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Filippo II di Spagna. Lezione di storia agli esami. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Filippo II di Spagna colui che rovinò l’Italia con la dominazione spagnola

Filippo II di Spagna rappresenta una mia domanda abituale agli esami. Chiedo sempre chi sia quel personaggio che nel Cinquecento si ostinò a volgere i sui interessi sul Mediterraneo anziché all’Atlantico, trascurando i nascenti spazi commerciali, politici e militari, che si andavano delineando verso le Americhe.

Su questo piano mi sento preso in causa perché, essendo molto critico verso la Cina e ogni sua importazione verso di noi, potrei rischiare di “sbagliare la rotta”. Filippo II di Spagna insegna. Mi è servito quindi un esame di coscienza per ristabilire se sono anch’io vittima di un errore di valutazione, o c’è qualcosa di più sostanziale, nel mio tagliare fuori questo paese dal futuro.

Dopo approfondita riflessione, ritorno nella consapevolezza che una dittatura ha sempre i giorni contati, per cui proseguo a considerare non seria l’opzione Cina, in quanto monotona dittatura comunista, per di più anche minacciosa e arrogante verso il mondo.

Il No alla Cina è quindi ragionato. Ne consegue che da ogni contatto commerciale, politico, strategico, per quanto mi riguarda, quel paese è sotto embargo. Chiarito che sono nemico della Cina comunista, ma aperto a una Cina democratica, passo in rassegna i verbali d’interrogazione degli studenti e vedo quanto misere siano state le risposte, rispetto a ciò che ci si attendeva!
In effetti la qualità della conoscenza dei nostri studenti (non è possibile che il corpo docenti degradi così rapidamente) è sempre di meno, in pratica si può affermare che la quantità d’ignoranza (a cui ne consegue il nervosismo come atteggiamento) siano in esponenziale crescita. Si è vero, ho correlato l’ignoranza al disagio sociale e quindi al nervosismo-ansia.

Infatti meno concetti si hanno in testa e più la vita è vissuta in condizione di disagio, ovvero d’inferiorità a cui si risponde con quote crescenti di conflittualità sociale e personale.

La differenza, nel concetto di ignorante, tra i primi decenni del XX secolo (il 1900) e oggi, è sostanziale. Allora si sapeva d’essere ignorante e si accettava questa inferiorità, cercando con impegno e determinazione, di migliorare. Oggi si sa di non conoscere, ma non lo si vuole ammettere, reagendo con rabbia e presunzione a ogni confronto.

A una società occidentale malata d’arroganza e non padronanza dei concetti di base, più riscontrabile negli adulti che nei ragazzi, quale forma di governo è possibile se non una dittatura? Ecco che il cerchio si stringe. Se la Cina resta “il male”, i suoi germi di dittatura sono ben applicabili alla povertà esistenziale di un occidente che non sa. Un po’ come il cane che si morde la coda. Tornando all’ignoranza dei genitori, incontro padri e mamme che dicono:

– certo che voi professori avete delle belle pretese: dovremmo noi coppia vederci anche un film con nostro figlio?

– ma lo sa che le autostrade d’Italia non le so neppure io e lei le pretende da mia figlia?

– una mamma telefona al Preside e dice: quel tal professore soffoca mia figlia, pretende che studi e sappia le argomentazioni spiegate in classe. Ma non sono mica macchinette i nostri figli!

– spunta fuori anche quel Preside, che per evitare di trovarsi in urto con i genitori, pressa l’insegnante affermando: non è vero che lo studente rumeno stava copiando dal vicino di banco, guardava solo il lavoro degli altri. Contestandolo, il docente ha dimostrato d’essere un razzista.

La scuola, con questo allievo, non ha mai avuto difficoltà, mentre ora con un professore più rigido che gli ha dato solo una sufficienza è diventato irritabile.

Se questo è il materiale umano a disposizione della Nazione, vediamo cosa accade nelle imprese. Qui i problemi sono di doppia natura. Imprenditori con bassi profili formativi (il 30% di nuove aziende dirette da diplomati fallisce nei primi 12 mesi) hanno a che fare con maestranze poco formate. Insomma ci troviamo in un ambito da “tempesta perfetta”!

Quanto qui descritto, chiariamolo subito, è antipatico da leggere quanto scriverlo, ma il problema c’è e va affrontato che piaccia o no. La soluzione si chiama formazione permanente, gli effetti si vedono sulla produttività e quindi quale ricaduta di fatturato e risultato economico, da cui deriva anche l’ambiente sociale in azienda. Un contesto lavorativo sano, abbatte la conflittualità e rende accettabile essere disponibili per quelle 8-10 ore, che ogni giorno si passano fuori casa. In fondo, litigare meno consente anche ridurre l’invecchiamento mentale e fisico. Potrà anche sembrare assurdo, ma la qualità di vita, sia personale che lavorativa, è influenzata dal livello culturale, che comprimendolo, riduce il gusto nel donare e saper ricevere un sorriso.

Qualcuno potrebbe allora dire: ma gli ignoranti non sorridono? Certo che ridono (troppo) ma non capiscono perché essere fedeli nella vita, perché educare i figli, perché rinnovarsi nell’amore, siano concetti essenziali quindi allargare il fatturato, cercare buone occasioni di mercato, dipendenti intelligenti, idee da offrire/ricevere/produrre.

Buon lavoro

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