Combattere il terrorismo con i concerti? forse qualcosa non va. Non funziona neppure quando 30mila persone a Torino sono in piazza e fuggono. Scappando travolgendo il 20% tra loro, vuol dire che queste persone sono sensibili al terrorismo. Se si va ai raduni, pensando alle bombe, perché andarci? Non è meglio una sana pizza, birra e un TV accesso con gli amici?
Combattere il terrorismo è una priorità di questi anni di fine globalizzazione. In realtà il terrorismo è un sottoprodotto della globalizzazione. Non abbiamo era globalizzata senza la presenza d’atti di guerra povera (appunto il terrorismo). Il terrore pubblico, come possiamo definire questa guerra povera, è iniziato con l’11 settembre 2001. Oggi, estate 2017 la dinamica parallela tra globalizzazione e terrore pubblico prosegue la sua corsa. Le persone si sono ormai abituate a questo e reagiscono di conseguenza. Ecco il punto. Come si reagisce?
Al terrorismo si sta reagendo con la paura senza accendere il cervello! Si permette che ti pugnalino senza reagire. I turisti fuggono e si sdraiano nella cucina del ristorante, senza lanciare piatti ai terroristi. Quest’ultimo riferimento è valido per gli ultimi fatti di Londra, ma anche per Parigi. Abbiamo una perpetua strage degli innocenti. Combattere il terrorismo con la paura e i concerti? Ragazzi ma ci stiamo rincretinendo?
I politici blaterando qualcosa affermano che non dobbiamo cambiare gli stili di vita. Francamente non sono in accordo. Quando uno stile di consumismo ha prodotto superficialità umana e il sonno della reazione, a che serve? Siamo tutti (noi Occidentali) impegnati a consumare. A far la fila per comprare l’ultimo modello di telefono. Poi però nessuno si pone il problema di quanta disoccupazione possiamo tollerare. Neppure di quanta immigrazione è accettabile.