Evasione fiscale: parliamone
E’ probabile che le idee qui contenute non saranno mai pubblicate restando un mio appunto personale di riflessione. Ragionando sull’apparato fiscale italiano (e non solo) di questi ultimi anni e del conseguente rapporto con il cittadino, viene da pensare che le tasse allo Stato non possano essere motivo di reato penale per i seguenti motivi:
– le tasse sono un contributo per far parte di una comunità nella quale non si è automaticamente inseriti! Cerchiamo di capire questo concetto. Uno studente nella scuola pubblica, costa alla comunità 6.500 euro all’anno, ma la famiglia non ne spende più di 100. Chi deliberatamente decide d’abitare in Italia, ma non vuole pagare le tasse, tranquillamente dovrebbe sostenere l’integrale costo che i servizi richiedono (per inciso, un anno di scuola privata costa 3.500 euro al pari di un anno di tasse universitarie in Università Cattolica a Milano). Il ragionamento si estende alla bolletta della luce, gas, ricoveri ospedalieri etc. Nel caso si decida di sentirsi parte di una comunità nazionale e si voglia pagare il ticket d’ingresso, allora ecco che il pagamento delle tasse ha un senso per accedere alla Società e ai suoi benefici;
– non a caso ho parlato di comunità nazionale, perché le tasse vanno allo Stato e tutto questo in era di globalizzazione. Qui serve un ragionamento sull’evasione fiscale.
– La globalizzazione. Personalmente ritengo che la globalizzazione abbia peggiorato la qualità di vita in Occidente, per cui sono ostile a qualcosa che così non funziona inoltre non penso affatto che il processo sia irreversibile. Comunque, in era globalizzata ci troviamo ugualmente con lo Stato Italiano (e non solo) a caccia dei soldi dei suoi cittadini all’estero? E con quale criterio d’opportunità? Proseguendo il ragionamento, incluso il concetto che la tassa è un biglietto d’ingresso in un club esclusivo (la Società) e che in era globalizzata parlare di frontiere e Stato nazionale è decisamente anacronistico, la conclusione è semplice: il non pagamento del biglietto d’ingresso in un ambito riservato non può essere penale, al massimo comporta una sanzione amministrativa!
– In effetti si può discutere nel momento in cui, facendo un esempio, uno spettatore che è dentro il cinema, guardando lo spettacolo non ha pagato il biglietto. Che si fa, lo si arresta? Casomai paga il biglietto con una multa o lo si allontana dal godimento del servizio per cui non avrà più accesso al club esclusivo pagando da solo i servizi che vorrà.
– Concludendo questo ragionamento destabilizzante per l’intero apparato repressivo statale (agenzia delle entrate, equitalia, polizia tributaria con annessi tribunali e nessi comunali) se la globalizzazione non è affatto scontato che sia un processo non reversibile (basta una guerra per fermare tutto) sicuramente è irreversibile la conquista della personalità, per ogni donna e uomo, nella società Occidentale (tale non è nelle dittature asiatiche o nei regimi autoritari dell’Africa e in America Latina). Avere personalità significa poter scegliere e questo vuol dire avere l’autorità e la libertà d’affermare pubblicamente se si voglia o no far parte di una comunità benché luogo di nascita. Nel caso si sia di nazionalità italiana, ma non nello status di cittadini, perché non si vogliono pagare le tasse, assorbendo tutti i maggiori costi e oneri, dov’è il problema? E non solo.
Se si fosse anche cittadini (con dovere e diritto di pagare le tasse) e questo obbligo non fosse stato completamente assolto, essendo la tassazione una scelta di adesione, dov’è il reato?
Ne consegue ovviamente l’illegalità da parte del fisco nel ricercare dove i fondi dei cittadini siano collocati per esclusivi fini fiscali, lasciando invece motivata e corretta quella ricerca per scopi di polizia, laddove i fondi nazionali o esteri, siano strumento finanziario per azioni di crimine, terrorismo e altri atti destabilizzanti la nostra civiltà.
Ovviamente queste riflessioni sono destinate a restare nel mio blocchetto d’appunti.
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