Combattere per vincere o solamente perché ordinato pur in assenza di una vittoria?
Due soldati di vecchia data, ormai vecchi si confrontano, uno è americano dell’esercito, l’altro italiano, anch’esso appartenente all’esercito. Entrambi Accademia Militare, Scuola di Guerra e il grado di Colonnello nelle rispettive Forze Armate.
Il Colonnello Italiano afferma: premesso il più elevato rispetto per gli Stati Uniti, il suo esercito e gli amici americani è certo che abbandonando l’Afghanistan, l’America non ha fatto una bella figura,. Non serve ricordare che si combatte per vincere non per scappare 20 anni dopo!
La risposta del collega carrista americano non tarda a farsi sentire: fu una guerra persa in partenza. L’Ufficiale americano afferma: ho addestrato io stesso molte centinaia tra Ufficiali e sottufficiali pur sapendo che avrebbero dovuto combattere con onore senza speranza di vittoria in quella guerra. Molti sono tornati in una bara e questo m’intristisce profondamente. Ci siamo ritirati dall’Afghanistan perché abbiamo preso atto che non avremmo mai vinto portando solo a morte i nostri ragazzi o alla mutilazione.
L’ufficiale italiano afferma: noi siamo soldati, crediamo nella vittoria, altrimenti perché battersi?
Il soldato statunitense replica: la grandezza dei nostri soldati è tutta qui, hanno saputo battersi sapendo di non poter vincere, semplicemente obbedendo al potere politico.
L’italiano replica. Fino alle guerre napoleoniche il condottiero in campo rappresentò lo Stato e la guerra da lui condotta in primo piano l’unificazione della volontà politica e militare. Successivamente i due poteri si sono separati fino alla Prima Guerra mondiale con un doppio potere, quello sul campo del Generalissimo Cadorna e i civili a Roma. La campagna condotta dal solo Cadorna condusse a Caporetto quindi alla ripresa della direzione politica della guerra.
Da Caporetto in poi, non solo in Italia, potere politico e militare si sono divisi comportando una direzione delle ostilità nell’ambito della politica imposta ai militari.
Ovviamente su tale imposizione ci sono state della grandi opposizioni come quella del Generale Douglas MacArtur al presidente Truman.