Corso di internazionalizzazione – lezione 1 sulla strategia e confronti cultuali.
Un corso di internazionalizzazione serve per aiutare (o insegnare) alle imprese ad operare all’estero. A volte succede che chi si presenta a un corso di questo tipo pensa a un intreccio di leggi e circolari. Può essere ma non è la strada migliore. Peggio quando il docente “spara” quelle cento slide trasformando il momento formativo in un evento standard uguale per tutti. Al contrario la formazione va affidata a un docente che è solitamente diverso dal professionista. L’insegnante, percependo dagli occhi dei presenti una certa sensibilità, adatta il processo evolutivo a quel contesto anziché mantenerlo uguale per ogni evento similare. Non è finita! Il docente rende anche la lezione profondamente interattiva anzichè un monologo.
Chiarite le regole d’ingaggio, a volte, qualche impresa non è all’altezza di questo impegno limitandosi al 2 + 2. Ovviamente è palese che aziende ferme alla “collocazione del prodotto sul mercato estero” non ce la fanno. Chiuderanno o resteranno esperienze limitate al solo mercato nazionale con qualche vendita estera. Peccato.
Un corso di internazionalizzazione oltre alla mera e povera pratica, deve insegnare come restare sui mercati esteri! Per posizionarsi nel lungo periodo all’estero è necessaria una cultura d’impresa che sappia relazionare con il cliente.
Chi non analizza i modelli di consumo nei singoli mercati è spacciato. Non è finita: chi non ha neppure un piano di marketing è bene che cambi mestiere.
Seguono i diversi punti trattati nella prima lezione:
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un benvenuto e soprattutto un RINGRAZIAMENTO da parte della docenza per l’apertura del corso. Si tratta di sottolineare l’importanza del saper dire “grazie” come metodica di relazione umana e commerciale. All’estero il ringraziamento è un rito di formalismo che fa sostanza;
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è stato spiegato il metodo didattico attraverso una formula particolarmente interattiva in domande-risposte. Ciò comporta il non uso di strumenti artificialmente predisposti (slide);
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è seguita la presentazione aziendale di ogni partecipante. L’obiettivo è semplice. La partecipazione al corso consegna alle imprese possibili contatti per realizzare contratti in rete o consorzi. L’obiettivo è semplice: smettere di presentarsi “da soli” all’estero farendo cartello” e gruppo;
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una presentazione del pianeta Terra come insieme di culture (9 in tutto secondo gli insegnamenti del prof. Samuel Huntington). Segue l’analisi dei diversi comportamenti di genere (uomo-donna) da connettere al messaggio pubblicitario. In questo senso il riferimento è agli insegnamenti di Philip Kotler e al prof John Carlins. Nella seconda lezione ci sarà un preciso riferimento al ruolo della donna nella società. L’obiettivo è capire il motore del consumo (Vera Zolberg – il consumo come arma sociale, 1986)
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a questo punto s’innestano 2 riflessioni: la pubblicità, che segue nel punto successivo e le riflessioni sul “mondo che cambia”. Il riferimento è ai metodi d’internazionalizzazione applicati in Italia tra il 1950 e il 2016 e l’era Brexit/Trump;
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il passaggio dal comportamento culturale e di consumo, all’efficacia del messaggio pubblicitario è stato immediato. Il consiglio sulla tecnica della ridondanza del messaggio è stato dato trasmesso. Ecco che un corso di internazionalizzazione inizia a prendere forma;
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iniziando a ragionare in termini di costo-efficacia il riferimento è alla contabilità industriale. Le domande fondamentali sono state sull’incidenza sul fatturato dei diversi centri di costo. Ad esempio, il costo del personale non è saggio sia superiore al 17% sul fatturato. Quindi il costo dell’approvvigionamento materie prime e lavorazione, non superiore al 70%. Si tratta di dati ottenuti da UNIONCAMERE, anno per anno, elaborando i bilanci delle imprese d’Italia;
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completata la sensibilizzazione alla parte contabile, il passaggio successivo è stato il piano di marketing. Si tratta di un documento indispensabile all’esistenza e resistenza dell’impresa nel futuro;
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è stata quindi spiegata la differenza tra il marketing e sociologia dei consumi con la psicologia di vendita;
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sul piano delle agevolazioni, da parte dello Stato Italiano e dell’agenzia SIMEST, è stato fatto più di un accenno. Nel dettaglio è stato ricordato come il 12,5% del fatturato medio di un triennio, sia facilmente finanziabile per strutturare l’impresa per l’estero. Si è altresì spiegato come l’apertura di una sede estera sia diventata necessaria per una presenza importante. Su questo specifico argomento, riscontrata la sofferenza delle piccole PMI, la cattedra ha volutamente spinto su contratti in rete/consorzi. Anche questo punto caratterizza un corso di internazionalizzazione;
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rispondendo a un bisogno di casi reali, è sato descritto cosa voglia dire aprire una sede estera (specificatamente negli Usa). Per una visione “minimale” oggettivamente è sufficiente un appartamento con ampio garage. Non solo, si è anche discusso l’indispensabilità di passare da un prodotto definito a un semilavorato da perfezionare sul mercato di riferimento. Si tratta di una strategia di vendita per evitare i dazi già in corso d’opera o attivati. Sono state anche ricordate le opportunità del Texas e Michigan per capannoni a costo zero per imprese che assumano almeno 12 dipendenti. A queste agevolazioni si aggiunga l’esenzione fiscale a zero tasse nei successivi 3 anni;
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un ultimo passaggio è stato dedicato al concetto di “dono” secondo gli insegnamenti della sociologia dei consumi e in particolare del prof. Pierre Bourdieu. Un dono come metodo e sistema di relazione commerciale da consegnare “a mano e personalmente”, cementando la relazione di vendita. In tal senso sono stati introdotti anche casi concreti di trattativa commerciale fase per fare: contatto-appuntamento-dono-trattativa-contratto firmato.