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Cercando di capire il problema greco in termini macroeconomici

by Giovanni Carlini
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Cercando di capire il problema greco in termini macroeconomici. Innanzitutto una domanda: la Grecia siamo anche noi italiani? No, sembra di no, ma allora cosa accade?

Cercando di capire il problema greco in termini macroeconomici emergono molti aspetti sui quali riflettere. Mentre queste parole stanno trovando forma, ancora una volta, come già vissuto per l’Argentina del 2001, un paese fallisce. Questo accade seguendo le regole imposte dagli organi internazionali.

Allora, nel 2001 fu il Fondo Monetario Internazionale la principale causa del fallimento dell’Argentina, oggi per la Grecia c’è un altro responsabile: la UE. Cercando di capire il problema greco emerge che:

– sia l’Argentina che la Grecia, ma in realtà anche la Turchia, sono paesi arretrati privi della volontà d’apportare delle profonde modiche sociali, politiche quanto economiche. L’eccesso di Stato, rispetto al privato, produce costi alti e sistemi produttivi non più economici. Chi si ricorda com’era la Germania dell’est nel 1990? Ne consegue che queste Nazioni hanno una diretta responsabilità nelle loro crisi;

– il fatto d’essere responsabili delle proprie colpe, non significa però che si debba essere “crocifissi” se disposti a cambiare;

– il problema del FMI e della UE (purtroppo in questi 10 anni non si è imparato nulla) è quello d’aver sicuramente consigliato sia l’Argentina come la Grecia concedendo fondi sotto forma di prestiti. Ecco l’errore. Non si può prestare a chi è fallito. In realtà si sarebbe dovuto investire!

– la concessione d’ingenti prestiti richiede anche maggiori restituzioni (con gli interessi) e qui si verifica il corto circuito. Infatti una nazione che non produce ricchezza, non è in grado di produrre valore dai fondi che riceve. Ecco il punto cruciale. La produzione di ricchezza si ottiene attraverso un sistema manifatturiero, ancora oggi assente in Grecia;

– aiutare il paese ellenico avrebbe comportato l’interruzione d’import dalla Cina aiutando i greci a produrre per le necessità della UE;

– i continui tagli al bilancio, varati dal governo greco, servono solo a salvare la banche franco-tedesche;

– più maligna fu la posizione argentina nel 2001 che non rimborsò i privati, ma proseguì a restituire i fondi al solo FMI e alla Banca Internazionale. Infatti adesso gli argentini possono riceve finanziamenti solo dal loro lavoro o dalla Cina, svendendo le proprietà.

Cosa imparare da queste 2 vicende?

1) l’assenza di un sistema manifatturiero espone la nazione alla crisi (modello greco o argentino)

2) la delocalizzazione rappresenta un metodo per indebolire l’industria nazionale;

3) parlare di globalizzazione e mercati uniti è un lusso per ricchi (l’Italia lo è?)

4) aiutare un Paese significa non dargli fondi, ma occasioni di lavoro, dirottando flussi d’import da un mercato all’altro. Solo in questa maniera, offrendo lavoro, si concede un futuro. Possiamo fare a meno di “made in china” per favorire il made in grecia (se esistesse)

5) il rischio di un ritorno al potere della giunta militare in Grecia come in Turchia è molto alto. E’ un rischio che non appare come il peggiore dei mali;

6) l’Italia si dovrebbe preparare a interfacciarsi con mercati che resteranno isolati, ma che tali non vogliono essere.

Cercando di capire il problema greco emerge una nuova regola non applicata. A un povero non presti nulla, investi!

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