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Aprile 2010. Osservatorio sull’industria degli stampi. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Aprile 2010. L’uso speculativo delle materie prime. Studi del prof Carlini

Il quadro generale ad aprile 2010

Che la speculazione sia entrata a pieno regime nella formazione del prezzo delle materie prime, non è una novità. Ciò che ultimamente (primi 3 mesi del 2010) ha cambiato i termini di riferimento è la quantità di speculatori attivi su questo settore.
La sensazione è di un popolo di naufraghi aggrappati a una delle poche scialuppe che ancora galleggiano ma in questo modo, sotto il peso di troppi, affonda anche uno degli ultimi punti di riferimento in un mare in tempesta. Il punto qui non è essere ottimista o pessimista, ma realista!
La liquidità immessa nel sistema dalle banche centrali è di dimensioni “enorme”. Sono state stampate tonnellate di carta moneta, per scongiurare il più grave collasso finanziario ed economico della storia moderna, per cui l’incremento “abnorme” delle quotazioni delle materie prime ne rappresenta solo una conseguenza.
Come noto, le autorità monetarie centrali di tutto il mondo si stanno preparando a drenare, attraverso la manovra sui tassi l’eccesso di liquidità. Questo cambio di politica è previsto nel prossimo anno a partire dagli USA e quindi successivamente in Europa.
Ciò comporterà un apprezzamento del dollaro sull’euro (si ritiene come nuova parità un 1.20-1.25 contro 1 euro) e una limitazione della liquidità sul mercato con annesso sgonfiamento della speculazione su tutti i comparti compreso quello dei metalli e materie prime. Tutto ciò senza contare sui provvedimenti specifici dei governi contro la speculazione.

Perché speculare sulle materie prime

La strategia più diffusa di trading sulle materie prime degli ultimi anni è quella di “andare lunghi” nel senso di puntare sul rialzo dei prezzi sulle commodities di cui è carente la Cina.
Questa è la tesi esplicita di un recente rapporto di Deutsche Bank (aprile 2010) che proprio dedicandosi al mercato cinese (sul quale è particolarmente esposta) consiglia di scommettere su carbone termico, metalli ferrosi e prodotti agricoli.
Da notare queste scelte di un singolo istituto bancario sono azzardi di una banca che vengono spacciati come tendenze di mercato affinché, raccogliendo denaro dai privati l’istituto di credito possa a sua volta rivendere quanto ha comprato.
Effettivamente negli ultimi 10 anni la quota della Cina nei consumi mondiali di materie prime è cresciuta rapidamente tanto che ora, la Repubblica Popolare Cinese è tra i più grandi consumatori al mondo di quasi tutti i metalli e materie prime , tra i quali rame, acciaio, ferro, alluminio, carbone, petrolio. Gli speculatori in commodities possono scommettere con una buona dose di successo (per ora) sulla composizione del PIL cinese per produzione industriale, investimenti fissi e crescita delle esportazioni. Senza però perdere di vista le prossime mosse della politica monetaria di USA, Europa e Cina stessa, che avranno un impatto sulla liquidità e costi delle scorte.
Il maggior peso della speculazione sulle commodities si avverte negli strumenti derivati. I prodotti “over-de-counter” fuori borsa come swap e forward sulle materie prime, metalli preziosi e non, prodotti agricoli e alimentari, hanno registrato nel 2009 un drastico calo delle posizioni aperte secondo le statiche Bri, passando dai 13.200 mlrd di dollari nel giugno 2008 ai 3.800 mlrd del giugno 2009. Negli USA, le posizioni non commerciali in contratti futures, continuano a oscillare tra il 20 e il 30% del totale. Il mercato resta in attesa della decisione finale da parte delle Autorità di controllo americane, sull’introduzione di nuovi limiti per arginare gli eccessi della speculazione: il dibattito resta aperto perché Wall Street teme la fuga di capitali a favore della più permissiva Londra. Per contro in Europa è allo studio la stretta contro la speculazione, come nuove tasse sui profitti da materie prime: il timore è che gli speculatori possano tornare all’attacco sul solo petrolio replicando i picchi del 2008. Lo zucchero ha dato di recente un assaggio della voracità della speculazione sulle commodities, che però si sfama con i fondamentali e si alimenta con la paura dell’inflazione.

Abbandonare il mercato europeo

Queste righe non vengono scritte con alcun piacere, anzi con la morte nel cuore! Prendendo spunto da una recente (l’unica) intervista a Sergei Kuznetsov, numero due della russa Sevestral, che ha ultimamente acquisito la totalità dell’acciaieria Lucchini, il Vecchio Continente, dopo 5 anni di attività russa nella siderurgia, non promette più nulla d’interessante.
Le nuove mete dell’acciaio sono l’Asia e il Nord America, ritenuti mercati ad alto potenziale e di più rapida ascesa. Alla domanda diretta del giornalista, sul perché azzerare la presenza in Francia e Italia, Kuznetsov risponde: è una scelta strategica. Abbiamo completato una revisione delle nostre attività e intendiamo focalizzarci su altre aree geografiche. Con ciò, prosegue il dirigente russo, non è che sconfessiamo il nostro recente passato in Europa, ma possiamo allocare altrove il nostro capitale con ritmi più consistenti rispetto agli asset europei benché la Lucchini lavori all’85% della sua potenzialità che è un valore alto per questo paese e continente.
Quindi si apre il dibattito su “cosa ce ne facciamo dell’Europa”? Ovviamente la domanda qui posta è decisamente estrema e non va drammatizzata ma il problema c’è.

Il riscatto

Per un’Europa in declino, prima afflitta da delocalizzazione (suicidio interno al sistema economico) e ora da un ritiro dei grandi gruppi industriali quali risposte?

Una sola per tutte: innovazione.

Nucleare di IV generazione, ecologia (vedi per esempio le foreste verticali in costruzione sotto forma di grattacieli a Milano da un’impresa edile di Bolzano) energie alternative, ricerca e sviluppo tese alla sostituzione delle attuali materie prime in nuovi cicli produttivi. Laddove dovesse essere lanciata una nuova politica nell’uso delle tradizionali materie prime con macchinari capaci di assorbire meno energia e utilizzarne altri, ecco che il costo del rame, ad esempio, diventa assolutamente ininfluente perché ne verrebbe comprato di meno.
La Cina non ha (ancora) questa capacità di ricerca e sviluppo tanto meno di attenzione all’ecologico, nucleare avanzato ed energie alternative, per cui potrebbe essere battuta relegandola a “pattumiera del mondo” per prodotti poveri quanto elementari con bassi ricarichi.

L’economia reale salverà Londra

E’ il titolo di un articolo che indica il cambio di direzione che la Gran Bretagna sta attuando nelle sue strategie per uscire dalla crisi. Pentita d’aver dato troppo peso alla finanza, oggi è in atto un processo di ricollocazione delle imprese prima delocalizzate sia per fronteggiare la disoccupazione che per rilanciare il reddito nazionale. Questo concetto è stato recepito dalla politica e ora è programma elettorale per la prossima compagine di governo inglese. Dall’era pre-Thatcher il paese non arrivava alle elezioni in una condizione così precaria: la chiave è rafforzare gli investimenti in Patria, l’export e l’industria nazionale.

Le tendenze delle materie prime ad aprile 2010

Acciaio

Non c’è ancora chiarezza sul futuro delle quotazioni del ferro per l’industria siderurgica mondiale, dopo la clamorosa richiesta d’aumenti di prezzo da parte dei produttori australiani e brasiliani.
Tutti gli analisti del mondo si sono chiesti come si possano giustificare gli aumenti di prezzo nell’ordine dell’80% per poi ridimensionarlo al 55%. Infine, all’ultimo momento, si è trovato l’escamotage di forniture trimestrali anziché contratti annuali, ma la tendenza a questo punto è di tornare a 30 anni fa quando (come oggi per tutti gli altri metalli) si stabiliva giornalmente il valore. Comunque si possa agire, resta l’allarme di Eurofer per una ricaduta in recessione, dovuta a un’assurda politica dei prezzi da parte dei produttori. Sicuramente, l’effetto più immediato, in particolare in Europa, è quello di ricercare alternative agli attuali sistemi di produzione per ridurre sensibilmente l’impiego di materia prima. I “giochi” sono aperti e questo risveglio della ricerca & sviluppo, apre scenari impensabili rispetto a qualche mese fa, perché potrebbe allontanare l’industria siderurgica dal resto del mondo (specie quella cinese) ancora ancorata a vecchi rapporti di produzione tra materia prima e prodotto.
In pratica è possibile che per l’effetto di prezzi ingiustificatamente gonfiati, finalmente questo tipo di industria potrebbe, grazie alla ricerca, tornare leader mondiale. Ovviamente il processo di evoluzione non è mai concentrato in un unico operatore o settore merceologico, ma risulta sempre un gioco di squadra. La stessa industria degli STAMPI, ad esempio e quindi quella meccanica, l’automotive, l’aeronautica (ha decollato in questi giorni in Svizzera il primo aereo a propulsione fotovoltaica) e la chimica possono fare la loro parte. Tornando al fronte dei prezzi e soggiacendo per il momento a questo tipo di ricatto al 15 aprile, come ci indica il Lme di Londra, i prezzi dell’acciaio in dollari per tonnellata sono:

Alluminio
In termini di valore il prezzo dell’alluminio era 6 anni fa, quindi nel 2004, pari a 1703 dollari la tonnellata, quando al 18 aprile 2010 quota 2.327 dollari. L’apprezzamento nel corso di questi 6 anni è stato pari al 29,18% e del 4,86% su singolo anno. Il precedente incremento, registrato nel rapporto STAMPI a marzo 2010, fu pari al 32% nei sei anni e del 5% per anno, il che indica un moderato decremento nei prezzi anche per questo metallo.

Rame
In termini di valore il prezzo del rame era 6 anni fa, quindi nel 2004, pari a 3.102 dollari la tonnellata, mentre al 18 aprile 2010 quota 7.634 dollari. L’apprezzamento è pari al 146,10% nel corso di questi anni, ovvero il 24,35% per singolo anno.
Nel precedente rapporto STAMPI questi stessi dati furono rilevati in un +148,92% nei 6 anni con uno sviluppo del 24,82% annuo. Da qui si desume una sorta di stabilità di incremento del prezzo che potrebbe far pensare al raggiungimento del suo picco stagionale.
La conclusione è semplice: non comprare il metallo se non sul venduto.

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