De Felice e il suo libro “Mussolini l’alleato 1. L’Italia in guerra 1940-1943, 2. Crisi e agonia del regime” esprime a pagina 881 un ragionamento tutto suo per cui “i giovani fascisti” naturalmente si ritrovarono nel Partito comunista, dal luglio 1943, in quanto entrambi i partiti, sia il fascista, sia il PCI, sono rivoluzionari. Si configura in questo modo una continuità storica tra fascismo nero e rosso; una sorta di travaso tra un’esperienza politica e l’altra.
Indubbiamente il ragionamento espresso da Renzo De Felice è sia originale sia appassionate. Tale valutazione si contestualizza nella riflessione che in questo tomo l’autore realizza nell’ambito del fascismo e i giovani, aperto a pagina 865 e che prosegue oltre pagina 890.
Il testo, per quanto di 1400 pagine è appassionante e impegnativo. Va riconosciuto a De Felice una competenza unica ed equilibrio magistrale nel trattare un argomento che solitamente vede la massa scadere nell’inutile vilipendio e disprezzo gratuito per le sorti di questa Nazione in quegli anni. Finalmente un vero storico narra la sofferenza, le passioni e i drammi di quel periodo storico.
Le parole esatte che De Felice impiega a pagina 881 sono: “Varie sono le critiche che possono essere mosse ai giovani fascisti degli anni della guerra; in particolare quelle di peccare sovente o d’ingenuità o d’eccessivo intellettualismo, che talora assumeva il carattere di vero e proprio esibizionismo e d’essere mossi, non di rado, da motivazioni più o meno consapevolmente carrieristiche. E’ però difficile negare la buona fede della maggioranza d’essi e il fondo etico delle motivazioni del loro rivoluzionarismo e, dunque, della loro convinzione a battersi per una causa giusta. Ugualmente, è errato considerare le loro ricorrenti ed esplicite critiche al regime come manifestazioni di una fronda (..) quando i più optarono per la RSI oppure per i partiti d’azione e sopratutto comunista; per i partiti cioè che, ormai, apparivano loro più congeniali: perchè non corresponsabili del fallimento (..)”
Nel più totale rispetto verso il pensiero maturato da Renzo De Felice e le sue conclusioni, non è facile trovare una convergenza. Il motivo è semplice. Il fascismo (del tutto morto alla data odierna) era e resta un pensiero di destra perchè ha cercato la rivoluzione dentro la tradizione e italianità storica di questa nazione. Il comunismo no; è e resta un’impostazione ideologica certamente rivoluzionaria ma fuori dagli schemi dell’italianità e della tradizione nazionale. Il comunismo è sovvertimento della classe borghese, tramite la rivoluzione armata per l’affermazione del proletariato. Schemi diversi, completamente non compatibili.
Lo sbandamento a sinistra e nel partito comunista, fu credibile solo perchè tra i più partiti antifascisti quello già organizzato, a quell’epoca, fu il PCI rispetto alla Democrazia Cristiana, il Partito d’Azione, lo stesso Partito socialista e Liberale.