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Finanza Agevolata. Studi ed esempi pratici. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Molte imprese hanno ricevuto dei benefici, altre ne hanno chiesti (la maggior parte) ma non ce l’hanno fatta. E’ possibile fare un punto sulla situazione per capire se la politica di finanza agevolata è realmente una marcia in più per il sistema economico nazionale?

Il sistema della finanza agevolata in Italia (come nel resto dell’Unione Europea) si basa su 3 pilastri:
– quello comunitario;
– l’apporto dello stato;
– la dimensione locale (le Regioni contano per un 95% del totale a cui si affiancano le singole Camere di Commercio e le Fondazioni per un restante 5%)
In linea di massima esiste una sorta di gerarchia non ufficializzata, per cui le grandi imprese si rivolgono a progetti comunitari e statali, grazie alla consulenza di specialisti e le PMI oscillano tra le agevolazioni statali e quelle locali, utilizzando saltuariamente l’apporto del professionista.

La finanza comunitaria

L’intero impegno comunitario ruota intorno al 7° obiettivo. Si tratta di un bando molto ampio e grande nella sua applicabilità, principalmente orientato sulla ricerca applicata. Va riconosciuto come questo progetto stia dando effettivamente i suoi frutti per chi sa essere capace di svolgere ricerca e innovazione all’interno della propria realtà d’impresa. Non che con quanto qui scritto si invitino le imprese a dirottare le loro aspettative sull’ambito comunitario rispetto quello regionale e locale. I più ambiti rispecchiano effettivamente mondi diversi, senza pretendere che una PMI debba per forza di cose agire su un contesto troppo ampio. L’internazionalizzazione è un passaggio non un obbligo.

Bandi statali

In essere ci sono 3 strumenti: il FAR (fondo agevolazione ricerca) che ha in questo momento attivi solo alcuni articoli della legge 297/99 relativi soprattutto a progetti incentrati su filiere tecnologiche finalizzate per aree geografiche tipicamente a vocazione regionale. Ad esempio ci si riferisce nel dettaglio alla meccanica per la Regione Emilia Romagna, come all’aerospazio nel Lazio e ICT (information communication and technology) per il Piemonte. Ai progetti FAR seguono quelli indicati con il FIT (fondo innovazione tecnologia) da cui scaturiscono bandi periodici e infine la legge 488 attualmente in fase di rivalutazione.

Finanza locale

In quest’ambito ci sono le Regioni che coprono la stragrande maggioranza dell’iniziativa a favore delle PMI, attraverso i DOCUP (documenti di unità di programmazione) che rappresentano delle piattaforme assolutamente personalizzate per ogni Regione, comunque indirizzate verso le necessità economiche e tecnologiche dei più contesti locali, su una base più ampia rispetto quanto già previsto in ambito di strumenti FAR All’impegno della Regione s’affiancano Comuni, Camere di Commercio e Fondazioni: un microcosmo di minori opportunità non meno importanti.

Perché ricorrere a un professionista?

Le diverse procedure d’agevolazione non prevedono che l’impresa ricorra all’aiuto di uno specialista (anche se sempre più spesso questa spesa è liquidata all’effettiva erogazione del prestito)
Nonostante ciò l’aiuto di qualcuno oltre a ridurre i tempi di compilazione della domanda, sa consigliare e indirizzare l’azienda. La stragrande maggioranza delle “bocciature”, risiede infatti nel non reale “avanzamento dello stato della tecnica”, insito nel progetto oggetto di finanziamento.

Un guaio: la legge 488 nella finanza governativa

Nel complesso delle leggi in vigore, la 488 non ha saputo rispettare le promesse perché è mancata la funzione di controllo nell’esecuzione dei lavori. Il meccanismo è stato il seguente: un beneficiario provvede a gettare le fondamenta di un capannone industriale, che poi abbandona, ovviamente incompleto (appena lo scheletro della struttura) ricevendo però l’intero stanziamento dei fondi erogati per costruire e avviare un’impresa. E’ probabile che nel futuro non siano più emessi bandi su questa opportunità.

La finanza locale a vantaggio delle PMI

Esiste un grande “arcipelago” di possibilità a livello locale, con bandi che vengono emessi a tutti i livelli dalla Regione fino al Comune e infine la Camera di Commercio. Questo ambito è quello naturalmente eletto per la piccola impresa italiana. Anche perché alcuni finanziamenti comunitari diventano erogabili solo attraverso gli Enti Locali; è il caso dell’obiettivo 2 gestito dalle regioni in ambito di declino industriale.

Cosa viene normalmente rimborsato

La tipologia di spese oggetto di rimborso è molto vasta comprendendo anche i costi del personale addetto alla ricerca, ma ogni aspetto ruota intorno a un’idea. Senza “questa materia prima” non si accede ad alcun progetto di finanziamento.

Perché innovarsi

Se non ci si innova si muore e sicuramente, entro 6 mesi, c’è qualche altro operatore sul mercato che avrà adottato una procedura innovativa abbattendo i connessi costi e prezzi di vendita rispetto quanto attualmente realizzato. Laddove si rimanga indietro in questa corsa significa perdere quote di mercato con una velocità incredibile. Uno dei segreti più importanti del successo industriale tedesco ridiede nella sua capacità di svolgere ricerca & sviluppo a livello di singola impresa. Questo significa che un marchio corrisponde a un determinato standard di qualità che non ha eguali. Un sistema d’innovazione di questo tipo, personalizza il prodotto fidelizzando il cliente in forme nuove a non ancora sperimentate.

L’origine del contenzioso

Va ricordato che è finanziabile un’idea non la parte gestionale dell’attività. Si parla quindi di ricerca applicata (innovazione di prodotto e processo) come lo sviluppo pre-competitivo al mercato.
La stragrande maggioranza del contenzioso e dei malumori sui mancati finanziamenti, dipende principalmente da 2 aspetti:
a) credere d’avere un progetto che consenta d’avanzare sul piano della ricerca e nello stato della tecnica, quando ciò non è vero e meritorio di un finanziamento pubblico;
b) se gli enti che elargiscono le agevolazioni, esauriscono i fondi.
In pratica i motivi di fallimento della domanda sono “uno a testa” tra l’istituzione e il richiedente.
Nel momento che è chiaro, da parte dell’impresa, d’avere in mano “un’idea” e questa è stata riconosciuta dentro un bando di finanza agevolata, possono accadere 2 cose:
– il bando richiede esattamente un tipo di progetto che migliori lo stato della tecnica in un certo settore e non in altri o per determinati aspetti specifici;
– il bando è generico (normalmente di finanza locale) accettando qualsiasi idea purchè migliorativa in senso lato.

E’ palese che per le piccole imprese italiane, quelle fino a 10 dipendenti è più conveniente indirizzarsi sui bandi di finanza locale, anziché nazionali e comunitari, perché maggiormente aperti alla libera espressione creativa d’impresa. Nel contesto dei problemi:
– la burocrazia è un grosso problema, ma senza di essa poi si scade come accaduto con la 488;
– quando i fondi stanziati vengono distratti per altre necessità (come la cassa integrazione che drena ingenti quantità di denaro da ogni parte) In questo caso non viene chiuso il bando, ma le elargizioni slittano di semestre in semestre mettendo a dura prova la pazienza dei richiedenti;
– quando l’impresa non ha i soldi per completare tutto il progetto e attende il finanziamento dall’ente erogatore. E’ saggio considerare questa possibilità come un’aggiunta e non come la condizione per proseguire. Molti progetti sono rimasti a metà proprio perché incautamente gli imprenditori non hanno saputo organizzarsi.
– il concetto trasparenza, ovvero di contradditorio per chi è rimasto escluso è valido solo a livello nazionale, dove effettivamente si discute. Resta assente in ambito comunitario e locale. Infatti serve precisare quanto questo strumento non abbia portato a nulla negli ultimi anni; quindi contestare non modifica ciò che era già stato deciso, nel giusto o errato che sia.
– in una situazione così complessa è saggio rivolgersi a un professionista.

Il caso

Alla Regione Lombardia, Direzione Generale Attività produttive, Servizio incentivazione allo sviluppo è pervenuta a più stadi di elaborazione e sempre più perfezionata sulle direttive dello stesso Ente Locale, una richiesta di finanziamento il cui oggetto è: innovazione nel campo delle biotecnologie.
Una ditta di Varese, la Floricoltura Lago Maggiore, con una trentina di dipendenti nota in Europa per i suoi 50mila metri quadrati di coltivazione di camelie sul lago di Varese, decide, grazie a un consulente, d’aprire a nord di Milano un centro dove sia possibile osservare tutte le possibili forme di biotecnologie applicate alla casa e ufficio. Una realtà di questo tipo in Sud Europa non è ancora stata realizzata. Ci sono degli esempi in Germania, Francia e Gran Bretagna ma non di più.
L’idea nell’ambito di un garden center d’ampie dimensioni, nello stile della GDO è quella di staccarsi completamente dall’abitudinario, aprendo una sezione dove sia possibile “toccar con mano” soluzioni del tipo:

a) riciclo e purificazione delle acque domestiche (per villetta) dove con un numero limitato di alberi (in genere un filare di 4) e una vasca di decantazione sia possibile riciclare l’80% del consumo d’acqua per una famiglia. In questo caso si parla di biofitodepurazione per cui il recupero delle tradizionali funzioni dell’acqua si innesta nell’integrazione con quelle piovane;

b) innovazioni tecnologiche nell’ambito dell’evacuazione di fumi, vapori e gas dagli ambienti per mezzo di piante assorbenti;

c) utilizzo d’interruttori elettrici in grado d’assorbire la polvere che si deposita sui mobili in un ambiente chiuso;

d) la climatizzazione d’ambiente in luogo dell’aria condizionata con piante d’appartamento (ipotesi per le banche dove la compartimentazione degli ambienti tra entrata, ricevimento e salone consente la progressiva riduzione dalla temperatura esterna in periodo estivo)

e) la sostituzione dell’illuminazione elettrica di giorno in uffici o appartamenti, grazie all’impiego di “sole tube” ovvero dei tubi coassiali, che convogliano la luce solare su una scrivania, ricreando un’intensità di luce necessaria a leggere senza l’uso della corrente;

f) nuove tipologie di costruzione di un parcheggio a verde, garantendo la traspirazione del terreno (blocchi di cemento del tipo alveare, quindi aperti e dotati della sola struttura perimetrale, interrati generando un prato armato dove il suolo non è soffocato)

g) in senso specifico l’opera nel suo complesso, avrebbe avuto la finalità d’offrire un contributo alla definizione pratica di un’abitazione eco compatibile, consegnando al visitatore una nutrita gamma d’applicazioni.
La richiesta di ben 3,1 milioni d’euro, ai sensi dell’articolo 7 della Legge Regionale 35/96 misura E1 si inseriva in un investimento più complesso di 4,1 milioni.. In pratica la Floricoltura Lago Maggiore ci avrebbe mezzo il “know how” e la differenza in denaro, a fronte di un forte impegno pubblico per un’iniziativa a favore della comunità, offrendo quanto non oggi esistente in Italia.
Ebbene questa “monumentale” documentazione, basata su quasi 300 pagine arricchita con 23 allegati, analisi di bilancio della Floricoltura degli ultimi 3 anni, il budget e quindi il piano di marketing, gli stessi atti di compravendita del terreno sul quale realizzare il centro commerciale, sottoposti alla visione della Regione Lombardia non hanno prodotto nulla.
Solleciti per le vie brevi, hanno convenuto che: l’istanza non è stata presentata con l’adeguata modulistica. A fronte di ciò è stata prodotta una sintesi di quanto già depositato sui moduli previsti dalla normativa.
Nuovamente l’istanza si arena. A questo punto viene scritta una lettera di protesta al Presidente della Regione Lombardia, l’On. Formigoni, grazie alla quale, finalmente si viene convocati per acquisire il seguente dato: per la sua complessità è opportuno che la documentazione sia indirizzata direttamente in ambito comunitario. Ovviamente la Regione conclude l’iter con la seguente lettera: “…il Comitato tecnico non ha ammesso la Vostra domanda all’istruttoria finanziaria, in quanto la Società richiedente non rientra nei beneficiari dell’art 7 della legge 35/96”. Tradotto in termini concreti un’impresa agricola, seppur delle dimensioni di questa realtà, che coltiva la terra da cui ottenere prodotti da commercializzare nei suoi garden center, non può passare alla biotecnologia. Tenacemente l’impresa invia il tutto alla UE, XII divisione, la quale risponde che l’intera istanza è stata acquisita agli atti. Sono passati 5 anni.
Con il “senno di poi” molte cose verrebbero oggi fatte in forme diverse, resta però un punto; il Sud Europa è ancora privo di un centro pilota in grado d’esporre l’intera gamma d’innovazione nel campo della domotica e biotecnologie in grado non tanto di “fare ricerca” bensì d’esporla al consumatore finale, che solo così vede e capisce cosa dovrebbe acquistare per elevare la qualità della sua vita in casa e al lavoro.

Area interviste

Chi ritiene il sistema non trasparente: il Signor Luca Serafini, imprenditore

Domanda: ci può raccontare la sua storia?

Serafini: Cinque anni fa rimasi disoccupato. Fortunatamente essendo un buon capo tecnico operatore CAD e CAM, riuscii a ottenere prestiti dalle banche, garantiti anche dai miei ex fornitori consentendomi il lancio di un’attività nel settore manifatturiero. Per questo motivo ho creduto e mi sono affidato ai fondi europei, suggestionato da un’intensa campagna pubblicitaria sull’argomento.
La finalità dei progetti era ed è ancora nel lanciare le nuove imprese, per cui avendo 33 anni e con un passato da disoccupato mi consideravo favorito (sulla carta)
In pratica all’atto della formulazione dell’istanza, ho scoperto che bisognava avere un’attività già avvitata da anni, con bilanci non in perdita negli ultimi 3, avere un certo numero di dipendenti, essere in possesso di macchinari nel ciclo di produzione senza con ciò avere debiti nello stato patrimoniale, quindi godere di una sede aziendale e possibilmente dipendenze estere (Russia, Cina, Messico o India). Praticamente i “Fondi Europei per le nuove imprese” sono stati accaparrati dalle grandi industrie già esistenti e divisi equamente per logiche politiche.

Domanda: cosa ha imparato da questa vicenda?

Serafini: Da questo iter ho imparato quanto si è fortunati a “nascere italiani”, ovviamente questa è ironia pura, perché se avessi dovuto adempiere a ogni passaggio per avere un aiuto, francamente non avrei aperto nulla. Penso invece alla Germania e agli Stati Uniti dove contano le idee più che il capitale di partenza.

Domanda: ha proseguito nel sottoscrivere altre istanze di finanziamento?

Serafini: Non ho potuto partecipare a nessun bando, perchè erano e sono strutturati in modo tale che solo con conoscenze ad hoc si può partecipare.

Domanda: ha qualche consiglio?

Serafini: L’unico che posso dare alle altre imprese è: non contare su nessun fondo.

Domanda: constatando l’insuccesso si è rivolto a un professionista o associazione per farsi aiutare?

Serafini: Si, mi sono rivolto a un professionista e anche a un’associazione di categoria a cui devo essere molto grato, ma la risposta è stata sempre la stessa: senza santi o amici su cui contare, non conviene perdere tempo con domande, ti farai solo il fegato grosso e butterai soldi.
La voce del professionista. Marco Bianco, consulente nella preparazione delle domande per la finanza agevolata. Conclusa la laurea in chimica il dott. Bianco ha lavorato inizialmente in due aziende manifatturiere e poi in un centro di ricerca applicata dove, negli ultimi anni, ha diretto il settore dei progetti di ricerca e delle relative domande d’agevolazione. Dal 2006 lavora in questo campo come consulente libero professionista.

Domanda: perchè è conveniente affidarsi a uno specialista nel presentare le domande di finanziamento per bandi locali, nazionali e comunitari?

Bianco: Innanzitutto perché uno specialista è a conoscenza di quali sono i bandi aperti in quel momento e può quindi suggerire quello più opportuno per lo specifico progetto, che l’azienda ha in mente. In secondo luogo perché si evita di dover prendere dimestichezza con i numerosi dettagli, tecnici e burocratici, legati alla preparazione e all’invio di una proposta: quest’ultima viene discussa e impostata con il consulente, che pensa a preparare tutti i documenti tecnici e formali richiesti e inoltrarli all’ente finanziatore. Questo vale soprattutto per le PMI, che spesso non hanno il tempo e le capacità per gestire tutti gli aspetti collegati alla preparazione di una proposta.

Domanda: quanto costa un intervento di questo tipo?

Bianco: Non c’è un costo fisso, però si può dire che generalmente è una percentuale del finanziamento a fondo perduto che l’azienda ottiene, che può variare dal 5% al 10% in funzione della quantità e della difficoltà del lavoro necessario per la presentazione della domanda e la successiva gestione progettuale. Nel caso di bandi che invece hanno come incentivo unicamente un prestito a condizioni agevolate, il costo può essere rapportato alla convenienza che l’azienda ha rispetto a un prestito a condizioni di mercato, oppure alle ore effettivamente necessarie al consulente per lo svolgimento dell’attività in questione.

Domanda: dove si rintracciano queste persone, c’è un Albo?

Bianco: Non c’è un Albo nazionale dei consulenti specializzati nel presentare proposte di finanziamento. Una soluzione efficace per rintracciarli consiste nel rivolgersi alle associazioni di categoria, che spesso hanno una loro lista di consulenti operanti nel territorio, dove l’azienda opera e che, salvo eccezioni, sono in grado di suggerire persone serie e competenti.

Domanda: come si riesce a capire la professionalità di un serio consulente in questo settore?

Bianco: Come in tutti i mestieri la professionalità è fatta di tante cose. In questo campo c’è innanzitutto la capacità di capire se l’idea proposta è pertinente con un certo bando, quindi redigere in modo completo ed efficace la proposta, sia nell’aspetto tecnico che in quello economico e di padroneggiare gli strumenti d’invio telematico, visto che ormai tutte le domande vengono inoltrate in questo modo. Un parametro che può essere indicativo della serietà è la disponibilità del consulente a operare “salvo buon fine”, ovvero legare il proprio compenso all’effettivo ottenimento del contributo o del finanziamento: questo è un ottimo incentivo a lavorare con efficienza.
L’imprenditore soddisfatto: Silvio Corino
Dopo il conseguimento del diploma di perito elettronico, l’imprenditore Corino è entrato in Magneti Marelli, dove ha sviluppato alcuni importanti dispositivi di controllo per l’automotive. Dal 1999 lavora presso Pegaso srl, PMI operante nel campo della progettazione elettronica hardware, software e firmware nei settori automotive, domotica, industriale generale, con funzione di Direttore Tecnico. Dal novembre 2010 è diventato co-titolare dell’azienda.

Domanda: può raccontarci la sua esperienza?

Corino: Abbiamo presentato, nell’ambito di un bando per PMI della Regione Piemonte, una proposta per sviluppare un dispositivo innovativo d’ausilio alla guida di un’automobile da parte di persone disabili. E’ stato gratificante trasformare l’idea in un progetto e, dopo qualche mese d’ attesa, scoprire con sorpresa, che una piccola impresa come la nostra, aveva la possibilità di realizzare, in collaborazione con un prestigioso ateneo e grazie all’aiuto di un finanziamento pubblico, un progetto con un forte impatto a livello sociale.

Domanda: da questo iter felice cosa ha imparato e cosa non rifarebbe nuovamente?

Corino: Abbiamo potuto imparare e apprezzare quanto possa essere stimolante e gratificante in termini di ricchezza aggiuntiva, per una piccola realtà come la nostra, la collaborazione con organismi di ricerca qualificati, che nella fattispecie sono stati i dipartimenti di Meccanica e di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Torino, dove abbiamo trovato disponibilità e competenza. Cosa non rifarei? Alcune valutazioni non del tutto corrette nella fase di preventivazione dei costi della ricerca.

Domanda: si considera un miracolato o è solo pervenuto alla giusta conclusione dopo un serio lavoro?

Corino: Non penso proprio che la nostra azienda sia stata miracolata. Piuttosto direi che abbiamo saputo descrivere bene, in termini d’obiettivi e ricadute, la nostra idea e il relativo piano finanziario: questo è testimoniato dal fatto che, su 60 aziende che hanno presentato una proposta nell’ambito del bando regionale a cui abbiamo fatto riferimento, solo 27 sono state finanziate.

Domanda: come le è venuta l’idea di partecipare a un bando di finanziamento e quali consigli potrebbe dare alle altre imprese?

Corino: Da tempo ambivamo a sviluppare questo progetto, ma non avevamo le risorse per farlo in autofinanziamento. Abbiamo quindi deciso di partecipare, per la prima volta, a un bando di ricerca regionale e per questo ci siamo rivolti a un professionista del settore: la concretizzazione è avvenuta grazie a lui, che ha creduto nella nostra idea e ci ha guidato con successo nella presentazione della domanda. Il consiglio che mi sento di dare è proprio quello d’avvalersi della collaborazione di un consulente fidato, in grado di valutare le possibilità di finanziamento delle idee che nascono in azienda.
La voce del Presidente d’Associazione: l’imprenditore Guido

Giasini della UCISAP (stampisti d’Italia)

Giasini: Nell’attività della mia impresa abbiamo deciso di sviluppare un progetto di ricerca attraverso agevolazioni ottenibili in credito d’imposta. Si tratta di una procedura resa accessibile mediante un “click day”, ovvero un accesso elettronico per un plafond predeterminato di fondi disponibili a partire da una certa data e orario. La nostra domanda registrata dopo il 37° secondo è risultata vana, perché giunta a fondi esauriti.
I meccanismi d’agevolazione gestiti in questo modo, non aiutano di certo le imprese, dato che si opera senza nessuna certezza e chiarezza. Abbiamo proseguito comunque il nostro progetto autonomamente, pur con l’amaro in bocca. Se è vero che dobbiamo favorire l’innovazione e il miglioramento della competitività delle nostre imprese in Italia e in Europa, credo si debbano ripensare certi meccanismi. Lanciando una proposta chiedo: perché non utilizzare la detassazione degli utili aziendali che vengono reinvestiti in azienda ?

Conclusioni

Il sistema è imperfetto, ma cosa non lo è nella vita reale? Come tutti gli aspetti complessi anche questo va affrontato con metodo e tenacia. Se la presenza di un professionista è indispensabile serve anche che il progetto sia innovativo. Privi di questi parametri indipendentemente dalla dimensione d’impresa e dal tipo di bando scelto (comunitario, statale come locale) è saggio non chiedere alcunché. C’è infine un altro particolare da considerare. Se veramente si crede in quello che si fa, la finanza agevolata è solo un di più in grado di facilitarne la realizzazione. Buon lavoro.

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