Italia siamo ancora sotto del 20% rispetto a quanto si produsse nel 2009. Non essere ancora usciti dalla crisi ha pesantemente messo in crisi le riviste di settore, ovvero quelle che si dedicano solo alla plastica come al materiale di pulizia, alle macchine per la lavorazione della carne etc.

A distanza di molti anni dal mio ingresso nel settore, anche per uno scambio d’idee, chiamo in questi giorni un’altro personaggio che conosco bene, ovvero una delle figure storiche del giornalismo di settore il quale con voce glaciale, senza tono, quasi uno zombi, risponde:

  • la crisi che perdura ha portato alla contrazione delle pagine stampate (foliazione)
  • le testate hanno generalmente assunto il personale che non potevano licenziare;
  • il giornalismo di settore a questo punto NON ricorre più a collaborazioni esterne pur se dall’estero.

A tali osservazioni replico:

a) ottima la scelta d’assumere; bravi!

b) come fate a descrivere ai lettori un evento che accade in Canada, ad esempio, senza inviare alcuno della Redazione (quelli assunti). Non è più economico e saggio ricorrere alle collaborazioni esterne?

c) ridurre le pagine (foliazione) è stato un errore quando invece si deve aumentare l’informazione alle imprese per farsi considerare indispensabili e fonte d’idee;

d) voi dite che vivere di pubblicità e lo posso capire (non condividere perchè credo sopratutto nel potere delle idee e quindi nell’abbonamento) ma allora perchè ci si limita a delle forme di pubblicità mediocri e a basso profilo espressivo come quelle usate fino ad ora, senza lanciare un nuovo modello pubblicitario (più esplicativo e coinvolgente verso il pubblico)?

La risposta è stata:

la crisi che perdura ha portato alla contrazione delle pagine stampate (foliazione)
le testate hanno generalmente assunto il personale che non potevano licenziare;
il giornalismo di settore a questo punto non ricorre più a collaborazioni esterne pur se dall’estero.

In pratica un dialogo tra sordi. Ecco quello che sto sperimentando in questi ultimi tempi e applicato anche al giornalismo di settore: il silenzio. Le Redazioni non parlano e pubblicano articoli mediocri, dove gli “assunti” si spostano al massimo in Veneto per descrivere cosa accade, ma non scrivono idee e concetti, perdendo la funzione di creazione del pensiero. ECCO LA MISSIONE TRADITA DAL GIORNALISMO DI SETTORE, anche quello del verde urbano (landscape) e del pet.

CI SI LIMITA AL BASSO PROFILO. Il mio interlocutore telefonico mi dice in chiaro che COPIANO IDEE DAL WEB, RISPARMIANDO SULLE COLLABORAZIONI ESTERNE (il corrispondente estero) E QUINDI NON SI PRODUCONO LE IDEE VISITANDO, CAPENDO, ESPLORANDO E TUTTE LE TESTATE SI LIMITANO A UNA PUBBLICITA’ BANALE, CHE POTREBBERO ANCHE NON STAMPARE PERCHE’ COSTOSA QUANTO INUTILE.

Spesso vengono pubblicati articoli solo tecnici che restano sempre un sospiro sospeso nell’aria, perchè sganciati dal marketing e dalla pianificazione dei costi, quindi pura letteratura tecnica. Probabilmente è bene che falliscano queste testate. Un vecchio editore mi disse: potremmo scrivere una volgarità ripetuta 3 vole che nessuno se ne accorgerebbe. La mia risposta fu: perchè non cambiamo? ECCO IL PUNTO, AL GIORNALISMO DI SETTORE MANCA ANCHE LA CAPACITA’ DI CAMBIARE (aggiornarsi). Peccato. 

Cosa si dovrebbe fare per rilanciare il giornalismo di settore?

  • nuovo modello pubblicitario per spiegare più che solo mostrare (serve educare il lettore più che solo lasciarlo sfogliare la rivista)
  • articoli trasversali che siano tecnici, ma contestualizzati nei modelli di costo, risparmio e rilancio delle aziende;
  • l’articolo trasversale deve cogliere allo stesso tempo lo stato della tecnica, del marketing, la ricettività del mercato e le potenzialità per quanto sta illustrando;
  • interviste continue ai lettori (quasi ogni settimana dovrebbe essere richiesto il loro coinvolgimento) quindi tavole rotonde permanenti su temi scottanti;
  • articoli pubblicati sempre in inglese e italiano così la copia della rivista può veramente essere portata nel mondo;
  • versione web della testata;
  • corsi di formazione (formazione continua)
  • una rete costante di collaborazioni nel mondo per offrire ai lettori come evolve il pianeta, senza rubare o copiare notizie dal generico web;
  • promuovere convegni di settore sia by web (cam) che faccia a faccia per chi apprezza partecipare trovandosi sia in Italia che all’estero;
  • analizzare mensilmente l’azienda per rubriche che siano: mercato – aspetti legali – gestione del personale – contenimento costi – ricerca e sviluppo – dal mondo – pareri dai lettori;
  • gestire la Redazione come itinerante nel mondo portando ogni esperienza nella consapevolezza del lettore così rapito e accompagnato “in capo al mondo” (quasi turismo professionale)

Finché questi concetti non saranno capiti, nel pet, nel verde urbano, nel giardinaggio, nell’industria siderurgica, etc…etc.., il giornalismo di settore resterà sempre mediocre.

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