Gennaio 2012 analisi sui metalli e semilavorati condotta dal prof Carlini
A gennaio cosa c’è da attendersi nei prossimi mesi a livello di prezzi
Gennaio; come di consueto ecco il rituale appuntamento di confronto applicato sui prezzi dei metalli di base e acciaio sviluppato su un lasso di tempo di 14 anni. Il concetto per questa scelta è semplice.
Simao entrati nel 12° anno di globalizzazione. Sul che fatto che siano 10 0 di più c’è chi afferma che la globalizzazione sia iniziata nel 1875. In questa sede si taglia la testa al toro! Si considerano 2 eventi: l’ammissione della Cina nel WTO nel 2001 e da quando al LME hanno iniziato la sistematica rilevazione dei prezzi.
Indubbiamente la speculazione ha “sporcato” questo mondo sin dal 2004 anche se, a livello di novità dal dicembre scorso, è in atto una maestosa ritirata di speculatori (banche e fondi) dai metalli di base.
Il ragionamento applicato, in questa sede, per far luce su quanto accaduto e potersi così spingere in una previsione che abbia una qualche base solida di confronto, è ormai noto anche se nuovamente ribadito. Infatti considerando che una media di crescita del prezzo del 5% annuo, sarebbe comprensibile nel corso degli ultimi 14 anni, ogni valore diverso va considerato esposto al rischio di rapidi cali di prezzo perché non sorretto da un base logica. Ne consegue che più è alto questo rischio e meno va approvvigionata o comunque ridotta la giacenza di magazzino per la connessa materia prima, perché da considerare “pericolosa” per la stessa sopravvivenza della ditta.
Il concetto che emerge dalla prima comparazione è che il rame, ad esempio, soffre 4.164 dollari di speculazione per tonnellata in più rispetto a quanto dovrebbe valere, quindi la sua possibile oscillazione è misurabile in questo spettro di valore che si potrebbe azzerare nell’arco di pochissimo tempo, se la recessione si confermasse. La stessa ampiezza di rischio si presenta sul piombo, nichel e stagno. Questo rischio non è credibile sull’alluminio in lega e zinco.
Confrontando gli stessi dati nella loro oscillazione a 30 giorni si notano degli sgonfiamenti di prezzo sul rame, piombo, nichel, stagno e zinco mentre c’è un apprezzamento sull’alluminio che resta comunque un metallo di base sicuro per la gestione di magazzino e nei suoi effetti complessivi sulla finanza aziendale. Si ritiene che la tendenza alla riduzione di prezzo proseguirà nei prossimi mesi, almeno per l’intero semestre 2012.
A dir la verità non si pensa a un’inversione di tendenza prima del 2015 ma non è corretto portarsi oltre il semestre, nelle indicazioni da offrire al lettore di LAMIERA.
Un errore imperdonabile
Uno degli scopi di questa rubrica è anche quello di leggere e selezionare gli argomenti pertinenti per conto dei lettori. Su una rivista scientifica è stato pubblicato a dicembre, uno studio del professore David H. Freedman sui modelli matematici utilizzati in economia.
Nel suo articolo (stravolgente ma per questo poco discusso) il professore afferma che la crisi del 2008 negli USA è stata sicuramente aggravata dall’uso di modelli matematici incompleti negli scenari di base. In pratica è come avere una gran bella autovettura su cui viaggiare alla quale hanno dimenticato di applicare le ruote. Nel dettaglio tutti i modelli matematici in uso in ogni banca o fondo d’investimento, grazie ai quali si decide quando comprare e vendere per conto dei clienti, avevano e hanno ancora i seguenti difetti:
a) non consideravano il fenomeno dell’illiquidità, ovvero la carenza di denaro liquido;
b) non consideravano che potesse fallire una grande banca;
c) non consideravano il rischio sistemico, ovvero una condizione di grave e grande disagio che potesse coinvolgere molte banche e fondi allo stesso tempo, in quanto il modello è stato studiato solo per una singola banca (che ha commissionato il sistema) e i suoi privati e limitati interessi senza coordinarsi con altri modelli e istituzioni. In pratica è quanto accaduto nel naufragio della Costa Concordia, dove anziché coordinazione tra passeggeri c’è stato panico;
d) i modelli non sono stati ancora corretti per cui a gennaio il 2012 c’è un riporto di dati non aggiornati. Il motivo della mancata revisione risiede sia nella complessità degli algoritmi da dover studiare nuovamente, che dai costi di progettazione e dall’incapacità da parte degli economisti nello spiegare ai matematici cosa serve. In pratica non abbiamo ancora figure altamente specializzate di economisti-matematici capaci di riunire in un’unica “visione”, eventi complessi, per spiegare entrambe le discipline. In una parola nessuno ha ancora capito nulla;
e) per i motivi sopra esposti è molto probabile a gennaio che le attuali classi dirigenti perdano il posto, perché hanno esaurito il loro compito. Quindi il Sarkozy non sarà rieletto il 6 maggio e così l’Obama il 6 novembre, entrambi nel corso di quest’anno.
La banca è il problema non la soluzione (questo lo si afferma con più forza a gennaio!)
Non si tratta più di segnalazioni che pervengono in Redazione e alle rispettive Associazioni di categoria, ormai è confermata la rottura tra banche e imprese nello spirito stesso del rapporto tradizionale d’affari. In effetti quest’affermazione potrebbe apparire esagerata e anche forzata, è vero, ma gli interessi spesso speculativi delle banche, non collimano più con quelli di produzione delle imprese.
Da questa frattura, su cui pesa anche una più generale immaturità generazionale, (sono stati portati alla dirigenza bancaria delle persone troppo giovani e ambiziose) si conferma il problema su scala nazionale, di un sistema bancario non più idoneo a svolgere il suo ruolo in un corretto rapporto banca-impresa. Va anche detto però che le stesse imprese mal volentieri adeguano il loro capitale sociale al ruolo che hanno raggiunto sul mercato.
Ne consegue che la “colpa” non è solo delle banche, quando gli imprenditori considerano l’azienda “un lavoro” anziché l’espressione più diretta della loro famiglia e del modo di esistere. Questo vuol dire che un’azienda (se considerata una persona della famiglia) va curata anche quando sta male e questo vuol dire introdurre vitamine nel suo flusso sanguigno (aumento del capitale sociale).
Se un familiare stesse male, anche con una brutta malattia, non sarebbero a sua disposizione tutte le risorse affettive e finanziarie possibili? Se questo fosse vero, qual è la differenza con l’impresa di famiglia? Chiarito come le banche abbiamo mancato al loro ruolo e che gli imprenditori hanno le loro responsabilità, quali reali possibilità si possono applicare in exit strategy?
Le obbligazioni a progetto
In ambito governativo si pensa all’emissione di obbligazioni finalizzate a grandi opere. Quello che può fare lo Stato non è ovviamente pensabile alla PMI ma resta il segnale.
E’ necessario che le imprese imparino a cercare rapporti “privati” con le persone fisiche, al fine di allargare la proprietà dell’azienda o consentire l’apporto di singole persone al capitale (attuando una trasformazione societaria introducendo figure come l’accomandante e l’accomandatario). Solo in un nuovo e inedito rapporto imprese-privati è possibile uscire fuori dall’attuale morsa del credito, che attanaglia il sistema produttivo nazionale ridimensionando il rapporto con le banche.
L’attuale assetto normativo e governativo è ovviamente sbilanciato a favore del sistema creditizio, per cui non è immaginabile una revisione per riequilibrare questi rapporti. Resta fermo però il concetto che oggi un’impresa può chiedere a un privato un sostegno, firmando un regolare contratto soggetto al rigore e verifiche che la legge impone. Questo prestito non si chiamerà obbligazionario o azionario ma solo con il suo effettivo nome: un finanziamento.
Lasciare il comparto
Forse una luce in fondo al tunnel si è accesa a gennaio. I fondi d’investimento, a livello di strategie per il 2012, hanno deciso d’abbandonare il comparto dei metalli. La posizione di questa rubrica è semplice: per un eccesso di speculazione si muore.
La radice della grande crisi aperta, nel 2008 in Europa, (già attiva negli USA dall’anno precedente) ha una solida base nella finanza creativa che utilizza la speculazione come leva. Ovviamente le banche sono le principali imputate del disastro.
Quando si prende atto di una generalizzata ritirata del comparto bancario-fondi-assicurazioni dal settore dei metalli industriali, a cui segue per logica anche l’azzeramento delle manie speculative degli imprenditori, si ottiene un ritorno a dei prezzi in linea con le attese del mercato e forse qualche impresa fallita in meno, per incauti movimenti finanziari non consoni alla natura e allo scopo di un’azienda.