Dieci febbraio 2010: osservatorio sulle condizioni economiche dell’industria degli stampi
Riferimenti estratti al dieci febbraio 2010:
www.toolox.com/surcharge.htm
http://www.lme.co.uk/
http://www.tokaicarbon.co.jp
Il quadro generale al dieci febbraio 2010
Alla cena di fine anno del direttivo Ucisap
Uno dei passaggi che mi ha particolarmente colpito di quanto il Presidente della Ucisap mi ha detto nella cena di fine anno, è così riassumibile: …”prima il lavoro ci veniva a cercare, adesso dobbiamo muoverci”.
Darsi una mossa: cercare nuovi mercati
Un’impresa, qui presa a titolo d’esempio, comunque reale, descrivendo un’esperienza vissuta, si trova a corto di lavoro e ancor peggio di liquidità, con l’export non in grado di sostituire le commesse nazionali. Ovviamente deve, per forza di cose, tentare il tutto per tutto. Dopo ben 10 mesi di trattative “svolte a distanza” grazie a un intermediario d’affari libico residente in Italia, si è aperta una prospettiva che dovrebbe giungere a una forma di conclusione. Armati di coraggio, il titolare dell’impresa, con un italiano nato in Libia nel ruolo di interprete e un signore settantenne esperto di trattative con l’estero (Cina, Asia e Americhe) partono per una settimana di visite da sviluppare in quel “scatolone di sabbia” come fu definita 70anni fa la Libia.
La partenza avviene con la compagnia libica di bandiera, perché l’Alitalia non è conveniente su prezzi e giornate di viaggio. Dopo aver ricevuto i visti dall’ambasciata libica in Italia (in questo l’intermediario libico, residente nel nostro paese, è utile perché acconsente che la squadra sia “chiamata” dal paese arabo, anziché vi si rechi di sua iniziativa. Ciò significa ottenere i visti in pochi giorni e svolgere il tutto on line)
Così partiti, “i ragazzi” avviano una serie d’incontri che hanno le seguenti caratteristiche:
– non prima delle 11 del mattino è possibile iniziare il lavoro;
– i più incontri con lo stesso cliente, svolti su più giorni, ogni mattino rincominciano da capo, praticamente azzerando quanto concordato il giorno prima. Per limitare-contenere questo modo di fare, l’imprenditore italiano, trascrive i diversi passaggi concordati, innervosendo non poco i corrispondenti libici, che si trovano con uno spazio limitato di manovra nelle loro esercitazioni verbali;
– di fatto l’intermediario libico residente in Italia si limita solo a far incontrare le parti, ma nel corso della trattativa sono gli italiani a trattare ogni passaggio;
– giunti verso il termine della settimana di viaggio (siamo a mercoledì sera, in quanto il venerdi corrisponde alla nostra domenica) colpo di scena! Non è possibile svolgere affari in Libia se non tramite un proprio ufficio (costo di realizzazione 25mila euro) o per mezzo di una joint venture o infine, attraverso un intermediario libico;
– interpellato l’addetto commerciale italiano presso la locale ambasciata, emerge che la normativa locale per gli affari internazionali, ha uno sviluppo “giornaliero”, dove le norme si accavallano una sull’altra. Nonostante questa “evoluzione” delle legge, grazie a diversi contatti è possibile individuare un intermediario locale, che si offre senza richiesta di alcun compenso economico, nel ruolo di agenzia a patto che gli si affidi l’esclusiva;
– grazie a questi accorgimenti, realizzati “in corso d’opera” in successione rapida, apportati alle diverse trattative aperte, si riesce complessivamente a firmare contratti per 2,5 milioni di euro. Non è molto, ma il ricarico è confermato al 40% e le modalità di pagamento sono 30% all’ordine e il 70% alla partenza del container dalla sede italiana dell’impresa. Non è male.
Una commessa di questo tipo salva l’impresa, ma non finisce qui. Nel contesto delle più discussioni aperte in Libia, l’imprenditore italiano ha coinvolto altre 4 imprese più piccole (non in grado di assumere un’iniziativa di questo tipo) le quali permetteranno successivamente (1 mese dopo il rientro e grazie all’operatore locale in Libia) di firmare un altro contatto da 3 milioni di euro da dividersi con i colleghi.
Cosa emerge da questa vicenda
Il racconto descritto è vero in ogni suo passaggio. In termini di tempo coinvolge in tutto 10 mesi di contatti, ma solo perché non c’è stato prima l’ardire di partire. Questo “spirito d’avventura” è stata una scelta obbligata dell’impresa, stimolata dal rischio ormai concreto di dover chiudere l’attività. (va rammentato come gennaio 2010 si sia chiuso, in diversi settori, con un -40% e l’indice dei fallimenti e pignoramenti sia raddoppiato) In Libia l’imprenditore, che ha così salvato la sua impresa, si è presentato effettivamente come azienda singola, ma in realtà, chiamando altri suoi colleghi in aiuto, per svolgere parti della commessa, ha “fatto sistema” con altre aziende più piccole dello stesso comprensorio e questo ha premiato, perché nel complesso sono stati firmati contratti per 5,5 milioni, oltre i suoi 2,5. Ecco la forza della sinergia.
Il dato più importante: fare sistema!
Sembra sin troppo semplice scrivere queste parole: se siamo entrati in un periodo di crisi in ordine sparso, ne usciamo solo se sapremo raccogliere motivi per collaborare l’uno con l’altro e fare “sistema”. In tal senso si citano a titolo d’esempio i distretti industriali italiani.
Dati su cui riflettere
Lo spunto per scrivere queste informazioni proviene dalla presentazione a gennaio del primo rapporto dell’Osservatorio nazionale dei distretti. Non che interessi particolarmente questo ambito produttivo, ma quanto ne emerge è in grado di farci riflettere per applicarlo a nostra volta.
Su ogni prospettiva e consuntivo, l’occupazione è la vera vittima. Un sondaggio realizzato da Unioncamere evidenzia che il 25% delle imprese del sistema dei distretti in Italia, ridurrà il numero degli addetti nel corso di quest’anno. Mentre il 42% delle imprese ha già ridotto gli organici nel 2009, quindi una quota maggiore rispetto alle aziende che non sono collocate nel tessuto dei distretti. Il rapporto descrive come importante sia la ricerca di nuovi spazi di nicchia e mercati. In tal senso l’elenco si focalizza sul Nord Africa, Medio Oriente e l’Asia, per supplire a un calo d’export nei flussi tradizionali. Sotto esame sono stati messi 92 distretti per 188mila imprese con 1,45 milioni di occupati. Da ciò emerge che i cali nell’export sono stati del 25,4% per i distretti del Nord Ovest, del 17,8 % nel Nord Est, del 22,4% nel Centro e del 10,3% per il Sud. In alcune aree la crisi da esportazione è ancora maggiore come per il comparto delle macchine agricole di Reggio-Modena a quota -30%
I problemi più gravi da affrontare
Il 67% degli imprenditori intervistati lamenta carenza di liquidità e il 50% un aumento dell’indebitamento e ritardi nei pagamenti ai fornitori, mentre il 45% un calo negli investimenti in attrezzature e macchinari. Infine il 39,7% denuncia un ridimensionamento nei rapporti di subfornitura.
La riscossa per uscire dallo stallo
Dal Rapporto, emerge che per uscire dalle difficoltà il 29% ha ridotto i prezzi, il 19,3% si è lanciato su nuovi prodotti, il 9,6% sull’innovazione di quei prodotti già realizzati, il 10,4% nella ricerca di nuovi clienti, il 9,6% su nuovi mercati e infine il 3,3% sul miglioramento della rete commerciale.
Il 60°% degli intervistati, dichiara inoltre di considerare il sistema distretti “la soluzione organizzativa migliore” per affrontare il mercato, supplendo alla piccola dimensione d’impresa che rappresenta il male maggiore delle imprese italiane.
Le tendenze delle materie prime
A carattere generale
Si nota un ridimensionamento dei prezzi su tutte le materie prime. Che ciò rappresenti un ripiegamento della speculazione, o la risposta alle incertezze sulla produzione, è ancora presto per poterlo affermare con certezza. Sicuramente le prospettive per i prossimi 2 mesi almeno, sono per un ordinato sgonfiamento dei prezzi, il che lascia presagire che per rinnovare scorte e approvvigionamenti convenga attendere.
Acciaio
In termini di valore il prezzo dell’acciaio era 2 anni fa, quindi nel 2008 pari a 1.035 dollari la tonnellata, quando al 4 febbraio 2010 quotava 460 dollari. Il decremento di prezzo nel corso di questi 2 anni è stato pari al – 55,55% e del – 27,77% su singolo anno. Il precedente prezzo dell’acciaio, rilevato nel rapporto STAMPI a gennaio fu pari a 420 il che significa un aumento in 1 solo mese del 9,5% quando a fine gennaio su dicembre fu quantificato in 10,38%.
Questi confronti “danno misura” della tendenza al rallentamento dell’aumento del prezzo dell’acciaio su base mensile, il che conferma quanto già scritto nell’introduzione a questa sezione del rapporto.
Alluminio
In termini di valore il prezzo dell’alluminio era 6 anni fa, quindi nel 2004 pari a 1.665,5 dollari la tonnellata, quando al 2 febbraio 2010 quotava 2.086 dollari. L’apprezzamento nel corso di questi 6 anni è stato pari al 25,24% e del 4,20% su singolo anno. Il precedente incremento, registrato nel rapporto STAMPI a gennaio 2010, fu pari al 36,85% nei sei anni e del 6,14% per anno, il che indica un deciso calo nei prezzi anche per questo metallo.
Rame
In termini di valore il prezzo del rame era 6 anni fa, quindi nel 2004 pari a 2.606 dollari la tonnellata, mentre al 2 febbraio 2010 quotava 7.445 dollari. L’apprezzamento è pari al 185,6% nel corso di questi anni, ovvero il 30,94% per singolo anno.
Nel precedente rapporto STAMPI questi stessi dati furono rilevati in un +201,6% nei 6 anni con uno sviluppo del 33,60% annuo. Non ci sono dubbi che il prezzo del rame è avviato verso un ridimensionamento.
Prospettive sulla grafite
La Tokai, produttore ritenuto in questo rapporto stampi un punto di riferimento sulla grafite, conferma che a prezzi della materia prima fortemente variabili, non verrà scaricato sul prodotto finale, alcun aumento.