53° Convegno FIDEN a Istanbul – 15/18 ottobre 2009
Si è svolto a Istanbul il 53° Convegno FIDEN. Il punto è stato sulla situazione economica in Europa nel settore delle pulizie e industria del pulito. Al contempo sono emersi aspetti di geopolitica che tagliano fuori la Turchia della Ue.
Le premesse
La FIDEN è una grande organizzazione europea d’operatori dell’industria del pulito, in particolare nei servizi.
La presenza italiana è veramente esigua, perché conta appena 4 unità rispetto alle centinaia iscritte all’Associazione.
Come ogni anno c’è un incontro sviluppato con un duplice scopo: fare il punto e presentare un “dossier paese”. La nazione in esame nel 2009 è stata la Turchia, mente nel 2010 sarà la Svezia.
Il 54° convegno Fiden si svolgerà a Stoccolma.
Lo scopo del convegno è quello di promuovere gli interessi economici dei membri.
L’interazione è tra fabbricanti di coperture del suolo, materiali da costruzione, attrezzi e prodotti chimici per la pulizia in tutta Europa.
Ne consegue anche l’organizzazione del congresso Fiden a livello internazionale.
Un fattore d’estrema importanza per i membri dell’associazione è la promozione e cooperazione con le istituzioni nazionali ed internazionali.
L’Associazione dispone di una rappresentanza presso l’Unione Europea e di un Segretariato permanente a Monaco.
L’ufficio di Bruxelles si trova presso l’UEAPME (Unione Europea dell’Artigianato e delle Piccole e Medie Imprese). Intrattiene stretti rapporti con le Istituzioni Europee, distribuendo informazioni sugli ultimi sviluppi a livello comunitario. Il Segretariato di Monaco si dedica al sostegno dei membri e in particolare in ciò che riguarda il contenuto e la trasposizione delle norme. L’interesse si estende anche ai progetti europei implicando la ricerca di partner nella cooperazione su scala continentale.
Una novità
Prima di descrivere l’andamento del Convegno, merita sottolinearne la novità. Nel corso della presentazione del Dossier Paese, laddove sono state illustrate solo le opportunità economiche, questa volta si è voluto anche analizzare l’aspetto sociologico. In pratica questo vuol dire: il prodotto è inseribile in quell’ambito di consumo?
Finalmente ci si è accorti che non basta vendere. Questo perchè il mondo globalizzato non è affatto un mercato aperto. Al contrario, nei mercati globalizzati (soprattutto dopo la crisi del 2008) ci si è accorti quanto locali siano le regole direttamente influenzate dagli assetti culturali. Se questo aspetto sembra perdere importanza nell’Europa occidentale in un paese islamico torna alla ribalta. E’ necessario capire i bisogni delle persone che non sono uguali per tutti. Non basta dire che una saponetta sia la stessa per cinesi come per i canadesi o i francesi.
Il confronto sviluppato nel corso del Convegno Fiden
Sulla Turchia si sono confrontate due opposte visioni. La contraria all’inserimento in ambito UE, tesa a spiegare le reali difficoltà del mercato turco per i prodotti occidentali. L’altra più “politica” che spiega come questo paese islamico sia favorito dai flussi internazionali d’investimento.
Due linguaggi profondamente diversi, che hanno permesso ai partecipanti al Convegno Fiden di poter ascoltare un inedito confronto.
Perché la Turchia non è matura per la UE?
La tesi parte dai seguenti aspetti:
a) l’Occidente è in una crisi non solo economica, ma soprattutto di valori. Le aziende producono il 50% in meno (settore della meccanica) il 30% (siderurgia) fino al 15% (settore prodotti di pulizia). Ciò deriva dalla paura dei consumatori. Ci si rende conto che la crisi ha una eccezionale componente psicologica. Si osserva come l’attuale momento di difficoltà è di valori e non dal lato dell’offerta, come accaduto negli ultimi 150.
b) la Turchia vive in una condizione perfettamente opposta alla Ue, è piena di valori (nazionalismo e un senso religioso molto forte nella vita civile)
La tesi è; come conciliare chi ha troppi valori rispetto a chi ne ha troppo pochi?
Quindi se l’ingresso della Turchia nella UE era forse credibile prima della crisi economica, oggi è impensabile e occorrerà attendere.
Questa analisi è stata oggetto di cocenti e forse feroci discussioni perchè:
– è vissuta dai turchi come uno smacco;
– mette in crisi la politica estera dei governi UE;
del resto per stare nella UE ogni singola nazionalità ha perso qualcosa per acquisire altro.
Ma in questa sede perché è importante se la Turchia entra o no nella UE? Del resto negli ultimi 6 mesi del 2009 le aziende italiane che si sono portate in Turchia per produrre in loco sono in aumento.
L’argomento della Turchia nella UE è importante per più motivi:
– da giugno 2008 il concetto stesso di globalizzazione è cambiato. Oggi non si delocalizza più per produrre a bassi costi di mano d’opera e per re-importare il prodotto finito in patria. Oltre a “presidiare il mercato” molte imprese italiane sono rientrare nei rispettivi distretti soprattutto dai paesi dell’est Europeo.
– si continua a considerare i soli parametri economici negli scambi tra paesi dimenticandosi quelli culturali.
Questa stasi nello sviluppo ha insegnato che studiare i soli numeri non consente di capire cosa gli ordini di grandezza rappresentino.
Insomma ci siamo sbagliati perché abbiamo preso solo una parte della realtà e tutto il resto si è rivoltato contro.
La globalizzazione, intesa come produzione in loco e re-importazione del prodotto finito in patria, ha fallito. Ha fallito perché ha prodotto disoccupazione in Occidente (quindi ostilità) e ha fatto scoprire dei costi nascosti nelle troppe dispute giudiziarie di contenzioso con i soci locali.
Da questa dinamica giungono costi non previsti. Vanno considerate anche le spese di trasporto.
A conti fatti, valutando il numero di rientri delle imprese nei luoghi di origine, si può ritenere che oggi la globalizzazione sia un fenomeno indirizzato solo verso un’azione di presidio sul mercato.
Tra una globalizzazione che cambia, una crisi economica che si svela sociale, il surplus d’aspetti valoriali di cui l’Islam e anche la Turchia sono troppo carichi e il grave deficit di valori in Occidente, il quadro globale è cambiato. Il cambio è prima di tutto nella mente delle persone e quindi anche nei loro consumi, infine nell’economia.
Un esempio, chi produce asciugamani di carta, si potrebbe chiedere l’importanza di questi ragionamenti, sapendo che contemporaneamente sia 80 milioni di tedeschi che 110 milioni di turchi, in un bagno pubblico si stanno asciugando le mani con la carta allo stesso modo.
Sicuramente chi produce questo articolo vorrà venderne di più e per farlo deve conoscere:
a) le nuove regole della globalizzazione (già spiegate)
b) gli orientamenti innovativi in tema di pubblicità;
c) quindi conoscere gli standard di diffidenza/interesse nelle persone oggetto delle pubblicità;
d) infine quanto tutto ciò sia lontanissimo (parliamo di epoche storiche diverse) tra “noi e loro”, ovvero tra l’Occidente e l’Oriente, tra l’Europa e la Turchia. Va comunque precisato come il vivere in epoche diverse non significhi affatto che l’Occidente sia più avanti nella purezza dello spirito e riconoscimento dei grandi valori umani rispetto all’Oriente. Siamo solo diversi, per cui servono regole d’ingaggio diverse. Chi non le conosce si espone a clamorosi errori.
La Turchia
Politicamente c’è un governo che cerca d’essere islamico nel folklore e capitalistico nei fatti.
In questo il governo Turco è proteso nella chiusura dei suoi contenziosi di frontiera per proporsi alla UE “con il passato a posto”.
Questo governo è stato pesantemente battuto alle elezioni provinciali ed è in lotta sia con la Confindustria, che con alcuni importanti editori.
Troppo spesso l’Esecutivo apre contenziosi con gli imprenditori usando la leva fiscale, ma senza arrivare agli estremi di altri paesi islamici.
In quest’ultimi solo affiliandosi alla “fratellanza islamica” è possibile svolgere una qualche attività imprenditoriale.
La popolazione turca è a basso profilo d’integralismo islamico.
I militari pare non interessanti a tornare al potere replicando quando già accaduto.
I ritmi d’incremento nei consumi turchi segnano il passo come in tutto il mondo.
C’è ottimismo per il futuro.
In conclusione, in Turchia, essendo un paese culturalmente diverso dall’Occidente, servono procedure di pubblicità specifiche e dedicate.
Ci si riferisce a manager meglio formati per attendere tempi d’attesa più lunghi sui risultati rispetto l’Occidente.
Vanno applicati nuovi criteri di globalizzazione-delocalizzazione.
E’ passato il tempo per modelli di sviluppo uguali per tutti, ma va anche detto che non c’è posto in Europa per un eccesso di varianti culturali già troppo dilatate. La cultura spesso non è a geometria variabile e mantiene una sua forma seppur sempre adattabile.
Pertanto fare affari in questa terra, richiede l’adozione di specifiche metodiche che qui valgono e non altrove. In Turchia, al netto degli sgambetti fiscali provocati dal governo e da guerre d’assestamento tra poteri forti (Governo contro Confindustria filo-occidentale) la joint venture di minoranza è ancora una buona prospettiva.
Il futuro? Cinque secoli di sonno culturale non hanno ancora destato l’Islam. La Turchia non perderà il suo stile provinciale, anche se con forti accenni al cambiamento. Non è credibile una modifica degli assetti attuali turchi almeno per i prossimi 25 anni.
Le altre esperienze portate al convegno
Fortunatamente oltre alla Turchia, il convegno aveva anche un altro tema: come si gestisce la crisi?
C’è stato un intervento molto semplice, breve ma diretto, di un’imprenditrice austriaca, titolare della sua impresa di pulizie. La Signora afferma che non avendo bisogno del finanziamento da parte delle banche, l’attività ha meno problemi.
Da questo spunto pare di capire che la crisi sia soprattutto di liquidità, anziché di mercato. Ovviamente anche questo aspetto è vero, infatti sui comportamenti da parte del sistema bancario, in tutta Europa, c’è stato più di una volta un unanime coro di protesta.
Le altre testimonianze sono state “nazionali” per come si sviluppano i mercati di Spagna, Germania, Italia e Romania.
Grande solidarietà è stata espressa al delegato spagnolo, per le grandi e gravi difficoltà economiche di quel mercato e alla Romania, per il suo dinamismo.
In conclusione al Convegno Fiden
Il 53° convegno Fiden ha esaminato i seguenti temi:
– la Turchia: prospettive di mercato e sua ipotetica entrata nella UE (pro e contro)
– l’opportunità di gestire un’impresa senza il bisogno di liquidità di fonte bancaria;
– un’unanime contestazione verso il sistema bancario in Europa;
– analisi per singole realtà nazionali europee;
– prospettive per il successivo incontro (Stoccolma a settembre)
– Una critica e una promessa per il futuro
Muovendo una benevola critica agli interventi sviluppati al convegno, va osservato come nessuno abbia saputo parlare di ricerca & sviluppo, nel senso che tra i partecipanti non c’è stata alcuna presentazione di progetti per nuove formule o ipotesi innovative, in quanto tutti si sono ritrovati ripiegati sulla crisi e la ricerca di ipotesi di soluzione.
Al contrario negli USA, forse più di facciata che sostanziale, c’è un forte folklore verso prodotti innovativi, che “rispettino la natura”. Che ciò sia vero o solo pubblicità, va ancora capito, però a livello tendenziale il bisogno di ri-modulare il messaggio pubblicitario è importante per mantenere o accogliere nuove fasce di consumatori occidentali (le più attente all’argomento).
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