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Il caso Romagna. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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La diversità sociologica della Romagna

Nel cercare di capire la diversità sociologica della Romagna sono voluto appositamente partire dal Medio Evo e ho quindi ripassato gli studi di Le Goff, ma dopo qualche ricerca, emerge che non ci sono passaggi particolari della Romagna rispetto la Liguria e l’intera area tosco-emiliana. 

Ovviamente l’accesa lotta tra guelfi e ghibellini ha visto l’Impero prevalere sul Papato, ma ciò più che a livello istituzionale e comunque sul lungo periodo, ha invece inciso decisamente sul piano personale e delle genti.
La dissoluzione dell’istituto familiare che ho osservato in forme così marcate e quindi di una confusione sociale diffusa, non risale così indietro nel tempo, se non agli anni Settanta (secondo me) in occasione della radicalizzazione nella lotta politica tra “comunisti e democristiani”.
Il bisogno di essere diversi e di fare tendenza, ha portato all’esasperazione una fetta d’Italia che resta nell’eterna ricerca di un qualcosa che la renda diversa.
In questo cammino l’esibizionismo patologico è una parte essenziale.

Da cosa si desume?

Dall’abbigliamento forzatamente casual delle persone, specie di sesso maschile, dal numero di orecchini alle loro orecchie, dalle code di cavallo così diffuse, dalla lunghezza della barba, dai loro atteggiamenti teso nella ricerca di un qualcosa che li faccia notare.
Fin qui francamente nulla di speciale.

La crisi entra nel personale, quando questa somma di “bisogni” viene introdotta nelle relazioni di coppia che contengono per forza di cose, una stabilizzazione.
Laddove stabilità significa reazionariato, quindi conservazione, ovvero governo centrale, ecco che ogni aspetto “stabile”, viene contestato.
Su questo versante abbiamo molti esempi. Parliamo della Scuola e traduzione della festa del Natale che diventa qui “della neve”, il forzato sentirsi internazionali con un accoglimento da solidarietà, che appare come snaturarsi e confondersi in una nuova definizione culturale, tutta da capire ancora e quindi, alla fine, ma non ultima nel permissimismo sessuale e edonistico di uomini e donne ormai ridotti in trottole nella rincorsa di “emozioni”, senza capire che in ogni esperienza ottengono sempre meno di quanto avevano prima.
Questa rincorsa al nuovo che fa perdere il passato e nulla aggiunge alla qualità di vita porta la gente che ho osservato, ad esempio, al terzo matrimonio in co-presenza con 1 o 2 ulteriori rapporti extraconiugali, spesso con extracomunitari (ricerca ossessiva di qualcosa di diverso).
Tutti questi aspetti sono per me patologici, nel senso che colpiscono un’intera fetta di popolazione ammalata da un errato criterio di traduzione della politica in qualità di vita.
Qui la politica uccide dentro.

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