Convivere con una concreta possibilità di guerra: in tutta franchezza, per me, non rappresenta una novità. Figlio del Novecento ho sempre ritenuto il conflitto possibile, concreto reale.
Per questo motivo imputo alla classe politica la responsabilità d’aver ridotto da 24 a 9 le brigate dell’Esercito Italiano dal 1990 ad 2020.
La contrazione della difesa, in Italia, dimentica un dettaglio.
Il punto non è se 24 o 9 rappresentino un numero adeguato d’unità complesse per la difesa attiva del nostro Paese.
Quando da Capitano ero alla Scuola di Guerra, con grande disinvoltura, gli istruttori (con il grado di Colonello) ci spiegarono che in caso d’attacco da parte dei russi, a noi sarebbero toccati gli ungheresi. Oltre a ciò, scontata una “difesa simbolica” sul confine italo slavo, (forse per pagarsi lo stipendio) gli istruttori ci spiegarono che “il piano nazionale di difesa” prevedeva un ritiro dell’esercito sull’Appennino Tosco Emiliano. Con una manovra di questo tipo l’intera Pianura Padana sarebbe rimasta alla mercé del nemico.
La difesa sull’Appenino, proseguì la spiegazione, sarebbe servita per difendere Roma.
La mia domanda fu diretta, semplice, ma anche poco diplomatica (del resto sono e resto un militare). Chiesi: a che ci serve, come Nazione, un Esercito che si ritira, già come piano di base, abbandonando la parte più ricca e popolosa del Paese? La difesa di Roma non è strategica quanto la Pianura Padana!
Con un quesito di questo tipo la mia ascesa nella Forza Armata si fermò a dimostrazione dell’incapacità della Forza Armata a un confronto dialettico analitico e profondo.
Da uno studio di cui non ricordo la fonte, il numero di grandi unità necessarie a difendere la Nazione non sono 24 o 9 ma 55.
Ogni scelta diversa va spiegata agli elettori.
Ovviamente su un tema di questo tipo, il “5 Stelle” è meglio non si misuri, perchè completamente inadatto ad incarichi di Governo.
Convivere con la prospettiva di guerra? certamente! organizziamoci.