Cercando di spiegare cosa vuole Putin emerge che:
- il gerarca Putin vuole lasciare un segno nella storia della Nazione;
- questo segno punta a formare una sola Nazione tra persone che comunque parlano russo: si tratta di russi, ucraini e bielorussi;
- esiste la Russia, la piccola Russia (l’Ucraina) e la Bielorussia;
- la riunificazione dei 3 ceppi cultuali e razziali, che già condividono lo stesso idioma, tende a limitare i danni che sono emersi dal crollo dell’Unione Sovietica;
- come noto, nel 1989 l’Unione Sovietica collassò formando l’attuale Federazione Russa.
Fin qui tutto comprensibile, i problemi nascono nel modo e nella forma d’aggregazione.
La richiesta di riunificazione tra popolazioni simili non riguarda un concetto dell’Ottocento o del Novecento o d’era globalizzata.
L’aggregazione culturale-razziale rappresenta una costante della storia di oggi, ieri e domani.
La scelta di perseguire l’aggregazione, che ha operato il Putin, è veramente discutibile indipendentemente dal secolo di riferimento!
Gli americani da sempre operano in termini di soft-power ovvero con la persuasione della ricchezza, benessere e consumo. I russi (e con loro abbondantemente quanto peggio i cinesi) hanno altri stili. Cercando di spiegare le motivazioni russe, si perviene comunque sempre allo stesso punto: il parallelo con la Cina comunista.
L’occupazione- invasione di Hong Kong, quella deliberatamente dimenticata e non commentata dall’attuale pontefice a Roma, per non indispettire i comunisti cinesi, non rappresenta in piccolo quanto i russi stanno facendo in Ucraina? Il paragone appare azzardato, ma la mentalità è la stessa. Dove sono le sanzioni contro la Cina come recentemente operato a danno della Russia.
Non si vince una guerra con le sanzioni, servono solo a lavare la coscienza dell’Occidente, che non ha il coraggio d’intervenire.