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Un distretto industriale siderurgico di nicchia e globalizzato

by Giovanni Carlini
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Distretto industriale siderurgico italiano.

Un bel distretto industriale siderurgico. Ebbene si! Come italiani siamo riusciti a lanciare un distretto industriale globalizzato (il primo nel suo genere al mondo) partendo dal settore siderurgico e meccanico.
Alleluia!

Dopo l’innovazione di processo alla Arvedi, di qualche mese fa, ecco oggi conclamarsi una novità nel campo dell’integrazione sinergia tra imprese.

Mi è stato il concesso il privilegio e l’onore di poter celebrare questo evento, narrandolo a tutta la comunità siderurgica nazionale. Veniamo al dunque.

9 imprese, piccole o medie, operanti nei servizi di deformazione dell’acciaio e distribuite per la maggior parte in Italia (cinque) ma anche negli USA, Francia, Germania e Svezia, costituiscono il Calvi Network steel profiles. Ogni realtà produttiva mantiene la sua più completa autonomia, pur contribuendo sinergicamente con le altre. Al Network Calvi piace considerarsi l’unico gruppo al mondo avente per core business la realizzazione di profili speciali in acciaio.

Al concetto distretto (gruppo coeso di piccole imprese in sinergia su un asse produttivo, sfruttando una concentrazione geografica) la Calvi ha infatti risposto con la parola “network”, svecchiando la terminologia e adattandola al momento storico (un’era globalizzata).

Passiamo ora alla parte tecnica. Il “core business” è in mercati di nicchia, soddisfacendo i fabbisogni dei clienti mediante tecnologie tradizionali (Laminazione, Estrusione e Trafilatura) applicate in maniera “innovativa” ed utilizzando know-how sofisticati che rappresentano il vero patrimonio di singole imprese dotate di un ampio retaggio storico. In pratica il concetto è semplice. In un mercato globale ad alta-altissima competitività sui costi e prezzi, le PMI siderurgiche tendono a scomparire, inghiottite dagli assetti sinergici dei grandi gruppi, i quali spesso non sono in grado di curare la nicchia (per ora). Al fine di garantire un futuro anche al piccolo e tecnologicamente motivato, la risposta è stata quella di creare un network (distretto globalizzato) dove il gruppo Calvi opera sul mercato acquisendo lavoro da gestire insieme.

Sul piano dei numeri il Network Calvi nel 2009 ha ottenuto ricavi per 200mila euro che sono diventati 233mila quest’anno conquistando un incremento del 17% contro il calo fisiologico subito del 50% se i raffronti fossero fatti sul 2008. Nel 2011 si pensa a una crescita del 12% confermando quanto quest’anno sia ritenuto se non difficile, sicuramente problematico.

Qui però si pare una parentesi.

Qualcosa è cambiato nel distretto industriale e nel mondo siderurgico.

Seppur l’anno si è concluso meno peggio, rispetto a come ci si poteva aspettare, non solo il 2011 ma l’intero quadriennio fino al 2015, è destinato a restare “turbolento”.

Le motivazioni che mantengono problematico questo secondo decennio del nuovo secolo, non si limitano solo alla “crisi finanziaria ed economica” in atto dall’estate 2008.

In realtà è cambiato il modo stesso di fare affari, di produrre, di chiedere le merci e d’interfacciarsi sul mercato. Si può dire, con poche parole, che è stato avviato un cambio generazionale nel gusto delle persone per il consumo di beni e servizi.

Il difficile non è capire questi concetti, ma stabilire le nuove regole. Ecco il punto. Nessuno ha in mano, in questo momento, “la formula” per capire cosa dire, fare e produrre per restare sul mercato con un tornaconto, tale d’assicurare una crescita nel tempo. Intanto 30 aziende al giorno chiudono in Italia. Nel 2010 i fallimenti sono cresciuti, rispetto al 2009, del 23% raggiungendo le 8.000 dismissioni nel solo periodo gennaio-settembre.

Perché si fallisce?

Leggendo i dati del Cerved (informazioni professionali per le imprese) emerge che chiudono l’attività soprattutto imprese del settore industriale. Infatti l’incidenza dei fallimenti sul comparto (definito Ir, “insolvency ratio”) ha toccato quota 31,7 (calcolato su 10mila imprese) che non ha alcun confronto con gli altri settori produttivi attestati su un indice di 13,9.

Nella ricerca delle soluzioni spunta il Network Calvi, capace nella sua semplicità, d’offrire una risposta che, a giudicare dai numeri, sta in piedi.

Chi sono i clienti del Network Calvi?

Non esistendo un catalogo dei prodotti ma soluzioni da studiare e adottare di volta in volta, in realtà più che clienti in senso classico, si determina spesso di una forma di partenariato: chi si rivolge a questa realtà è ad esempio, un costruttore di turbine che richiede un profilo speciale trafilato in barre per realizzare a sua volta una paletta statorica, sostituendo cioè fasi di lavorazioni di macchina utensile con un servizio di deformazione mediante trafilatura di profili speciali con beneficio diretto in termini di contenimento costi, riduzione dei lotti, del work in progress e degli stock.

Forse andrebbe chiarito più a fondo come interagisce la Direzione con le singole realtà operative sparse tra l’Europa, l’Italia e gli Stati Uniti. Anche qui c’è la novità. Il “capo” non c’è. Più che un vertice gerarchico nella struttura decisionale, è in servizio un coordinamento strategico autorevolmente in grado di dialogare con tutti, spingendo questa nuova realtà in un mondo tutto da scoprire e perseguendo regole originali. Se volessimo chiederci dov’è il segreto di questa esperienza lo si troverebbe semplicemente qui: l’know how nel Network Calvi è manageriale.

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