De Felice e gli spunti concettuali che emergono dalla sua opera sul Fascismo si possono sintetizzare secondo questi passaggi iniziali:
- Mussolini si VUOLE differenziare da Hitler e Stalin procedendo attraverso una dittatura “italica figlia dell’esperienza romana dell’Impero”. Tradotto vuol dire, ad esempio non impiccare i vertici della Marina Militare Italiana rei di spionaggio a favore degli inglesi di cui era a conoscenza grazie a informative sia dei nostri servizi segreti sia di quelli tedeschi. Si conoscevano nome e cognome di quegli Ufficiali di Marina allo Stato Maggiore in Roma, coniugati con donne inglesi, che trasmettevano informazioni agli Alleati, provocando enormi danni umani e materiali! Ebbene il Duce non ha proceduto alla loro rimozione o eliminazione (sbagliando) per non apparire come avrebbero fatto sia Hitler sia Stalin suo contemporanei;
- il Duce VUOLE essere un politico e non un ideologo come invece Hitler e meno Stalin;
- sempre Mussolini seppe (da politico) capire le potenzialità dell’Armata rossa che sfuggì a Hitler. A tale riguardo De Felice apre un parallelismo originale collegando il feroce antisemitismo d’Hitler al bolscevismo. Per il leader tedesco esisteva una correlazione tra semitismo e bolscevismo, per cui come si scagliò contro gli ebrei, così agì contro la Russia comunista. Al contrario Mussolini, che su questo aspetto non fu “attivo”, riuscì a “leggere” le dinamiche in forme più precise rispetto al suo collega tedesco.
Oltre al diretto confronto a tre: Duce-Hitler-Stalin, De Felice affronta un argomento molto interessante purtroppo “sfortunato”; “l’altro fascismo” quello incarnato da Dino Grandi (1895-1988).
Il diplomatico e uomo di cultura Dino Grandi, avrebbe potuto destituire Mussolini (come avvenne il 25 luglio per sua iniziativa) prendendo il posto ma non ci riuscì perchè non seppe relazionare adeguatamente con il Re, un uomo molto modesto e “impacciato”. Non solo, ma “quest’altro fascismo” maturò quando ormai la vicenda politica non fu più recuperabile; avrebbe avuto un senso nel 1941 non nel 43. Quest’esperienza ricorda “l’altro comunismo” di Michail Gorbacev giunto anche questo al termine della parabola comunista.
De Felice e gli spunti che offre permettono importanti parallelismi tra esperienze politiche, sia il Fascismo sia il comunismo, entrambi pervenuti all’esaurimento della loro vitalità ideologica.