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Andare a produrre all’estero lasciando l’Italia per respirare meglio?

by Giovanni Carlini
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Andare a produrre all’estero lasciando l’Italia per respirare meglio?

Andare a produrre all’estero. Un sogno. Diciamo che se si lascia l’Italia è per risiedere definitivamente all’estero. Nel bel Paese ci si torna come turista, ma nulla di più. Ecco a cosa ci ha portato il Renzi e il cosiddetto Pd: lasciare l’Italia. Con la gestione politica della sinistra, dal 2011 questi sono i risultati. 

La parte migliore dei nostri giovani lascia il Paese. Lo fa emigrando per trovare lavoro. Forse è necessario riaprire la riflessione sulla delocalizzazione (fuga) dei nostri imprenditori da un’Italia troppo burocratica. Non è argomento nuovo, però il tema resta attuale.

Il caso Ilva è emblematico. Senza entrare nel labirinto dei dettagli come italiano e cittadino la preoccupazione è viva. Il Paese non merita di perdere una funzione industriale strategica come quella siderurgica. L’Ilva, con migliaia di buste paga al mese, rappresenta un interesse nazionale.

Onore e rispetto a coloro che sono morti e agli ammalati di ieri e oggi per cause lavorative. Altrettanta dignità a un polo industriale che ha contribuito a formare la Nazione distribuendo ricchezza. Il punto d’equilibrio è tra le due opposte necessità.

Si pone un quesito su chi è chiamato all’applicazione delle norme. Deve godere di spazi di discrezionalità, oppure è ridotto a mero esecutore d’ordini? Creativo o esecutivo? L’argomento è delicatissimo, perché chiama in causa il concetto di discrezionalità. Un valore, quello della discrezione, attualmente appiattito nella Pubblica Amministrazione.

E’ la scelta della politica dalla stagione di tangentopoli. Ecco perché i terremotati sono ancora nelle tende dopo 1 anno dal sisma.

In queste condizioni andare a produrre all’estero è una liberazione. L’Italia è in piena frattura sociale. Un fisco vessatorio. La giustizia impazzita. La Guardia di Finanza che entra in azienda come se fosse un assalto in banca!

Un importante imprenditore veneto racconta.«…un mio dipendente, dei 130 che ho, ha svolto malamente una fase di lavorazione, riportando un infortunio. L’incidente ha superato i 40 giorni di prognosi. Ora sta bene. Ci siamo resi conto che nel macchinario in uso (ne abbiamo una settantina) mancava una protezione. Abbiamo subito applicato la variante dopo l’infortunio. Consci dell’errore (abbiamo contratto dell’80% in due anni il numero d’incidenti) ci siamo corretti.

A distanza di un anno e mezzo, l’ispezione dell’INPS giunge alla conclusione di rinviare a giudizio l’impresa. Saremo condannati penalmente. Io, come uomo, cittadino, imprenditore, non ritengo dover sopportare addirittura “il penale”.

Sa cosa le dico? Smonto l’azienda e la trasferisco all’estero, dove non mi persegue nessuno! Apro il mio ufficio a New York dirigendo da quella sede gli stabilimenti in giro per il mondo. Chi ci rimette? Ci perdono i miei dipendenti che non si trasferiranno. L’Inps, il fisco, Equitalia, la Nazione e la Politica. Questo è il prezzo che paga il Paese per la rigidità senza discrezionalità che sta appannando lo Stato“.

Andare a produrre all’estero per respirare. Ecco il senso del titolo dell’articolo.

Per chi da anni lotta in Italia a favore di un reshoring nazionale riferire queste parole è una sofferenza. Il crollo di un mito: l’Italia.

Mi rendo conto di poter essere accusato di nazionalismo. In effetti lo sono. Credo di più in un’Europa delle Nazioni che nell’attuale minestrone comunitario. La Ue non ha saputo dare una voce unica alle scuole, leggi, esercito, tribunali, norme di lavoro, politiche estere. In assenza di un volto dell’Europa Unita, resto nazionale. Ebbene qui, la Nazione crolla miseramente. Un Paese divorato da un maniacale spirito forcaiolo e giacobino, che produce più ingiustizia di quella che vorrebbe sanare.

L’anno scorso in Arizona ho violato il limite di velocità per 10 miglia orarie. La polizia stradale mi ha fermato e dopo mezz’ora d’accertamenti, mi ha intimato un “avviso”. La prossima volta sarebbe stata elevata la multa. Onestamente mi ha colpito (in termini educativi) molto di più “l’avviso” di una multa.

La pubblica amministrazione, fisco, Equitalia, INPS, potrebbe entrare nell’era di una politica educativa verso il cittadino? Certo! Però preferisce la criminalizzazione e uso-abuso del penale? Una svolta di questo tipo può essere richiesta dai cittadini. Per farlo serve il voto e una Politica che apra al concetto di “discrezionalità”. 

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