Home CULTURA E SOCIETÀCRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE E POLITICA Appunti di geopolitica/2. Studi per le PMI. Prof Carlini

Appunti di geopolitica/2. Studi per le PMI. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Appunti di geopolitica per le PMI. Per internazionalizzarsi almeno conoscere la differenza tra una dittatura e la democrazia! 

Appunti di geopolitica. Del mondo arabo francamente ci interessa molto poco, se non fosse per un costante bombardamento immigratorio tra clandestino e legale e le importazioni di gas/petrolio.

Inoltre c’è un’aggravante: noi siamo gli infedeli da convertire. La somma di questi tre aspetti divide, senza appello, la costa meridionale dell’Europa da quella settentrionale dell’Africa.

Il fatto di trovarsi su posizioni culturali inconciliabili, non vuol dire farsi la guerra (dal punto di vista Occidentale) e non avere un fiorente interscambio commerciale. Quindi è bene dividere gli affari dalla cultura: vendere o acquistare non vuol dire sposarsi! Ecco a cosa servono gli appunti di geopolitica.

Comunque lo scopo di queste righe è cercare di capire quali conseguenze potrebbero esserci all’Europa e all’Occidente, da un congelamento delle problematiche sociali e politiche arabe.

Gli aspetti ruotano su due aspetti: le importazioni di materie prime energetiche e l’esportazione di nostri prodotti in quell’area.

Parliamo di petrolio e di gas. Il rischio minimo è che rincari, quello massimo che si chiudano i rifornimenti (benedetto il nucleare!) Per i rischi minimi, un robusto rincaro del petrolio, ha senza ombra di dubbio, il potere di bloccare definitivamente ogni tentativo d’uscita dalla crisi economica e finanziaria “scoperta” nel 2008. Questo è un vero problema!

Le ricadute di lungo periodo, sull’attuale crisi, impongono all’Occidente una completa revisione del concetto stesso di globalizzazione, puntando a rianimare il mercato interno. Entriamo nei dettagli.

L’Italia (ma non solo, tutto l’Occidente) ha un 10% scarso di disoccupazione, destinata a crescere per effetto del rincaro del petrolio. In Italia si salirà dagli attuali 2,1 ai 2,3-2,4 milioni di senza lavoro. Questo dato non solo mette in forte discussione la democrazia stessa come formula di governo (a Weimar bastò il 33% di disoccupati per consentire a Hitler di raggiungere la Cancelleria) ma deprime il mercato interno, che è l’unica reale risorsa per l’intero sistema delle imprese, indipendentemente che siano all’avanguardia oppure no.

Sperare sulla Cina e nei suoi nuovi consumatori, per uscire dalla crisi è sciocco, perché anche questo paese è una dittatura, anzi lo è in misura molto più pervasiva rispetto i blandi governi arabi. Ne consegue che la pressione innescata dalla globalizzazione sui sistemi tradizionali (mondo arabo e cinese in particolare) se ha scardinato il Maghreb, se ne attendono gli effetti in Asia.

In pratica, la rivolta o disagio popolare, comunque lo si voglia definire, partito da Tunisi è probabile che arrivi a Pechino. Questo rimodellamento della società deriva dal confronto tra una cultura ferma e una sin troppo mobile: tra Oriente e Occidente.

Per molti anni, nel mondo accademico, ci siamo chiesti come potesse resistere l’Islam, alle grandi sollecitazioni provenienti dagli stessi immigrati arabi nelle nostre città. Essendo l’islamismo pervasivo sulla società e una religione poco disponibile a trovare accordi di convivenza, l’attuale subbuglio sociale arabo si configura come “una morte annunciata”, senza con ciò escludere anni “bui” di ritorno a una dittatura religiosa.

In una fluidità d’opzioni possibili (principalmente modello turco e fondamentalismo) l’ipotesi non assurda di blocco all’export di petrolio e gas (si ricordi l’annoso contenzioso sul gasdotto tra la Russia e l’Ucraina, altri contesti immaturi sul piano sociale e politico) assume contorni più che reali. In conclusione: l’Africa in senso lato, ma il mondo arabo nello specifico, non erano e non sono degli interlocutori affidabili nei rapporti politici come commerciali.

La Cina, in prospettiva lo è ancora meno (una dittatura scesa a patti con il mercato capitalistico, dimenticandosi la centralità dell’uomo e dei suoi consumi) Resta l’Occidente che è in crisi. Questa deprime il mercato e mortifica quello interno. Gli strumenti compensativi di reddito alla disoccupazione sono accesi, ma non bastano, in quanto per incertezza la gente non spende. L’unica reale soluzione a una nuova era da “anni bui”, come direbbe Montanelli, è nel ruolo dello Stato e della sua Pubblica Amministrazione come volano per l’intera spesa nazionale. Ecco su cosa puntare, pena la stagnazione più crudele per l’intero Occidente. Una scelta di questo tipo è già stata intrapresa con impegno dagli Stati Uniti con qualche successo.

Speriamo altrettanto nella vecchia Europa. Fine degli appunti di geopolitica, lezione 2.

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