Dicembre 2009, il quadro generale studiato dal prof Carlini sull’industria degli stampi in Italia
Osservatorio sulle condizioni economiche dell’industria degli stampi
di Giovanni Carlini – sociologo, esperto di marketing
aggiornamento al 12 gennaio 2010
Riferimenti:
www.toolox.com/surcharge.htm
http://www.lme.co.uk/
http://www.tokaicarbon.co.jp
Cosa abbiamo imparato quest’anno
Nel 2009 sono stato maggiormente coinvolto in processi aziendali, tanto che ne conto 27 rispetto una media di 18. In linea di massima gli imprenditori mi hanno chiamato per capire se fosse necessario riqualificare o allontanare il loro management. Oltre a ciò ci sono stati robusti impegni su un nuovo modo d’organizzare internamente l’impresa (organigramma e mansionario) per scendere almeno del 12 e a volte 16% nei costi di struttura. Di conseguenza posso affermare che quest’anno è stato un periodo particolarmente impegnativo per le imprese su:
– restare sul mercato; (il che non significa solo vendere e lavorare, ma far quadrare i conti con un’ondata di insoluti che spesso raggiunge il 35-55% di quanto si sarebbe dovuto ricevere)
– cercare liquidità; (senza di essa si è supplito creandola, ovvero emettendo assegni post datati, firmando cambiali, non pagando o vendendo beni di famiglia per finanziare nuovamente l’impresa, ottenendo in questo caso, il contributo delle banche)
– aprire nuovi mercati; (la globalizzazione è finita per come la si immaginava e ora diventa “tribalizzazione”, nel senso che è meglio operare in contesti noti e sicuri, anziché avventurarsi nel profondo est d’Europa o peggio in Asia. La Cina resta sempre un mercato a fortissimo rischio imprenditoriale e collasso sociale)
– ristrutturarsi; (ridurre i costi di gestione e rivedere le posizioni dell’intero management su cui spesso ho dovuto agire, chiudendone i rapporti di lavoro)
Cosa ho trovato nelle aziende
Troppo spesso incontro manager di giovane età e poca esperienza. Qui serve chiarirsi. Anche a costo di fare la parte del vecchio professore, manager è colui che crea idee. Solitamente remunerato oltre i 6.000 euro al mese, dovrebbe avere almeno 25 anni d’esperienza sulle spalle, qualche laurea e più, inoltre “parlottare” più lingue straniere (saper gestire una telefonata) e aver affrontato decine di trasferimenti in Italia, come forse un centinaio di viaggi all’estero. Con un profilo di questo tipo, in effetti, si rasenta la perfezione e l’azienda naviga a “piene vele”. Troppo spesso però incontro o dei giovani uomini, comunque sotto i 40 anni, freschi d’università o peggio a cultura incompleta, quindi non idonei a produrre idee ma solo avventure (vedi subprime negli USA) o persone molto mature, che hanno solo lavorato, ma mai organizzato il senso di quanto da decenni stanno applicando. Per diventare manager serve quindi una carriera dove si entra giovani e si diventa “produttori di idee” dopo anni e anni d’affiancamento. A Brescia, liquidando un Direttore Generale di appena 40 anni, con 16 di anzianità, gli chiedo: ma perché non ti sei mai preoccupato di maturare e crescere nel tuo lavoro, apportando di più in azienda? In fondo oggi sei in crisi perché ti sei limitato a fare il segretario della proprietà, anziché un vero dirigente producendo idee. Costui risponde: “ma io delle domeniche a tema con la mia associazione le ho fatte!” Con risposte del genere, l’azienda ha sofferto per assenza di stimoli, restando bloccata e pagando anche un alto stipendio. A dir la verità, sempre a Brescia, in quell’azienda ci sono tre dirigenti da licenziare, azzerando il management, che sta soffocando l’impresa. In conclusione il peggior danno per un’organizzazione è dove mancano idee.
Cosa possiamo fare a dicembre 2009
Il 2010 sarà difficile come il 2009. Lo sarà ancora di più per chi non si è ancora ristrutturato, sperando che la bufera passi da sola com’è arrivata. Servono uomini nuovi (persone che studino di più e parlino di meno) quindi liquidità sia effettiva che “creata” e infine idee per ridurre i costi di produzione di oggi e lanciare nuovi modi d’usare vecchi sistemi. Purtroppo va sottolineato che chi in questo periodo studia e fa ricerca, alzando la qualità della produzione è una rarità. In tal modo ci si espone ancor di più a quell’assedio consumato da chi realizza con facilità e meccanicamente come fanno specificatamente i cinesi. In una parola serve cultura d’impresa, per la quale nessuno nasce già dotato e bisogna organizzarsi anno per anno.
I buoni propositi a dicembre 2009 sul 2010
Se dovessimo partire per un viaggio cosa metteremmo in valigia? Lo stesso concetto vale per il nuovo anno (ma sarà veramente nuovo?) Ecco un elenco di cosa ci servirebbe.
Come per ogni programma necessita un’idea per dove si stia andando, quali itinerari percorrere, quando fermarsi e cosa vedere. In una parola serve un piano di marketing che stabilisca a 6, 12 e infine 18 mesi che cosa si voglia fare, ovviamente verificandone mese per mese l’evoluzione.
Definito un piano di marketing (lo si scrive in 20 giorni di ricerche e studi, costando mediamente intorno ai 5.000 euro, ma può anche raggiungere valori molto più alti) serve rivedere (lo si dovrebbe aggiornare ogni 6 mesi) l’organigramma e il mansionario.
La domanda in quest’ultimo caso è semplice: siamo certi che per raggiungere gli obiettivi servano le stesse forze umane in organico fino a qualche mese fa? L’obiettivo qui non è tagliare e “mandare a casa le persone”, al contrario qualificarle e addestrarle affinché alzino la produttività.
Assicurato l’indispensabile passiamo ora a qualcosa di più complesso.
Vivendo le imprese, noto sempre di più come non si comunichino gli obiettivi ai dipendenti, i quali lavorano, ma non sanno dove l’azienda stia andando. La dottrina afferma che personale motivato riduce i costi di gestione (da un minimo dell’8 a un massimo del 16%) e alza la produttività (mediamente di un 2 o anche 5%) Ebbene è rarissimo che intervistando a caso degli impiegati o operai, questi sappiano dire quanto la loro azienda fatturi di più o meno nell’arco dell’anno, quali obiettivi si ponga, dove si stia spingendo in termini di mercato e prodotto. Per ovviare a ciò serve una politica del personale, che svolga un’azione di comunicazione sviluppata da persone in grado di portarla avanti. In “soldoni” ciò si sviluppa con formazione interna a costo zero (vedi fondi INPS maturati negli ultimi 3 anni da ogni impresa italiana che solitamente non solo non usa, ma non sa neppure d’avere) Ma non è questo il passaggio più importante dello spunto qui offerto.
Si vorrebbe che in un nuovo contesto di comunicazione e partecipazione d’impresa (in azienda non vige un regime di democrazia, ma resta ugualmente un ambiente sociale partecipato) al corpo vendita si chiedesse:
– programmi di visita settimanali;
– al termine della settimana un report sui risultati conseguiti e gli argomenti utilizzati distinguendo le tipologia di cliente;
– stabilire che l’agente di vendita prima di mettere piede da un cliente ne studi la storia, il sito web, i bisogni e modifichi il suo presentarsi in ogni luogo.
Affrontato questo passaggio “sui commerciali” serve un’altra novità: non far gestire l’insoluto agli amministrativi! Questi non sono personale addestrato a ben relazionare con il cliente. Al contrario serve aprire una gestione di customer care. Praticamente si assume un’apprendista e la si addestra ad essere metà commerciale e amministrativa. Sarà questa nuova figura a interfacciarsi nell’insoluto. Ovviamente la premessa all’insoluto, di cui si discute in tutti i corsi dedicati a questa piaga nei rapporti tra aziende, è che nulla accade per caso, ma è solo la degenerazione di un lavoro non fatto sul cliente “a monte”. Il mancato introito non avviene solo perché non ci sono soldi o lo si è subìto a sua volta, ma è una scelta tra chi pagare prima e meglio. Quindi chi affronta l’insoluto è stato scelto come non fondamentale, il che vuol dire che i nostri commerciali, a cui si aggiungono quelli di customer care e la stessa immagine d’impresa, hanno fallito nel loro intento: non basta vendere ma serve ma molto più spesso, incassare.
Materie prime
Acciaio
Il 5 gennaio del 2010 l’acciaio quotava al London Metal Exchange 380,5 dollari la tonnellata. Alla stessa data del 2009 il prezzo era di 325 con una differenza del 17,23% in un solo anno. Il confronto sull’arco temporale è qui di 1 anno anziché i 6 come sull’alluminio e rame, perché al LME hanno serie storiche diverse. Nel precedente rapporto pubblicato sempre su questa testata, STAMPI i valori delle quotazioni d’acciaio registrati furono, a fine novembre, per 380 dollari la tonnellata. Si può dire, con questi dati che non è in atto, allo stato, alcuna reale modificazione del prezzo. Anzi, in termini d’analisi economica e studio degli andamenti grafici delle quotazioni delle materie prime, uno “stop” al prezzo, indica solitamente l’apertura di una fase riflessiva che è ancora presto da indicare quale tendenza nei prossimi mesi, ma di cui conviene tenerne conto.
Alluminio
Il prezzo dell’alluminio era 6 anni fa, quindi nel 2004 pari a 1.603 dollari la tonnellata, quando a fine anno 2009 quotava 2.206 dollari. L’apprezzamento nel corso di questi 6 anni è stato pari al 37,61% e del 6,27% su singolo anno (il precedente incremento registrato nel rapporto pubblicato su STAMPI fu pari al 26,46% nei sei anni, il che indica un deciso aumento di valore per l’alluminio)
Questo metallo ha messo a segno un rialzo del 30% nel solo 2009 godendo di un “exploit” che mai, sin dal 1994 era accaduto. Il tutto in presenza di un enorme eccesso d’offerta sul mercato e con magazzini pieni. Già questo dato esprime quanto sia “corta” l’attuale impennata di prezzo, che rivela tutta la sua natura speculativa.
Ovviamente comprare l’alluminio in queste condizioni è assurdo perché il prezzo è gonfiato.
Al LME ci sono scorte per 4,6 milioni di t sufficienti a costruire 69mila Boeing 747 quando in tutta la vita di questo modello d’aereo ne sono stati realizzati solo 1.500 (questo per dare un ordine di grandezza al fenomeno) Anche in Cina, con consumi in piena ripresa, gli stock sono elevatissimi: tra 1,2 tonnellate e 1,5 come dichiarato dagli stessi cinesi (associazione delle industrie metallifere)
Oltre alle scorte nel mondo, c’è da considerare, per l’alluminio anche la concreta possibilità d’eccesso di produzione per l’imminente apertura di ben 2 grandi attività a Dubai e nel Qatar capaci di produrre altri 2 milioni di tonnellate. La conclusione è: attendersi un robusto ridimensionamento dei prezzi a breve sull’alluminio.
Prospettive sulla grafite
Uno tra i più importanti produttori al mondo di grafite, la Tokai, presente anche in Italia come commercializzazione, conferma una eccezionale varietà di prezzi sul lato della produzione ma non in ambito vendite, dove non ci sono segnali di modifica. Il prezzo della grafite è fermo da 7 anni e tale resterà pur in presenza di un momentaneo incremento del petrolio. Oggi i prezzi sono diversi a seconda del tipo di grafite, comunque si passa dai 18 ai 22 euro per decimetro cubo, fino anche ai 160.