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I costi aziendali per l’internazionalizzazione. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Quanto costa l’internazionalizzazione per le PMI?

Uno delle maggiori preoccupazioni degli imprenditori è “quanto costa”. Una frase del genere indica la differenza tra un vero imprenditore e “gente che si arrangia”. Il vero imprenditore, il capitano d’industria, si chiede quanto rende un investimento, non quanto costa! Però di veri imprenditori ce ne sono pochi in giro. La povertà professionale imprenditoriale è uno dei drammi d’Italia. Da una palude del genere, al momento, non ci sono prospettive di rilancio. Si spera nel futuro. Sarebbe più saggio che fossero gli stessi imprenditori a cercare la loro riscossa intellettuale, morale e professionale. Per fare questo servono figure nuove in azienda, particolarmente carismatiche. Questi personaggi sono dei professionisti che collaborano con le PMI non più di 6-8-12 mesi. A volte anche 18 ma non oltre. Eppure sono temuti dagli imprenditori perchè sanno mettere a nudo l’azienda e la sua dirigenza. Nel corso degli anni, ho incontrato in Italia un gran numero d’imprenditori. Praticamente nessun vero leader. Che peccato, quanto mi dispiace!

Vorrei tanto incontrare un vero imprenditore. Un leader aziendale che almeno tenti d’esserlo pur non riuscendo; nessuno è perfetto!

Cerco una persona, donna o uomo che sia, in grado d’agire pensando.

Tutti “fanno” e si agitano ma pochi imprenditori veramente riflettono; in genere agiscono con fretta.

E’ vero che i difetti delle persone sono rintracciabili in ogni categoria professionale. Però c’è un fatto. Come molti sociologi hanno scritto (Max Weber ad esempio) l’imprenditore è un “baciato da Dio”. Cerco quel capo d’azienda che merita un monumento nella pubblica piazza per aver saputo portare benessere alla comunità. Lasciamo perdere la polemica se evade le tasse (di fonte sindacale e operaia). Qui si il ragionamento ruota intorno alla MORALE. La morale dell’imprenditoria. L’imprenditore morale, quello che produce ricchezza per la comunità al netto degli aggiustamenti di bilancio. Non soffro per gli inevitabili correttivi necessari per gestire un’azienda che fanno parte dell’umano e necessario. Soffro per la carenza di creatività, cultura e capacità d’iniziativa da parte dei capi d’azienda. Tutto qui. Posso incontrare un vero imprenditore? dove si trova? E’ come il paziente che vuole farsi curare da un medico preparato. Chi vorrebbe quell’avvocato che perde le cause? Chi cerca un chirurgo che sbaglia rene da asportare?

A.A.A cercasi imprenditore serio, professionalmente competente. Persone che sappiano osare chiedendo anche aiuto.

Osare per fatturare di più. Osare per assumere di più. Osare per creare nuova ricchezza per la nostra civiltà.

Osare! Ecco la parola d’ordine che vorrei sentire.

E’ serio colui che ascolta e agisce. Che ha ingegneri in produzione.

Che si circonda di manager, anche da cambiare con un veloce turn over.

Che si avvale di uno stato maggiore di manager, per gestire le crisi e l’azienda.

Che vuole la ricerca e sviluppo.

Che internazionalizza.

Che fa redigere il piano di marketing e ha la contabilità industriale.

Che legge, pensa, studia e applica.

Che viaggia e resta a lungo all’estero.

Che invia i figli all’estero, prima che mettano piede in azienda.

Che mantiene le promesse (ne ho conosciuto uno che è incapace di mantenere una rotta stabile)

Che ascolta e solo dopo parla.

Che ha diverse politiche commerciali a seconda dei mercati.

Che ha prodotti diversi per aree diverse.

Che applica la sociologia dei consumi e il marketing.

Che è un mecenate.

Che non è terrorizzato dai segreti del suo lavoro. In realtà a questa gente blindata dietro il segreto, serve fare ricerca. Solo con l’innovazione smetteranno di protegge quanto già obsoleto.

E’ serio colui che sa investire anche senza fondi pubblici. Spesso le aziende spendono in ricerca solo fondi pubblici.

Che non colloca i familiari in azienda per partito preso e senza competenze. Che macelli ho visto con i figli e le mogli degli imprenditori! Anche i parenti è giusto lavorino nell’azienda familiare però senza privilegi. Spesso ci sono dei direttori commerciali completamente incompetenti e immaturi, lì solo perchè familiari! Le imprese che assumo familiari dovrebbero pagare più tasse.  

C’è una grande difficoltà all’autocritica nell’imprenditoria italiana. Tutti sanno tutto, quando questo non è vero.

Ne consegue un limbo tra impreparati orgogliosamente certi delle loro scelte. Dispiace scrivere queste cose viste e riviste molte volte.

In realtà si vorrebbe trovare una nuova sensibilità contribuendo all’evoluzione che ancora non emerge.

Inquadrato il contesto in cui l’internazionalizzazione si dovrebbe lanciare, vediamo i costi.

In realtà il vero costo è facilmente assorbito da programmi di finanza agevolata. Sia la Ue che lo Stato Italiano come le Regioni sono disponibili ad aiutare le PMI. E’ ovvio che l’internazionalizzazione è una necessità dell’impresa moderna. Questo vuol dire che va comunque sviluppata con o senza sostegno. Normalmente le imprese sono “pigre”. Questo vuol dire che non hanno il coraggio e la forza di chiedere. Temono che la finanza pubblica porti la Guardia di Finanza in azienda. Con queste paure non si presentano domande per richiedere fondi pubblici. In pratica abbiamo un mondo d’imprese che vive di paure reali o inventate. Nel frattempo il mercato globale va avanti sganciando il sistema di PMI italiane.

Un progetto di internazionalizzazione costa almeno 70 mila euro.

a) 20mila di ricerca vera e propria,

b) 25mila per viaggi e visite da sostenere nel mondo,

c) 5mila per documentazione; giornali, riviste e libri,

d) 20mila per compensi (il professionista guadagna sia come compenso puro che nella ricerca che sviluppa)

Gli effetti di questo processo sono generalmente a 12-18 mesi dall’inizio.

Solitamente un buon progetto d’internazionalizzazione produce un +20% del fatturato in 24 mesi. 

Auguriamoci buon lavoro cercando un vero imprenditore.

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