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Crisi subprime del 2008, cosa abbiamo imparato da non ripetere?

by Giovanni Carlini
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Crisi subprime del 2008, cosa abbiamo imparato? Di Giovanni Carlini sociologo aziendale

Crisi subprime del 2008. Mamma mia! Quando la Redazione Siderweb mi ha chiesto di riassumere in 3.500 battute “cosa abbiamo imparato dalle recenti crisi”, sono entrato in crisi.

Crisi subprime del 2008 e i suoi effetti. Come consulente aziendale sono stato molto impegnato. Solitamente alle 18 consulenze all’anno sono salito a quota 27. In linea di massima gli imprenditori mi hanno chiamato per capire se riqualificare o allontanare il loro management.

Inoltre sono stati eseguiti dei robusti impegni sul piano organizzativo (organigramma e mansionario). Lo scopo è stato di scendere almeno del 12 e a volte 16% dei costi di struttura. Ecco una delle conseguenze più immediate della crisi subprime del 2008.

Oltre il piano dei costi più generale nel dettaglio ci sono delle conseguenze altrettanto urgenti che sono:

– restare sul mercato. Significa non solo vendere e lavorare, ma far quadrare i conti. Ciò al netto di un’ondata d’insoluti che a volte raggiunge il 35-55% dei crediti;

– cercare liquidità;

– aprire nuovi mercati; (la globalizzazione è finita per come la si immaginava e ora diventa “tribalizzazione”. Significa che è meglio operare in contesti noti e sicuri, anziché avventurarsi nel profondo est d’Europa o peggio in Asia. La Cina resta sempre un mercato a fortissimo rischio imprenditoriale esposta a collasso sociale)

– ristrutturarsi; (ridurre i costi di gestione e rivedere le posizioni dell’intero management)

Cosa ho trovato nelle aziende nei processi di riorganizzazione

Troppo spesso incontro manager di giovane età e poca esperienza. Qui serve un chiarimento. Anche a costo di fare la parte del vecchio professore, il manager è colui che crea idee. Solitamente remunerato oltre i 6.000 euro al mese, il manger dovrebbe avere almeno 25 anni d’esperienza. Qualche laurea e più, inoltre “parlottare” più lingue straniere. Non solo ma anche affrontato decine di trasferimenti in Italia, come forse un centinaio di viaggi all’estero.

Con un profilo di questo tipo, in effetti, si rasenta la perfezione e l’azienda naviga a “piene vele”.

Troppo spesso però incontro o dei ragazzotti, comunque sotto i 40 anni, freschi d’università o peggio a cultura incompleta. Gente non idonea a produrre idee ma solo avventure (vedi subprime negli USA). In altri casi ho trovato persone molto mature, che hanno solo lavorato, ma mai organizzato il senso di quanto da decenni stanno applicando.

Per diventare manager serve quindi una carriera dove si entra giovani e si diventa “produttori di idee” dopo anni e anni d’affiancamento.

A Brescia, liquidando un Direttore Generale di appena 40 anni, con 16 di anzianità chiedo: perché non ti sei mai preoccupato di maturare e crescere nel tuo lavoro, apportando di più in azienda? In fondo oggi sei in crisi perché ti sei limitato a fare il segretario della Proprietà, anziché un vero dirigente producendo idee.

Risponde: ma io delle domeniche a tema con la mia Associazione le ho svolte!

Con risposte del genere, l’Azienda ha sofferto per assenza di stimoli, restando bloccata e pagando un alto stipendio.

A dir la verità, sempre a Brescia, in quell’azienda da licenziare ci sono 3 dirigenti.

Cosa possiamo fare

Il futuro, nonostante le assicurazioni della BCE e del governo fantoccio italiano, è difficile. Lo sarà ancora di più per chi non si è ancora ristrutturato, sperando che la bufera passi da sola com’è arrivata.

Servono uomini nuovi (persone che studino di più e parlino di meno) liquidità sia effettiva che “creata”. Quindi idee per ridurre i costi di produzione di oggi e lanciare nuovi modi d’usare vecchi sistemi. In una parola serve cultura d’impresa. Queste sono le conseguenze nell’onda lunga della crisi subrime del 2008.

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